Articolo 21 - ESTERI
Il presidente e lo speaker del Parlamento. Al vertice due persone mediocri e inconcludenti
di Shukri Said*
Le istituzioni di transizione attribuite ai paesi africani stanno diventando familiari al mondo in relazione alla crisi libica, ma pochi sanno che già dal 2004, su ispirazione dell'IGAD - l'istituto per la promozione commerciale del Corno d'Africa - alla Somalia sono state date le sue istituzioni di transizione (TFI) articolate in un Presidente della Repubblica, un Parlamento (TFP), con a capo lo speaker, ed un Consiglio del ministri (TFG) con a capo il Primo ministro. Il tutto sotto un'etichetta di stato federalista, sebbene il federalismo non sia un'istanza popolare in Somalia, né sia mai riuscito ad affermarsi nel territorio.
Opache sfere di competenza. Ad onta di un disegno istituzionale di transizione che appare chiaro e facilmente comprensibile per gli occidentali, tuttavia, le sfere di competenza tra le TFI somale non sono affatto definite e si assiste a continue prevaricazioni dell'una sulle altre che, a loro volta, assumono iniziative spesso estemporanee pur di giustificare la loro esistenza agli occhi del mondo. Fa notizia se il presidente fa un volo di linea. Chi più si distingue nel movimentismo istituzionale è il Presidente della Repubblica Federale in Transizione Sheikh Sharif Ahmed che, il venerdì, fa il teologo agitatore nella moschea e il giorno dopo veste la tuta mimetica. Negli altri giorni è in viaggio con l'aereo privato a spese del popolo ed una sola volta ha preso un volo di linea, tanto che la notizia si è subito diffusa sui media somali, come una novità di rilievo. La satira, ferocissima tra i somali, afferma che Sheikh Sharif Ahmed è sempre in viaggio presso i suoi datori di lavoro identificati nel Primo Ministro dell'Etiopia Meles Zenawi, nel Presidente dell'Uganda Yoweri Museveni e nel rappresentante speciale delle Nazioni unite per la Somalia Augustine Mahiga, sia per rassicurarli, che per aver suggerimenti. Ma anche per chiedere soldi e soldati al fine di rafforzare il suo potere personale.
Allearsi co "Lametta"... Tanto attivismo diplomatico del Presidente oscura il ruolo del Primo Ministro Abdiweli Mohamed Ali detto "Gas", nominato appena lo scorso giugno, ma praticamente inoperativo. Per trovare un po' di solidarietà ed uscire dall'angolo dell'inadeguatezza, Gas si è avvicinato allo speaker del Parlamento federale di transizione Sheikh Sharif Hassan, detto "Sakiin", cioè "Lametta". Ma a sua volta il Parlamento, sebbene composto di ben 550 membri, su una popolazione complessiva di circa 7,5 milioni di persone, è succube del potere dei due Sheikh Sharif.
I metodi persuasivi dei due Sheikh. E quando, ad esempio, si è trattato di ratificare il trattato di Kampala dello scorso 9 giugno, col quale si era imposto all'ex Primo Ministro Mohamed Abdullahi Mohamed di dimettersi nonostante la contraria volontà popolare, e il Parlamento era in gran parte contrario a quel trattato, i due Sheikh hanno mandato la polizia in aula e il giorno dopo il trattato è stato puntualmente ratificato. Metodi assai persuasivi, come si è visto, ma del tutto in contrasto col concetto occidentale di democrazia. Invero, l'accordo di Kampala ha consacrato l'appoggio internazionale ai due Sheikh che i somali, invece, non apprezzano affatto, non riconoscendo loro alcuna autorevolezza né legittimazione. Senza il supporto delle truppe AMISOM, i due Sheikh sarebbero già stati cacciati.
L'accusa: "Vogliono la guerra fra clan". C. Nuure Siyaad, noto politico somalo, accusa apertamente il Presidente Sheikh Sharif Ahmed di voler accendere nuovamente la guerra tra clan e mettere i somali gli uni contro gli altri, mirando a sfruttare la guerra contro i fondamentalisti islamici di Al Shabaab anche in chiave clanica. Ha detto, inoltre, che quelli che fanno circolare le armi a Mogadiscio sono gli stessi delle ex Corti islamiche attualmente alla guida delle istituzioni di transizione ed ha infine invitato i somali a non abbassare la guardia ed a rimanere vigili.
