di Astrit Dakli
da Il Manifesto
Non c'è dunque più limite alla ferocia, alla spietatezza della ragion politica. Le immagini atroci di centinaia di bambini deliberatamente uccisi o straziati a suon di bombe e mitraglia nella piccola città di Beslan sono un atto di accusa e insieme una condanna definitiva per tutti i protagonisti di una simile mostruosità . Una condanna ormai senza appello per i guerriglieri ceceni, che scegliendo di spargere il sangue innocente dei bambini hanno tagliato i ponti tra sé e l'umana società , spingendo se stessi e il loro martoriato popolo in un abisso di odio e isolamento in cui persino il genocidio rischia di diventare un'ipotesi plausibile. Ci si è già andati vicini in passato. Ma una condanna ancor più dura è quella che investe Vladimir Putin e suoi uomini, che per ragioni puramente politiche (di «immagine»! modernissima mostruosità che il padrone del Cremlino ha fin dall'inizio praticato) non hanno esitato a percorrere la via del massacro, scatenando un attacco che non poteva avere altro esito. Certo, fino a quando non si saprà esattamente come sono andate le cose - ma lo si saprà mai? - resterà il dubbio che forse quella scelta sia stata obbligata, come ora sostengono disperatamente i servizi di sicurezza locali osseti, che devono fronteggiare il lancinante dolore e la rabbia del proprio popolo straziato. Ma è un dubbio molto leggero, di fronte ai pesantissimi indizi che accusano il vertice russo: l'assoluta fedeltà al dogma dell'intransigenza e del «non trattare mai», la quantità drammatica di precedenti - a partire dall'eccidio nel teatro Na Dubrovke, poco meno di due anni fa - il continuo tentativo dei militari di fermare le telecamere più lontane possibili, l'oscura cappa di silenzio e reticenza che fin dall'inizio ha circondato la vicenda. Altre vie sono quasi sempre possibili: nel teatro moscovita il blitz omicida fu lanciato, ormai si sa, quando si stava avviando una trattativa seria; a Baghdad, la vicenda dei due giornalisti francesi sembra mostrare che la tragedia non è sempre inevitabile. E non è un caso che in tanti nel mondo che conta oggi si precipitino a elogiare Putin a strage ancora in corso, accusando la Francia di «cedimento» per aver usato la politica invece delle armi. I volti atterriti e insanguinati dei bambini di Beslan mostrano la follia in cui è precipitato il mondo - il mondo, non solo la Russia - dilaniato tra la violenza metodica di governi di estrema destra lanciati nella ricostruzione degli stati assoluti del passato e la violenza fanatica di gruppi usati da quegli stessi governi come strumento di azione politica, e sfuggiti a ogni controllo. Quei volti, per fortuna, le televisioni russe hanno avuto il coraggio di mostrarli. Non sarà facile ai russi dimenticarli, non dobbiamo dimenticarli neanche noi.