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Articolo 21 - Editoriali
Liberate le due Simone. Il terrorismo globale e il valore della pace
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di Salamandra

Câ??è un virus che si sta estendendo nel mondo sempre più interdipendente: il terrorismo globale.
Si tratta di un virus che sta infettando le genti emarginate, le popolazioni abbandonate dal Dio della pace e dallâ??ideologia dello sviluppo. Un virus che alligna però dentro le società opulente dellâ??Occidente più ricco e che trova linfa vitale anche grazie allâ??internazionalizzazione della finanza e delle comunicazioni.
Non è un nemico oscuro e tanto meno un â??grande vecchioâ? che si nascondono nelle segrete stanze del potere più esclusivo. Il terrorismo moderno è figlio degli errori di geopolitica commessi negli ultimi decenni dai governi occidentali ( dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna, alla Francia alla Russia e, seppure in minima parte, anche dallâ??Unione europea). Poco câ??entrano le spinte fondamentaliste islamiche, che servono in questâ??ultima fase, quella maggiormente cruenta e spietata, solo a creare una giustificazione â??eticaâ? e per ricercare un consenso pre-politico da parte di masse arabe diseredate.
Eâ?? un terrorismo figlio della nostra epoca, che sa utilizzare i mezzi di comunicazione, da Internet alle Tv satellitari, ai contatti finanziari â??border lineâ?, quelli inconfessabili, che hanno come punti di partenza i â??signori del petrolioâ? non solo arabi, ma anche settori occidentali che investono proventi e speculano sui mercati internazionali (vedere, tra lâ??altro quello che ha scritto e filmato Michael Moore!).
Questo virus ha infettato anche il nostro paese, spinto dal governo della destra affarista in una guerra inutile e disastrosa, quella in Iraq che ora sta esigendo il conto di una scelta scellerata e dilettantistica. Siamo al terzo rapimento e già due italiani ostaggi sono stati uccisi dalle bande irachene, che rivendicano unâ??indipendenza e un risveglio dellâ??orgoglio islamico, che la maggioranza della popolazione sente più che mai estranei.
Cerchiamo di analizzare questo nuovo terrorismo globalizzato, alla luce del rapimento delle nostre due connazionali, volontarie della pace e della solidarietà, le â??due Simoneâ? di â??Un ponte perâ?¦â?, unâ??azione militare che cambia lo stesso scenario della guerriglia per bande che sta devastando lâ??Iraq â??pacificatoâ? dalle truppe anglo-americane.

Afghanistan, Iraq, Palestina, Cecenia.
Sono i teatri di guerra anomala, dove il terrorismo irredentista di matrice nazionalista e fondamentalista trova alimento dallâ??incapacità delle maggiori potenze di trovare una soluzione pacifica in Medio Oriente, divise al loro interno da un appoggio politico a favore di Israele e di alcuni stati arabi moderati ( quelli più ricchi, come Arabia Saudita, Emirati, Qatar e Kuwait), da una parte, e da una solidarietà verso i movimenti rivoluzionari palestinesi, afgani ( nel periodo di occupazione sovietica e del regime oscurantista talebano) e curdi ( durante la repressione con armi chimiche di Saddam), dallâ??altra.
Poco o niente è stato fatto per â??esportareâ? la cultura occidentale dei valori come libertà, tolleranza e democrazia istituzionale, preferendo invece sostenere i gruppi tribali-affaristici al potere, quasi sempre dispotici e ambigui nelle loro espressioni religiose e nei finanziamenti ai gruppi islamici terroristici.
Soprattutto gli Stati Uniti, negli ultimi 30 anni, hanno proseguito la linea diplomatica britannica della fine Ottocento e prima metà del Novecento, addestrando i gruppi anti-sciiti, per contrastare la nascente potenza locale dellâ??Iran degli ayatollah, in pratica alimentando il circuito perverso di alimentare le serpi nel proprio seno, come il caso Bin Laden dimostra ( addestrato dalla CIA in funzione anti-sovietica e finanziato dalla famiglia reale saudita e poi dimostratosi il più feroce organizzatore della rete terroristica anti-occidentale).
Il collante religioso viene utilizzato dai capi-tribù e dai â??signori della guerraâ? presso le popolazioni emarginate dellâ??area, ora sciita, ora sunnita, o anche alawta, per reclutare i giovani kamikaze, spesso in contrapposizione con le autorità religiose riconosciute. Si va perdendo invece sia lo spirito nazionalista, sia quello â??panaraboâ? degli anni Sessanta e Settanta.
Eâ?? ormai sepolta la cosiddetta â??Road Mapâ? per risolvere lâ??annosa questione della coesistenza di due paesi liberi tra israeliani e palestinesi, nonostante le pompose dichiarazioni di Bush e Blair, allâ??indomani delle Due Torri e ancor prima che iniziasse la â??guerra preventivaâ? contro Saddam.
Per quanto riguarda la Cecenia, poi, assistiamo ad una guerra indipendentista ammantata da spinte nazionalistiche e religiose, ma in realtà sostenuta dai signori del petrolio e da chi cerca, anche allâ??estero, di scardinare il versante Sud-orientale della Federazione russa, per ridisegnare un teatro geopolitico che veda nel prossimo futuro Mosca più debole e più ricattabile, creando una sorta di â??zona-cuscinettoâ? al confine con i paesi islamici tradizionali.

