di Maurizio Porro
Il regista ha lanciato «Te lo leggo negli occhi» con Stefania Sandrelli «Alla Mostra 20 titoli italiani: forse c??è stata generosità»
da Corriere della Sera
VENEZIA - ? arrivato al Lido Nanni Moretti, regista-attore-produttore-distributore-esercente-politico e perché no?, critico. Ha portato il nuovo film in cui crede, Te lo leggo negli occhi di Valia Santella con la Sandrelli, accolto con lunghi applausi dal pubblico, con molti contrasti dalla stampa.
Perché questo film?
«Perché la Santella è una regista che ha qualcosa di suo da raccontare. Non è sempre e solo il tema alto e sociale a deciderci, ci è piaciuta questa delicata storia al femminile. Vale la regola che produciamo i film che noi vorremmo vedere».
Come ha convinto la sua autrice?
«Al telefono, mezzo con il quale mi sento a mio agio, che non ha segreti, dove posso parlare di tutto».
Perché le piace produrre?
«Lavoro con la stessa intensità, ma senza complessi, con più distacco, non voglio film alla Moretti ma storie in cui credere per un pubblico, per un cinema non scemo».
Perché è a Venezia?
«Quando ci hanno chiesto di vedere il film e poi offerto la sezione Orizzonti, abbiamo pensato che andava bene così, c'è meno stress. Del resto con il mio sesto film, Palombella rossa , andai alla Settimana della Critica».
Alla Mostra c'è molto cinema italiano.
«Penso, scorrendo oltre 20 titoli, che forse stiamo vivendo una magnifica stagione e non ce ne siamo accorti: viva l??Italia! Oppure forse c??è stata un po?? di generosità nei confronti dei film italiani».
Chi sono i migliori direttori di festival?
«Rimango fedele a Barbera, che ha fatto con Baratta un ottimo lavoro ed è stato cacciato perché di sinistra. Ma rimane un mistero perché abbiano cacciato poi de Hadeln».
E Müller?
«Non posso giudicare la sua Mostra prima che si svolga, avrei evitato il trionfalismo in anticipo: vedremo».
E gli smoking: è Restaurazione?
«Ognuno vesta come vuole. Ma il problema è mettere gli appassionati nelle condizioni di vedere buoni film».
Come sta il nostro cinema?
«Gli manca il clima, l??aria intorno, un vero interesse collettivo. Non esiste una trasmissione decente di cinema su sette reti tv».
Oggi?
«Ci vorrebbe un rapporto di fiducia tra sale e pubblico, sarebbe importante che registi e produttori realizzassero film solo quando ne sono davvero convinti, per raccontare di sé o del paese in cui viviamo. Vedo spesso partire film di cui neppure chi li fa è convinto: è un mistero».
Non fa più politica?
«Ero arrivato a un punto in cui o cambiavo mestiere o facevo qualche passo indietro. La politica mi piace, ma non come mestiere. Due anni fa la situazione era davvero avvilente».
Ed oggi?
«Il centrodestra non è più così compatto, ma rimane pericoloso per l??incompetenza mista ad arroganza, e il centrosinistra non è più così stordito».
Teme per la legge sul cinema?
«Temo più per i magistrati che per i registi».
E lei, come autore?
«Sto scrivendo un nuovo film, dopo aver gettato via una storia che non mi piaceva più: non è stata certo una crisi di creatività, ma era difficile superare lo scoglio della Stanza del figlio ».
E il sistema digitale?
«? il mezzo di domani, permette di fare cinema più facilmente e riflettendo meno. Alla fine ci saranno film digitali brutti e belli».
Oggi il cinema va anche nella fiction tv. Tentato?
«No. La tv è un mezzo straordinario usato male, la si guarda con una certa indifferenza, il cinema brutto diventa meno brutto, quello bello meno bello. E poi tutto si consuma in una sera, scompare troppo in fretta».