Articolo 21 - ESTERI
"Chi ha fatto cadere Mubarak non è stata la rete, ma le proteste dei lavoratori"
di Bruna Iacopino
Ma quale Facebook e quale non violenza. Hossam el Hamalaway giornalista, noto blogger egiziano, e attivista politico di estrema sinistra, arrivato in Italia per ricevere il premio Anna Politovskaja al festival di Internazionale e protagonista ieri di un incontro pubblico presso il CSOA Ex-Snia nella capitale, è un fiume in piena. .. che ha molte ore di sonno arretrato e un carico di stanchezza lo si intuisce solo guardandolo bene in faccia, ma questo non gli impedisce di raccontare in poco più di un'ora il volto della rivoluzione egiziana da lui vissuta in prima persona, narrata, agognata. “I media occidentali- sottolinea dall'inizio come a fugare ogni dubbio o possibile domanda sul tema- hanno raccontato la rivoluzione egiziana focalizzando l'attenzione su FB, ma la realtà è molto diversa.”
Ed è da qui che parte un lungo articolato flash-back che ripercorre gli ultimi 10-12 anni del regime Mubarak e i suoi diversi protagonisti. Una lunga parentesi non propedeutica ma necessaria per spiegare quali siano state le radici reali della rivolta egiziana, in quale tipo di terreno abbia attecchito il seme del cambiamento e come alla fine le piazze si siano riempite di migliaia e migliaia di persone capaci di gridare “Basta” e di rischiare la vita.
Hossam scandisce le varie tappe come se fossero scolpite a fuoco nella sua testa, ancor prima del '98 quando inizia a fare attività politica militante e subito dopo quando il vero momento di cesura si verifica nel 2000, ovvero in occasione della seconda intifada: per la prima volta dopo circa trent'anni viene organizzata una grande manifestazione di piazza che affianca al sostegno della causa palestinese i sentimenti anti-regime.
Da quella data e negli anni successivi l'Egitto comincia a diventare un covo di piccoli focolai, annidati all'interno delle università e nei luoghi di lavoro, e nel dicembre 2006 c'è un altro passo in avanti: una serie di scioperi scuote pesantemente il settore tessile ( strategico) del delta del Nilo, per poi contagiare anche altri settori produttivi: la miccia sembra ormai accesa e a spegnerla non bastano neanche gli arresti di massa e le torture. Gli scioperi e le proteste proseguono massicci anche nel 2008, quando in circa 20.000 lavoratori scendono in piazza per chiedere il salario minimo intonando cori contro Mubarak e la sua famiglia. Il tabù, rimarca il blogger, è definitivamente infranto, l'intoccabile non è più tale.
Da qui il salto al 25 gennaio è quasi automatico... “Nessuno, me compreso, si aspettava quello che poi è successo il 25 gennaio...”
Nessuno si aspettava che milioni e milioni di persone avrebbero marciato per tutte le strade d'Egitto e non solo al Cairo per chiedere la caduta di Mubarak, eppure è successo. Com'è successo che la lotta ci sia stata e sia stata violenta, che ci siano stati morti e feriti, da una parte e dall'altra.
La rete, si certo, ma senza la gente, senza i lavoratori in lotta, non ci sarebbe stata nessuna rivoluzione: il concetto espresso più volte da Hossam è fin troppo chiaro.
Com'è altrettanto chiara la sua posizione in merito alle future elezioni: “ Io personalmente ( e non sono il solo) ho deciso per il boicottaggio.” Non saranno elezioni democratiche, spiega, ma un circo mediatico orchestrato ad hoc, basti pensare ad esempio che il supervisore prescelto è lo stesso che stava sotto Mubarak... ma non basta: a questo si aggiunge una legge elettorale molto contestata e un Governo di transizione che è guidato dai generali di Mubarak.
Succo del discorso: la rivoluzione non è affatto finita, la mobilitazione deve continuare secondo Hossam e difatti sta continuando con i lavoratori che sono ancora in rivolta... tanto che solo nel mese di febbraio si sono registrati più di 1.500 scioperi. Una mobilitazione che ha però bisogno del sostegno e della solidarietà internazionale, da parte della società civile e dei sindacati. Il suo è un appello accorato, rivolto ai presenti, e all'Italia tutta, quella del mondo del lavoro nello specifico: non lasciate soli quei lavoratori, non lasciate che le leggi speciali ancora in vigore abbiano la meglio, la rivoluzione ha bisogno del sostegno di tutti per giungere a buon fine e per contagiare realmente i paesi limitrofi attraversati dallo stesso fermento. “ Basta anche solo uno striscione, un piccolo sit-in davanti all'ambasciata, una foto o un video e noi la faremo girare per mostrare agli egiziani che non sono soli”.
