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Articolo 21 - CULTURA
Beni culturali, ministero da "ricostruire"
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di Vittorio Emiliani

Beni culturali, ministero da "ricostruire" In quali condizioni hanno lasciato il Ministero per i Beni e le Attività culturali i due ultimi ministri berlusconiani, il latitante Sandro Bondi e il più presente (ahinoi) Giancarlo Galan? Dico “ahinoi” perché la maggior presenza del secondo ha voluto dire la nomina, all’ultima ora, alla commissione per il cinema di tutta una serie di persone che o non c’entrano niente e quindi sono degli incompetenti, oppure hanno un qualche conflitto di interessi. Per la Biennale Internazionale di Venezia, si sa, il sullodato Galan aveva nominato, in attesa di parere parlamentare, uno dei più stretti amici di Berlusconi, Giorgio Malgara, pubblicitario e industriale di gnocchi, paste, olii e farine, a danno di Paolo Baratta che aveva fatto benissimo e del quale Venezia reclamava la riconferma. 

Veniamo ai numeri: nel 2000 il MiBAC riceveva, secondo dati forniti dalla Cgil-Beni Culturali, lo 0,39 % del bilancio statale, la metà e anche meno di quanto viene dato alle stesse attività in giro per il mondo civile e però sempre il doppio di quanto riceve quest’anno: precisamente lo 0,19 % del bilancio statale. Ma non basta. Nel 2005 gli arrivavano dal Lotto straordinario del mercoledì (una felice invenzione veltroniana) 154 milioni di euro, precipitati nel 2011 alla cifra davvero modestissima di 48,4 milioni, se pensiamo che questi stanziamenti servivano e servono soprattutto per i restauri di un patrimonio immenso. E antico.

Altri numeri (abbiate pazienza): i dipendenti del Ministero sono già scesi a 19.000 in tutto, dei quali il 42 % sono custodi (e già ne mancano per tenere aperti musei e siti archeologici), che scenderanno a 16.000 coi tagli lineari programmati da Tremonti. Di questi 19.000, meno del 2 % sono architetti, ingegneri, geometri, ecc. in tutto circa 350 tecnici delle Soprintendenze, ad ognuno dei quali toccano, in teoria, decine e decine di pratiche al giorno, 79,4 pratiche alla Soprintendenza ai Beni Architettonici di Milano (quella che sta peggio), secondo le cifre ufficiali fornite dall’attuale segretario generale, promosso da Bondi, Roberto Cecchi. Il quale aggiunge, papale papale, che, in tal modo, “non si attua l’articolo 9 della Costituzione”, quello che recita: “La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Ma anche gli archeologi del MiBAC sono, più o meno, 340-350 e dovrebbero tutelare 2.000 aree archeologiche sempre insidiate dai tombaroli (come quella scoperta pochi giorni fa nella bellissima zona etrusca di Vulci) oltre che curare i tanti splendidi musei, con stipendi da 1.700 euro al mese per dirigenti con trent’anni di carriera. Infine, gli storici dell’arte: una volta erano il nerbo del Ministero, oggi non hanno neppure un loro direttore generale e rappresentano essi pure il 2 % del personale ministeriale. A questo pugno di tecnici, sul migliaio per tutta Italia (esclusa la Sicilia dove le Soprintendenze sono da decenni regionalizzate con esiti disastrosi) di recente è stato vietato di usare la propria auto per andare in missione, per effettuare sopralluoghi. Perché se non ci sono auto di servizio per portarli su scavi e cantieri? Perché non ci sono nemmeno i soldi per rimborsarli della benzina. Quindi, che vadano in autobus o, forse, in bicicletta.

V’è di più: mentre a livello generale si punta in tutti i modi a mandare la gente in pensione più tardi, al Ministeri per i Beni e le Attività Culturali è successo l’opposto. Per legge i Soprintendenti sono obbligati ad andare in pensione a 67 anni, mentre più di uno, ancora validissimo, vorrebbe restare, come i docenti universitari o i magistrati, anche fino ai 70. Utilmente visto che di giovani rincalzi non ce ne sono molti, non effettuandosi più concorsi dal 1999. Il ministro Renato Brunetta, ormai “ex” per fortuna, ha però pensato bene di aggravare la situazione stabilendo che l’andata in pensione dovesse scattare inesorabile per quei dirigenti statali e quindi (non avendo Bondi battuto ciglio) per quei Soprintendenti o direttori generali che avessero 40 anni di contributi. Così sono andate in pensione a 62 anni validissime soprintendenti, entrate subito dopo la laurea, come Liliana Pittarello in Piemonte, Carla Enrica Spantigati a Torino, Luisa Fornari Schianchi a Parma, ecc. Una autentica dissipazione di competenze. Ma addirittura a 60 anni è stato mandato a casa uno dei migliori quadri del Ministero, Stefano De Caro, entrato ventenne, direttore generale per l’archeologia. Tanto stimato nel mondo che non è finito ai giardinetti ma è stato nominato pochi giorni fa (primo italiano) direttore generale dell’ICCROM, prestigioso istituto internazionale per il restauro. Nominato, badate bene, col voto contrario del rappresentante del nostro Ministero…

Ministero ridotto dunque a maceria gestito da un ristretto gruppo di dirigenti che ha avallato la politica di Bondi (subalterno ad ogni richiesta di Tremonti) e di Galan. Ministero da “ricostruire”, egregio Rettore Lorenzo Ornaghi. Ma con dirigenti nuovi, competenti, non coinvolti negli anni peggiori della nostra storia culturale. Ci sono ancora dei dirigenti validi e perbene. Basta individuarli e promuoverli.    

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