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Articolo 21 - Editoriali
Fecondazione assistita, un percorso unitario al quale ha contribuito la mobilitazione diessina
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di Daniele Capezzone*

Non è un mistero che i radicali abbiano accolto con grande soddisfazione la recentissima presa di posizione di numerosi e autorevoli dirigenti diessini, che hanno esplicitamente invitato tutti i Consiglieri comunali e provinciali dei Ds a mobilitarsi per raccogliere da subito, entro un fazzoletto di giorni, almeno 100 firme a testa.

Abbiamo a lungo cercato di accendere i riflettori sul comportamento, che ci pareva rischioso e inadeguato, dei vertici diessini: oggi, siamo finalmente sulla strada che ci pare la migliore, non solo perché unitaria ma soprattutto perché può portarci di slancio a cogliere un successo autenticamente popolare, e vissuto come tale innanzitutto dagli elettori di centro-sinistra.

La legge sulla fecondazione assistita è una delle norme più crudeli mai approvate dal Parlamento italiano. In primo luogo, infatti, colpisce le speranze di paternità e maternità di migliaia di coppie sterili. Ne è buona testimonianza il fatto che in tutta Europa (inclusa la cattolicissima Spagna) esiste, su questo, una legislazione di gran lunga più liberale. E da adesso, infatti, gli italiani che possono permetterselo se ne andranno in qualche altro paese a coronare il loro desiderio di avere un bambino; gli
altri -invece- resteranno qui senza speranza, o, peggio, si affideranno a qualche avventuriero disposto a violare la legge. Insomma, esattamente la riedizione di quel che accadeva nei tempi oscuri in cui l'aborto era ufficialmente vietato: chi poteva, "provvedeva" all'estero; le altre, erano costrette alla vergogna e ai rischi della clandestinità, tra mammane, ferri da calza e uteri sfondati.

Ma -soprattutto- questa legge colpisce le speranze di guarigione di milioni di malati, perché vieta quella ricerca sulle cellule staminali embrionali che la maggioranza schiacciante degli scienziati (solo in appoggioo alle nostre iniziative, già si contano 50 Nobel, e 2400 scienziati e ricercatori italiani) ritiene la più promettente per combattere il cancro, il diabete, le malattie cardiache e quelle neurodegenerative. Per essere chiari: Rosy Bindi o Rocco Buttiglione (o quelli del Movimento per la vita), qualora (non glielo auguro, ovviamente!) dovessero entrare, nel corso della loro vita, nel tunnel della malattia, resterebbero liberi di non avvalersi di queste cure; ma -certo- non possiamo permettergli, in base alle loro convinzioni o alla loro ideologia- di proibirle a tutti noi, condannandoci alla sofferenza e alla morte.

Per queste ragioni, invito tutti a recarsi subito, in questi giorni, ai tavoli (o, meglio ancora, presso la segreteria del proprio Comune) per firmare il referendum. E anch'io, per parte mia, insisto affinché prenda ancora maggiore slancio pure la raccolta autonoma, diretta, da parte degli amministratori locali, che sono titolari del potere di autentica delle firme. Manca pochissimo, e rischiamo di non farcela. E firmare
(ricordiamolo!) non vuol dire vincolarsi a votare in un certo modo quando il referendum sarà convocato (nella prossima primavera, speriamo), ma vuol dire
consentire che tutti gli italiani siano interpellati, e, soprattutto, che vi sia un anno di dibattito su questi temi.

Lo slancio unitario che sembra maturare in queste ore, anche grazie al fatto nuovo determinato dall'avvio della mobilitazione dei Ds, è davvero una bella e grande opportunità: speriamo di riuscire a farne pienamente tesoro. Buon lavoro e buone firme a tutti, allora.


*Segretario Radicali italiani

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