Ecco a cosa serve ed è servita la rete.
Ed è da qui che parte un lungo articolato flash-back che ripercorre gli ultimi 10-12 anni del regime Mubarak e i suoi diversi protagonisti. Una lunga parentesi non propedeutica ma necessaria per spiegare quali siano state le radici reali della rivolta egiziana, in quale tipo di terreno abbia attecchito il seme del cambiamento e come alla fine le piazze si siano riempite di migliaia e migliaia di persone capaci di gridare “Basta” e di rischiare la vita.
Hossam scandisce le varie tappe come se fossero scolpite a fuoco nella sua testa, ancor prima del '98 quando inizia a fare attività politica militante e subito dopo quando il vero momento di cesura si verifica nel 2000, ovvero in occasione della seconda intifada: per la prima volta dopo circa trent'anni viene organizzata una grande manifestazione di piazza che affianca al sostegno della causa palestinese i sentimenti anti-regime.
Da quella data e negli anni successivi l'Egitto comincia a diventare un covo di piccoli focolai, annidati all'interno delle università e nei luoghi di lavoro, e nel dicembre 2006 c'è un altro passo in avanti: una serie di scioperi scuote pesantemente il settore tessile ( strategico) del delta del Nilo, per poi contagiare anche altri settori produttivi: la miccia sembra ormai accesa e a spegnerla non bastano neanche gli arresti di massa e le torture. Gli scioperi e le proteste proseguono massicci anche nel 2008, quando in circa 20.000 lavoratori scendono in piazza per chiedere il salario minimo intonando cori contro Mubarak e la sua famiglia. Il tabù, rimarca il blogger, è definitivamente infranto, l'intoccabile non è più tale.
Da qui il salto al 25 gennaio è quasi automatico... “Nessuno, me compreso, si aspettava quello che poi è successo il 25 gennaio...”
Nessuno si aspettava che milioni e milioni di persone avrebbero marciato per tutte le strade d'Egitto e non solo al Cairo per chiedere la caduta di Mubarak, eppure è successo. Com'è successo che la lotta ci sia stata e sia stata violenta, che ci siano stati morti e feriti, da una parte e dall'altra.
La rete, si certo, ma senza la gente, senza i lavoratori in lotta, non ci sarebbe stata nessuna rivoluzione: il concetto espresso più volte da Hossam è fin troppo chiaro.
Com'è altrettanto chiara la sua posizione in merito alle future elezioni: “ Io personalmente ( e non sono il solo) ho deciso per il boicottaggio.” Non saranno elezioni democratiche, spiega, ma un circo mediatico orchestrato ad hoc, basti pensare ad esempio che il supervisore prescelto è lo stesso che stava sotto Mubarak... ma non basta: a questo si aggiunge una legge elettorale molto contestata e un Governo di transizione che è guidato dai generali di Mubarak.
Succo del discorso: la rivoluzione non è affatto finita, la mobilitazione deve continuare secondo Hossam e difatti sta continuando con i lavoratori che sono ancora in rivolta... tanto che solo nel mese di febbraio si sono registrati più di 1.500 scioperi. Una mobilitazione che ha però bisogno del sostegno e della solidarietà internazionale, da parte della società civile e dei sindacati. Il suo è un appello accorato, rivolto ai presenti, e all'Italia tutta, quella del mondo del lavoro nello specifico: non lasciate soli quei lavoratori, non lasciate che le leggi speciali ancora in vigore abbiano la meglio, la rivoluzione ha bisogno del sostegno di tutti per giungere a buon fine e per contagiare realmente i paesi limitrofi attraversati dallo stesso fermento. “ Basta anche solo uno striscione, un piccolo sit-in davanti all'ambasciata, una foto o un video e noi la faremo girare per mostrare agli egiziani che non sono soli”.
Ecco a cosa serve ed è servita la rete.
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