Il petrolio e il gas.
Sono questi i veri motori del terrorismo islamico che si estende fino alle regioni più meridionali della Federazione russa, come la Cecenia.
Arabia Saudita, Iraq, Iran e regioni meridionali russe rappresentano il centro nevralgico dellâ??energia â??sporcaâ? che serve al motore dello sviluppo dei paesi occidentali, ma anche per le potenze asiatiche in forte espansione come Cina e India.
Soprattutto, sono le enormi risorse di gas metano( per le centrali elettriche) e la nuova tecnologia che sfrutta il petrolio da trasformare in idrogeno, utilizzabile nei prossimi anni come combustibile per le auto, le due fonti di energia pulita su cui si sono incentrate le attenzioni delle grandi Corporation americane petrolifere e dellâ??industria automobilistica, ovvero i gruppi hobbistici di potere che sostengono lâ??attuale amministrazione Bush-Cheney e che sostengono la guerra in Iraq e finanziano i progetti di ricostruzione dellâ??area.

Stati Uniti e Russia.
Entrambi hanno pagato ai loro errori in politica estera con un altissimo tributo di sangue ( le stragi delle Torri Gemelle a New York e nella scuola di Beslan in Ossezia). Le due superpotenze sono da anni guidate da due governi destra, dispotici (Bush ha vinto con lâ??inganno le elezioni del 2000, perdendo nel numero di voti assoluti, mentre Putin è praticamente un â??dittatore democraticoâ? che si avvale di un gruppo di potere affaristico-poliziesco-militare).
Certo, ereditano situazioni incancrenitesi nei decenni precedenti, ingigantitesi dopo la fine della â??guerra freddaâ? e la dissoluzione dellâ??impero sovietico.
In questa â??vacanza geopoliticaâ? da parte delle due grandi potenze, hanno avuto buon gioco le relazioni sporche tessute da anni come una ragnatela dalle corporation occidentali e russe, interessate a ricoprire il vuoto di potere politico con lo sviluppo di affari in parte trasparenti, in gran parte sotterranei, legandosi alle oligarchie locali mediorientali e ai nuovi potenti delle repubbliche russe confinanti. Petrolio, gas, minerali rari, droga, ma anche miliardi di dollari da reinvestire nel debito pubblico USA, nelle aziende quotate a Wall Street e Londra. Sono infatti questi proventi che hanno spinto in alto le Borse occidentali sul finire degli ani Ottanta e Novanta per poi farle precipitare con i disinvestimenti che hanno provocato le due crisi cicliche. Il debito pubblico americano ancora oggi è sostenuto dai soldi arabi, oltre che dagli investimenti dei nuovi ricchi dellâ??Asia estrema (Cina, Singapore, Malesia, Taiwan, Corea del Sud).


Il salto di qualità
Oggi, in questo scenario così aberrante, con lo svuotamento dei poteri seppure simbolici e pacifici delle Nazioni Unite da parte dellâ??amministrazione Bush, il terrorismo globalizzato sta in pratica â??libanesizzandoâ? lâ??Iraq e portando il suo attacco nel cuore delle nazioni occidentali a vario titolo alleate degli Stati Uniti.
E così, alla luce di questi â??dirty affairsâ?, sporchi affari, ammantati da irredentismo arabo e fondamentalismo islamico si consuma la tragedia di un popolo orgogliosamente laico e geloso della propria identità nazionale, seppure diviso in tre gruppi (sanniti, sciiti e curdi). Soprattutto si consuma la fine di una speranza, quella della forza della pace, del volontariato e della solidarietà internazionali, come volano di coesistenza tra religiosità  e culture diverse.
Il gruppo terrorista che ha rapito le nostre â??Due Simoneâ? ha operato con tecniche militari sperimentate, che fanno presagire unâ??escalation nelle operazioni di guerriglia e di terrorismo nelle zone occupate. Ora la pacificazione in Iraq è ancora più lontana.
Se la trattativa con i gruppi dei rapitori non sarà gestita con capacità diplomatica  e apertura di visione politica, il nostro paese rischia non solo le vite delle due eroiche volontarie sequestrate, ma anche la stabilità interna ( gruppi â??in sonnoâ? di terroristi arabi e non solo stanno alla finestra in Europa, per saggiare il paese più debole da colpire!).
Oltre alla capacità di scegliere i canali giusti per la trattativa, il nostro paese dovrà seriamente rivedere la politica di alleanza militare con lâ??america di Bush. Ormai, come anche la posizione strategica della Francia di Chirac dimostra, occorre trasformare la presenza militare italiana in una duttile forza di polizia, impegnate in operazioni di pace e di ricostruzione, di aiuto allo sviluppo per quella popolazione martoriata.
Altrimenti, altro sangue scorrerà, ma non solo in terra irachena, purtroppo, come la strage alle stazioni di Madrid stanno a ricordare.
Più indipendenza in politica estera e abbandono della diplomazia guerrafondaia da parte del governo Berlusconi, dunque. In attesa che Bin Laden e gli altri leader del terrorismo globale e degli ultimi gerarchi iracheni ricercati, come Al Douri, vengano scodellati dai servizi segreti speciali americani sul piatto dorato di Bush, in funzione elettorale.
Ma non potrà essere lâ??Italia né lâ??Europa a pagare il salato conto di sangue per accontentare un alleato sempre più cieco e assetato di dominio affaristico-militare, come si sta palesando purtroppo il governo dei petrolieri Bush- Cheney.

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