Promiscuità tra miliziani e istituzioni. In effetti a Mogadiscio c'è una situazione di grande promiscuità fra Al Shabaab e le istituzioni di transizione. Tra queste due organizzazioni non ci sono solo combattimenti, ma anche concorrenza sul piano istituzionale perché molti capi delle ex Corti islamiche si sono inseriti nelle istituzioni di transizione e vogliono dimostrare agli avversari che hanno preferito il fondamentalismo di essere più forti e più potenti.
Processi in due ore, poi la condanna a morte. Alla Sharia, applicata dagli islamisti rapidamente e con sentenze spesso capitali, fanno ora riscontro i tribunali militari delle TFI che si riuniscono nei mercati, come nei processi dell'antica Roma, ed in due ore trovano i responsabili dei reati, li processano ed eseguono la sentenza, anche in questi casi molte volte di morte e con immediata pubblica esecuzione. Una Sharia identica all'altra e, non a caso, sia le attuali guide delle TFI che quelle di Al Shabaab, provengono dalla stessa matrice dell'Unione delle Corti Islamiche che, nel 2006, vinsero i Signori della Guerra. La differenza sta nel fatto che, mentre nel 2006 Sheikh Sharif Ahmed applicava la Sharia a Mogadiscio in nome delle Corti islamiche, oggi lo fa nel nome della comunità internazionale che lo sostiene alla Presidenza della Repubblica.
Gli aiuti internazionali alla borsa nera. Il popolo assiste sconcertato a questa sommarietà che realizza una sostanziale ingiustizia, ma non può esprimersi, stretto com'è nella tripla morsa tra le truppe del TFG, quelle della missione AMISOM - promossa dall'Unione Africana - e le milizie di Al Shabaab che si sparano tra loro per accaparrarsi il territorio di influenza. Talvolta, anzi, si sparano anche al loro interno per appropriarsi degli aiuti internazionali che poi finiscono alla borsa nera.
Per atterrare a Mogadiscio: 2.000 euro. Human Right Watch 1 ha espressamente condannato tutte e tre le strutture militari per ingiusti abusi ai danni della popolazione civile la quale, tra battaglie e scaramucce quotidiane, troppe volte subisce morti e feriti innocenti. Gli aiuti internazionali, poi, non finiscono solo nel mirino delle truppe, ma pure delle dogane. Per atterrare a Mogadiscio i responsabili delle organizzazioni internazionali, ancora in volo, devono prima promettere alla torre di controllo il pagamento di 2000 dollari. Un volontario che si è rifiutato, una volta a terra, è stato arrestato. Anche se il Presidente è personalmente intervenuto per liberarlo, è altrettanto vero che nessuna delle TFI si è pronunciata apertamente contro l'applicazione dell'assurda tassa, che si riflette non solo in un danno per la popolazione affamata, ma anche in un danno irreversibile all'immagine delle TFI di cui, però, si fa finta di non sapere.
Rimane un mistero. Quello del sostegno della comunità internazionale per i due inconcludenti Sheikh, che il popolo somalo non stima e non vuole. Da cinque anni sono al potere e non sono riusciti ad avviare il benché minimo processo di pacificazione. Il loro punto di forza è l'irrisolutezza che mantiene la Somalia instabile e il suo popolo umiliato.
