Articolo 21 - ESTERI
La seconda rivoluzione egiziana
di Riccardo Cristiano
da Il mondo di Annibale
Dopo decenni di paralisi la storia corre nel mondo arabo. Tanto che anche l’epoca del contagio è cominciata da loro. Da noi contagio dello spread alle stelle, da loro contagio di tsunami popolari contro i despoti. E i regimi crollano.Mubarak, Gheddafi, Ben Ali, tutti al potere da decenni e tutti con i capelli neri corvini sono crollati nella polvere della loro falsità.Ma in Egitto il regime, pur decapitato, è rimasto in sella. Ma traballa, tanto che si parla di dimissioni del governo, ma non ancora della giunta militare. E non ci si può non chiedere se si possa votare dopo la mattanza di Piazza Tahrir. Diciamo che si tratta di un dubbio, ma il fatto che il maresciallo Tantawi dica che garantirà personalmente lo svolgimento delle operazioni elettorali non fa che aggravarlo. Perché c’è un dato ancor più importante dell’incredibile numero dei morti, una trentina, e di feriti, circa mille, registratisi in questi giorni di battaglia al Cairo… Si tratta del numero di egiziani, civili, che sono in attesa di giudizio da parte dei tribunali militari: sono 12mila. Si spiega certamente così quanto sta accadendo in piazza Tahrir. Perché se 12mila civili devono essere giudicati dai tribunali militari questo vuol dire una cosa soltanto: che l’epoca Mubarak non è finita. E non è finita perché l’epoca Mubarak non è soltanto l’epoca del deposto raìss, ma è l’epoca dei militari, e del disastro in cui hanno fatto piombare il Paese. Questo è il dato di fatto, storico e di attualità.
Quando con l’avvicinarsi delle elezioni i generali hanno tentato di forzare la mano, annunciando che il loro super-potere sarebbe rimasto indiscusso anche dopo le elezioni, che loro si sarebbero fatti garanti dei principi ispiratori della Costituzione al di sopra e al di là delle decisioni della Presidenza della Repubblica e del Parlamento e che i fondi per il loro apparato militar-industriale (circa il 40% dell’economia nazionale) non sarebbero stati sottoposti a controllo parlamentare, l’opinione pubblica ha capito che quelle che si avvicinavano erano elezioni-farsa. Ora, con questa prova di forza i generali volevano ricattare il paese e soprattutto le forze “laiche”: temete più noi o gli islamisti? Contemporaneamente i militari e la leadership ufficiale della Fratellanza Musulmana avevano “rivisto” il vecchio patto tra Fratelli e regime, prevedendo che gli “islamisti” avrebbero governato l’oggi per oggi lasciando ai militari la politica internazionale e la sicurezza, ma poi qualcosa non ha funzionato e gli apparati di sicurezza, la polizia, che rimangono bande di malfattori, di criminali, con la loro feroce aggressione contro il piccolo presidio di piazza Tahrir tre giorni fa hanno inattesamente scatenato la seconda rivoluzione egiziana.
Già in questa dimensione di “seconda” rivoluzione c’è un dato importante: i pessimisti ritenevano infatti che il “popolo” avesse avuto una fiammata tanto impulsiva quanto irripetibile, a febbraio, dopo di che le forze controrivoluzionarie avrebbero ripreso in mano il paese. E invece l’elite di piazza Tahrir è tornata, perché i sindacati e i giovani sono ormai realtà sociali forti e consapevoli. Non sono più espressione di un velleitarismo romanticheggiante.
La seconda rivoluzione egiziana salverà la primavera araba proprio così, dimostrando che nel paese si è formata una consapevolezza civile e democratica che il maresciallo Tantawi non può sconfiggere, proprio come non l’ha potuta sconfiggere l’aviatore Mubarak. E non sarà certo l’illusione para-fascista di un modello ataturkiano senza Ataturk a far cambiare idea a chi sa, come sanno bene gli egiziani, che i vertici militari hanno distrutto un Paese millenario e strategico come l’Egitto.
