Articolo 21 - INTERNI
Azzerata la giunta regionale sarda, un nuovo passo in avanti nella battaglia dei diritti
di Gianfranca Fois
Il Tar della Sardegna ha accolto il ricorso presentato, su iniziativa della consigliera regionale del PD Francesca Barracciu, da donne di vari partiti, rappresentanti di alcune associazioni (fra cui la sezione sarda di Articolo21) e cittadine comuni contro la giunta regionale completamente maschile guidata da Ugo Cappellacci. Pochi mesi fa c’era stato, per lo stesso motivo, il pronunciamento del Tar del Lazio contro la giunta comunale di Roma, si spera però che la soluzione sarda sia diversa da quella del sindaco Alemanno che si è limitato a inserire nella giunta un’assessora affidandole un assessorato non previsto precedentemente e lasciando in questo modo fondamentalmente inalterata la filosofia che aveva ispirato le sue scelte.
Una soluzione dunque puramente formale che poco ha intaccato la prassi, ahimè sinora consolidata, di lasciare spazi ristretti, in politica e non solo, alla presenza femminile.
Il ricorso contro la giunta sarda era stato presentato alla fine dell’anno scorso ma già all’inizio di quest’anno un nuovo clima di volontà di cambiamento ha cominciato a diffondersi nel nostro paese, clima messo in evidenza dalla grande manifestazione del 13 febbraio organizzata proprio dalle donne, ma che ha visto la partecipazione anche di molti uomini, in varie città d’Italia, circa 1 milione di persone. Segnali, seppur minori, c’erano però già stati precedentemente, penso ad esempio a tutte quelle persone che in molte città delle regioni del Nord hanno deciso di esporre nei loro balconi la bandiera tricolore per mostrare che la Lega rappresenta solo una parte, e per di più non maggioritaria, dell’elettorato settentrionale, che non si riconosce compatto nella visione politica angusta, meschina e antiunitaria del partito di Bossi.
C’è poi stata la stagione dei referendum e delle elezioni amministrative che hanno visto la vittoria di candidati del centrosinistra, sindaci che hanno dato vita a giunte formate in modo più o meno omogeneo da donne e uomini.
Sono state scelte importanti che non hanno avuto bisogno di leggi particolari se non le norme costituzionali (Art.51 Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza).
Non mi piace parlare di quote rosa, mi sono sembrate sempre poco convincenti, danno un’immagine sbagliata della donna, come se appartenesse a una specie protetta, e non fosse invece portatrice di forza e capacità autonome. E come i fatti di quest’anno stanno, sempre che ve ne fosse bisogno, dimostrano.
Non so se la decisione del Tar laziale e di quello sardo sia da ascrivere o no a questo nuovo clima, ma si tratta di sentenze importanti che fanno compiere un balzo avanti, sulla strada dei diritti, all’intera società italiana, una società che in questi ultimi decenni ha visto degradarsi sempre più il suo tessuto sociale e civile, un periodo tra i più bui della sua storia in cui i valori fondamentali di solidarietà, umanità, uguaglianza vengono misconosciuti e irrisi.
Penso che questa vittoria delle donne sarde sia uno dei mattoncini utili per la ricostruzione morale e civile del nostro paese, ricostruzione ormai non più rimandabile se non vogliamo uscire dal novero delle nazioni democratiche.
E’ una vittoria che, spero, possa aprire la strada ad altre importanti conquiste nel campo dei diritti umani, penso in questo momento alla situazione dei CIE, con la violazione dei più elementari diritti umani e con l’attacco all’articolo 21 della Costituzione (vedi la circolare di Maroni), alla situazione degli OPG (ospedali psichiatrici giudiziari) e delle carceri italiane indegna di un paese civile, alla situazione dei migranti e dei rifugiati che con grande coraggio affrontano persecuzioni, miseria, fame e viaggi in condizioni intollerabili, per poi trovare nel nostro paese l’intolleranza e la chiusura di un governo incapace di affrontare i problemi ma anche disposto, nella sua miserabilità, a lasciarli incancrenire per vile calcolo politico.
