di Enzo Costa*
Iterazione linguistica e alienazione politica. Sono due atteggiamenti della Reggia delle libertà decisamente trendy. Il primo si esplicita nello slogan tormentone "Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani". Più ripetitivo di "Vamos a la playa" e più ruffiano di "Dammi tre parole, sole cuore amore", è un refrain berlusconiano evergreen che risuona a intermittenza da tre estati, al primo scoppiare della febbre oratoria da Dpef, per poi riesplodere più martellante di prima verso l'autunno, quando divampa la Finanziaria. Originariamente lanciato dal crooner bianzolo Berlusconi, fu poi ripreso l'anno dopo con una cover un po' più acida dell'originale dal "vappev" (un rapper dalla erre moscia) Tremonti che in seguito - eclissatosi come un Sandy Marton qualsiasi - ha ceduto il testimone al meno creativo Siniscalco, interprete quest'anno del medesimo motivetto riproposto in una versione assai poco fantasiosa. Eppure - alla faccia della sua monotona ossessività - il ritornello viene non solo scandito dall'hit-singer di turno ma anche accolto dalla critica come fosse una novità assoluta: "Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani" entra puntualmente ogni estate nella topten delle parole più citate, echeggiate, chiosate da giornali e tivù. E quasi mai nessuno che osi commentare: "Ma è un pezzo vecchio, superato, per non dire smentito dai fatti". No, ogni volta è un fiorire di pareri e recensioni che tacciono sistematicamente tanto sullo smaccato riciclaggio del motivetto quanto sulla sua cacofonia logica: "Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani" sta infatti per "Taglieremo i trasferimenti agli enti locali così da costringerli a ridurre i servizi o ad aumentare le imposte". Insomma, da parte degli abili "tormentonisti" di governo, un furto senza mani. Il massimo della destrezza.
L'alienazione politica è invece sotto gli occhi di tutti proprio in questi giorni: si tratta di quel curioso fenomeno comportamentale che induce ministri, tecnici o politici che siano, ad esprimersi come se fossero all'opposizione. Anche qui il pioniere è stato il nostro amato primo ministro, che da anni vorrebbe abbassarci le tasse ma essendo al governo poi non lo fa. Ma da ultimo assistiamo ad una vera e propria epidemia: ministri della Salute che se fosse per loro abrogherebbero la legge sull'aborto, ministri delle Riforme che se fosse per loro cannoneggerebbero le carrette del mare piene di minacciosi disperati. E' difficile, lo so, ma proviamo a prescindere dal merito delle loro "idee": se proprio sono convinti della bontà di proposte del genere, se proprio credono che così si risolverebbero questioni delicatissime e drammatiche quali quelle di cui chiacchierano, perché mai di grazia non traducono in leggi e decreti i loro arguti ragionamenti? Perché sono al governo. Dunque, non possono.