L'accordo di Kampala prevedeva la proroga di dodici mesi rispetto alla scadenza dell'agosto 2011 stabilita nell'accordo di Gibuti al fine di mettere finalmente mano alla Costituzione, alla governance e alla legge elettorale. Le premesse di questi ultimi due mesi dimostrano che, in realtà, a questi traguardi nessuno vuole veramente arrivare e fanno intuire che ad agosto 2012 potrebbe avverarsi la pretesa di Sheikh Sharif Ahmed di ottenere, non già la pacificazione della Somalia, bensì una proroga più lunga divenendo, così, il primo dittatore della Somalia eletto dalla comunità internazionale.
tratto da Repubblica.it
Opache sfere di competenza. Ad onta di un disegno istituzionale di transizione che appare chiaro e facilmente comprensibile per gli occidentali, tuttavia, le sfere di competenza tra le TFI somale non sono affatto definite e si assiste a continue prevaricazioni dell'una sulle altre che, a loro volta, assumono iniziative spesso estemporanee pur di giustificare la loro esistenza agli occhi del mondo. Fa notizia se il presidente fa un volo di linea. Chi più si distingue nel movimentismo istituzionale è il Presidente della Repubblica Federale in Transizione Sheikh Sharif Ahmed che, il venerdì, fa il teologo agitatore nella moschea e il giorno dopo veste la tuta mimetica. Negli altri giorni è in viaggio con l'aereo privato a spese del popolo ed una sola volta ha preso un volo di linea, tanto che la notizia si è subito diffusa sui media somali, come una novità di rilievo. La satira, ferocissima tra i somali, afferma che Sheikh Sharif Ahmed è sempre in viaggio presso i suoi datori di lavoro identificati nel Primo Ministro dell'Etiopia Meles Zenawi, nel Presidente dell'Uganda Yoweri Museveni e nel rappresentante speciale delle Nazioni unite per la Somalia Augustine Mahiga, sia per rassicurarli, che per aver suggerimenti. Ma anche per chiedere soldi e soldati al fine di rafforzare il suo potere personale.
Allearsi co "Lametta"... Tanto attivismo diplomatico del Presidente oscura il ruolo del Primo Ministro Abdiweli Mohamed Ali detto "Gas", nominato appena lo scorso giugno, ma praticamente inoperativo. Per trovare un po' di solidarietà ed uscire dall'angolo dell'inadeguatezza, Gas si è avvicinato allo speaker del Parlamento federale di transizione Sheikh Sharif Hassan, detto "Sakiin", cioè "Lametta". Ma a sua volta il Parlamento, sebbene composto di ben 550 membri, su una popolazione complessiva di circa 7,5 milioni di persone, è succube del potere dei due Sheikh Sharif.
I metodi persuasivi dei due Sheikh. E quando, ad esempio, si è trattato di ratificare il trattato di Kampala dello scorso 9 giugno, col quale si era imposto all'ex Primo Ministro Mohamed Abdullahi Mohamed di dimettersi nonostante la contraria volontà popolare, e il Parlamento era in gran parte contrario a quel trattato, i due Sheikh hanno mandato la polizia in aula e il giorno dopo il trattato è stato puntualmente ratificato. Metodi assai persuasivi, come si è visto, ma del tutto in contrasto col concetto occidentale di democrazia. Invero, l'accordo di Kampala ha consacrato l'appoggio internazionale ai due Sheikh che i somali, invece, non apprezzano affatto, non riconoscendo loro alcuna autorevolezza né legittimazione. Senza il supporto delle truppe AMISOM, i due Sheikh sarebbero già stati cacciati.
L'accusa: "Vogliono la guerra fra clan". C. Nuure Siyaad, noto politico somalo, accusa apertamente il Presidente Sheikh Sharif Ahmed di voler accendere nuovamente la guerra tra clan e mettere i somali gli uni contro gli altri, mirando a sfruttare la guerra contro i fondamentalisti islamici di Al Shabaab anche in chiave clanica. Ha detto, inoltre, che quelli che fanno circolare le armi a Mogadiscio sono gli stessi delle ex Corti islamiche attualmente alla guida delle istituzioni di transizione ed ha infine invitato i somali a non abbassare la guardia ed a rimanere vigili.
Promiscuità tra miliziani e istituzioni. In effetti a Mogadiscio c'è una situazione di grande promiscuità fra Al Shabaab e le istituzioni di transizione. Tra queste due organizzazioni non ci sono solo combattimenti, ma anche concorrenza sul piano istituzionale perché molti capi delle ex Corti islamiche si sono inseriti nelle istituzioni di transizione e vogliono dimostrare agli avversari che hanno preferito il fondamentalismo di essere più forti e più potenti.