Insomma anche questa vittoria, inserita nel quadro del movimento avviato dalle donne ma condiviso dagli uomini, induce a sperare in una nuova stagione anche se il lavoro sarà sicuramente duro, difficile e complesso perché troppo grandi sono stati i danni inferti alla nostra società, alla vita democratica, ai valori fondanti del nostro stato.
Ne sarà valsa comunque la pena.
Una soluzione dunque puramente formale che poco ha intaccato la prassi, ahimè sinora consolidata, di lasciare spazi ristretti, in politica e non solo, alla presenza femminile.
Il ricorso contro la giunta sarda era stato presentato alla fine dell’anno scorso ma già all’inizio di quest’anno un nuovo clima di volontà di cambiamento ha cominciato a diffondersi nel nostro paese, clima messo in evidenza dalla grande manifestazione del 13 febbraio organizzata proprio dalle donne, ma che ha visto la partecipazione anche di molti uomini, in varie città d’Italia, circa 1 milione di persone. Segnali, seppur minori, c’erano però già stati precedentemente, penso ad esempio a tutte quelle persone che in molte città delle regioni del Nord hanno deciso di esporre nei loro balconi la bandiera tricolore per mostrare che la Lega rappresenta solo una parte, e per di più non maggioritaria, dell’elettorato settentrionale, che non si riconosce compatto nella visione politica angusta, meschina e antiunitaria del partito di Bossi.
C’è poi stata la stagione dei referendum e delle elezioni amministrative che hanno visto la vittoria di candidati del centrosinistra, sindaci che hanno dato vita a giunte formate in modo più o meno omogeneo da donne e uomini.
Sono state scelte importanti che non hanno avuto bisogno di leggi particolari se non le norme costituzionali (Art.51 Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza).
Non mi piace parlare di quote rosa, mi sono sembrate sempre poco convincenti, danno un’immagine sbagliata della donna, come se appartenesse a una specie protetta, e non fosse invece portatrice di forza e capacità autonome. E come i fatti di quest’anno stanno, sempre che ve ne fosse bisogno, dimostrano.
Non so se la decisione del Tar laziale e di quello sardo sia da ascrivere o no a questo nuovo clima, ma si tratta di sentenze importanti che fanno compiere un balzo avanti, sulla strada dei diritti, all’intera società italiana, una società che in questi ultimi decenni ha visto degradarsi sempre più il suo tessuto sociale e civile, un periodo tra i più bui della sua storia in cui i valori fondamentali di solidarietà, umanità, uguaglianza vengono misconosciuti e irrisi.
Penso che questa vittoria delle donne sarde sia uno dei mattoncini utili per la ricostruzione morale e civile del nostro paese, ricostruzione ormai non più rimandabile se non vogliamo uscire dal novero delle nazioni democratiche.
E’ una vittoria che, spero, possa aprire la strada ad altre importanti conquiste nel campo dei diritti umani, penso in questo momento alla situazione dei CIE, con la violazione dei più elementari diritti umani e con l’attacco all’articolo 21 della Costituzione (vedi la circolare di Maroni), alla situazione degli OPG (ospedali psichiatrici giudiziari) e delle carceri italiane indegna di un paese civile, alla situazione dei migranti e dei rifugiati che con grande coraggio affrontano persecuzioni, miseria, fame e viaggi in condizioni intollerabili, per poi trovare nel nostro paese l’intolleranza e la chiusura di un governo incapace di affrontare i problemi ma anche disposto, nella sua miserabilità, a lasciarli incancrenire per vile calcolo politico.
Insomma anche questa vittoria, inserita nel quadro del movimento avviato dalle donne ma condiviso dagli uomini, induce a sperare in una nuova stagione anche se il lavoro sarà sicuramente duro, difficile e complesso perché troppo grandi sono stati i danni inferti alla nostra società, alla vita democratica, ai valori fondanti del nostro stato.
Ne sarà valsa comunque la pena.
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