Dopo decenni di paralisi la storia corre nel mondo arabo. Tanto che anche l’epoca del contagio è cominciata da loro. Da noi contagio dello spread alle stelle, da loro contagio di tsunami popolari contro i despoti. E i regimi crollano.Mubarak, Gheddafi, Ben Ali, tutti al potere da decenni e tutti con i capelli neri corvini sono crollati nella polvere della loro falsità.Ma in Egitto il regime, pur decapitato, è rimasto in sella. Ma traballa, tanto che si parla di dimissioni del governo, ma non ancora della giunta militare. E non ci si può non chiedere se si possa votare dopo la mattanza di Piazza Tahrir. Diciamo che si tratta di un dubbio, ma il fatto che il maresciallo Tantawi dica che garantirà personalmente lo svolgimento delle operazioni elettorali non fa che aggravarlo. Perché c’è un dato ancor più importante dell’incredibile numero dei morti, una trentina, e di feriti, circa mille, registratisi in questi giorni di battaglia al Cairo… Si tratta del numero di egiziani, civili, che sono in attesa di giudizio da parte dei tribunali militari: sono 12mila. Si spiega certamente così quanto sta accadendo in piazza Tahrir. Perché se 12mila civili devono essere giudicati dai tribunali militari questo vuol dire una cosa soltanto: che l’epoca Mubarak non è finita. E non è finita perché l’epoca Mubarak non è soltanto l’epoca del deposto raìss, ma è l’epoca dei militari, e del disastro in cui hanno fatto piombare il Paese. Questo è il dato di fatto, storico e di attualità.
Quando con l’avvicinarsi delle elezioni i generali hanno tentato di forzare la mano, annunciando che il loro super-potere sarebbe rimasto indiscusso anche dopo le elezioni, che loro si sarebbero fatti garanti dei principi ispiratori della Costituzione al di sopra e al di là delle decisioni della Presidenza della Repubblica e del Parlamento e che i fondi per il loro apparato militar-industriale (circa il 40% dell’economia nazionale) non sarebbero stati sottoposti a controllo parlamentare, l’opinione pubblica ha capito che quelle che si avvicinavano erano elezioni-farsa. Ora, con questa prova di forza i generali volevano ricattare il paese e soprattutto le forze “laiche”: temete più noi o gli islamisti? Contemporaneamente i militari e la leadership ufficiale della Fratellanza Musulmana avevano “rivisto” il vecchio patto tra Fratelli e regime, prevedendo che gli “islamisti” avrebbero governato l’oggi per oggi lasciando ai militari la politica internazionale e la sicurezza, ma poi qualcosa non ha funzionato e gli apparati di sicurezza, la polizia, che rimangono bande di malfattori, di criminali, con la loro feroce aggressione contro il piccolo presidio di piazza Tahrir tre giorni fa hanno inattesamente scatenato la seconda rivoluzione egiziana.
Già in questa dimensione di “seconda” rivoluzione c’è un dato importante: i pessimisti ritenevano infatti che il “popolo” avesse avuto una fiammata tanto impulsiva quanto irripetibile, a febbraio, dopo di che le forze controrivoluzionarie avrebbero ripreso in mano il paese. E invece l’elite di piazza Tahrir è tornata, perché i sindacati e i giovani sono ormai realtà sociali forti e consapevoli. Non sono più espressione di un velleitarismo romanticheggiante.
La seconda rivoluzione egiziana salverà la primavera araba proprio così, dimostrando che nel paese si è formata una consapevolezza civile e democratica che il maresciallo Tantawi non può sconfiggere, proprio come non l’ha potuta sconfiggere l’aviatore Mubarak. E non sarà certo l’illusione para-fascista di un modello ataturkiano senza Ataturk a far cambiare idea a chi sa, come sanno bene gli egiziani, che i vertici militari hanno distrutto un Paese millenario e strategico come l’Egitto.
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