Articolo 21 - INTERNI
Rompiamo il silenzio sui CIE. Lanciata mobilitazione nazionale
di redazione
In Italia esistono dei lager ed esiste un regime di apartheid che va illuminato a giorno e non raccontato episodicamente e in termini emergenziali. Questo il messaggio lanciato all'unanimità nel corso della conferenza stampa tenutasi stamane presso la sala stampa estera da alcuni parlamentari, dalla FNSI e dall'Ordine nazionale dei giornalisti. Termini che finora erano propri delle realtà antirazziste incominciano a farsi strada anche presso una parte della politica e del giornalismo, non solo militante. A scatenare una reazione così decisa la circolare emanata dal Ministro Maroni, con l'interdizione alla stampa dei centri di identificazione ed espulsione. Un provvedimento, che “lascerebbe adito anche ai peggiori sospetti” denuncia Roberto Natale, presidente FNSI e rispetto al quale i media non possono tacere, anzi... “E' necessario- continua Natale- che i colleghi giornalisti incomincino a stazionare davanti ai Cie come si fa con le varie villette del dolore privato” per rompere il “muro del silenzio” che circonda questi luoghi di reclusione, ai limiti della legalità e del rispetto dei diritti umani. Un muro del silenzio che deve essere abbattuto soprattutto la prossima settimana, martedì, quando arriverà in aula per essere approvato, il decreto che allunga i tempi di permanenza fino a 18 mesi, facendo un uso strumentale della direttiva europea emanata al riguardo. L'appello affinché i media prestino molta attenzione a quello che accadrà in aula è della deputata PD Rosa Villecco Calipari, reduce dalla recente visita a Palazzo San Gervasio. Mentre Jean L. Touadi non ha timore a fare un ulteriore passaggio parlando esplicitamente di “regime di apartheid” entrato in vigore con l'approvazione del pacchetto sicurezza e la conseguente applicazione del reato di clandestinità. L'intervento più duro, e per molti versi forse anche più polemico, proviene invece dal pubblico ed è affidato a Furio Colombo, giornalista e presidente del Comitato per i diritti umani alla Camera dei deputati: “ Non servono le vicendevoli esortazioni tra politici e giornalisti, ma serve piuttosto la spinta reciproca” afferma Colombo, che sottolinea come la situazione di violazione dei diritti umani all'interno dei Cie sia finora passata nel più completo silenzio, nonostante le numerose denunce, impedendo all'opinione pubblica, ai cittadini, di prenderne atto, anche di fronte a fatti gravi e inaccettabili per un paese democratico.
Quel poco che riesce a rompere il muro del silenzio lo dobbiamo in gran parte all'impegno e alla denuncia delle realtà di movimento, dei gruppi e comitati antirazzisti, di pochi sporadici giornalisti e pochissimi organi di informazione. Occorre dunque fare di più, magari a partire dalla giornata di mobilitazione lanciata orientativamente per lunedì 25 luglio ( data e modalità ancora da definire), quando parlamentari e giornalisti si ritroveranno davanti a vari Cie per chiedere unanimemente di poter entrare.
Quel poco che riesce a rompere il muro del silenzio lo dobbiamo in gran parte all'impegno e alla denuncia delle realtà di movimento, dei gruppi e comitati antirazzisti, di pochi sporadici giornalisti e pochissimi organi di informazione. Occorre dunque fare di più, magari a partire dalla giornata di mobilitazione lanciata orientativamente per lunedì 25 luglio ( data e modalità ancora da definire), quando parlamentari e giornalisti si ritroveranno davanti a vari Cie per chiedere unanimemente di poter entrare.
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