Processi in due ore, poi la condanna a morte. Alla Sharia, applicata dagli islamisti rapidamente e con sentenze spesso capitali, fanno ora riscontro i tribunali militari delle TFI che si riuniscono nei mercati, come nei processi dell'antica Roma, ed in due ore trovano i responsabili dei reati, li processano ed eseguono la sentenza, anche in questi casi molte volte di morte e con immediata pubblica esecuzione. Una Sharia identica all'altra e, non a caso, sia le attuali guide delle TFI che quelle di Al Shabaab, provengono dalla stessa matrice dell'Unione delle Corti Islamiche che, nel 2006, vinsero i Signori della Guerra. La differenza sta nel fatto che, mentre nel 2006 Sheikh Sharif Ahmed applicava la Sharia a Mogadiscio in nome delle Corti islamiche, oggi lo fa nel nome della comunità internazionale che lo sostiene alla Presidenza della Repubblica.
Gli aiuti internazionali alla borsa nera. Il popolo assiste sconcertato a questa sommarietà che realizza una sostanziale ingiustizia, ma non può esprimersi, stretto com'è nella tripla morsa tra le truppe del TFG, quelle della missione AMISOM - promossa dall'Unione Africana - e le milizie di Al Shabaab che si sparano tra loro per accaparrarsi il territorio di influenza. Talvolta, anzi, si sparano anche al loro interno per appropriarsi degli aiuti internazionali che poi finiscono alla borsa nera.
Per atterrare a Mogadiscio: 2.000 euro. Human Right Watch 1 ha espressamente condannato tutte e tre le strutture militari per ingiusti abusi ai danni della popolazione civile la quale, tra battaglie e scaramucce quotidiane, troppe volte subisce morti e feriti innocenti. Gli aiuti internazionali, poi, non finiscono solo nel mirino delle truppe, ma pure delle dogane. Per atterrare a Mogadiscio i responsabili delle organizzazioni internazionali, ancora in volo, devono prima promettere alla torre di controllo il pagamento di 2000 dollari. Un volontario che si è rifiutato, una volta a terra, è stato arrestato. Anche se il Presidente è personalmente intervenuto per liberarlo, è altrettanto vero che nessuna delle TFI si è pronunciata apertamente contro l'applicazione dell'assurda tassa, che si riflette non solo in un danno per la popolazione affamata, ma anche in un danno irreversibile all'immagine delle TFI di cui, però, si fa finta di non sapere.
Rimane un mistero. Quello del sostegno della comunità internazionale per i due inconcludenti Sheikh, che il popolo somalo non stima e non vuole. Da cinque anni sono al potere e non sono riusciti ad avviare il benché minimo processo di pacificazione. Il loro punto di forza è l'irrisolutezza che mantiene la Somalia instabile e il suo popolo umiliato.
L'accordo di Kampala prevedeva la proroga di dodici mesi rispetto alla scadenza dell'agosto 2011 stabilita nell'accordo di Gibuti al fine di mettere finalmente mano alla Costituzione, alla governance e alla legge elettorale. Le premesse di questi ultimi due mesi dimostrano che, in realtà, a questi traguardi nessuno vuole veramente arrivare e fanno intuire che ad agosto 2012 potrebbe avverarsi la pretesa di Sheikh Sharif Ahmed di ottenere, non già la pacificazione della Somalia, bensì una proroga più lunga divenendo, così, il primo dittatore della Somalia eletto dalla comunità internazionale.
tratto da Repubblica.it
Letto 2797 volte
Notizie Correlate
Somalia, è ancora caos e proteste
La tragedia somala
Somalia, nuove speranze di ritorno alla vita normale. Ma continuano i raid
La Somalia non può più attendere
Caso Alpi: annullata dalla Cassazione la condanna di Sebri al risarcimento del danno per calunnia
La Somalia protesta: ingerenze indebite delle Nazioni Unite
Audio/Video Correlati
Dalla rete di Articolo 21