di Gian Piero Orsello
Da molto tempo consideravamo la possibilità, l??utilità e l??importanza di promuovere un Convegno di denuncia e di approfondimento sul tema del rapporto tra opinione pubblica e televisione, e più concretamente sul problema dell??Auditel, sul quale più volte si è pronunciato nei diversi, successivi mandati il Consiglio degli Utenti, sono stati pubblicati impegnativi volumi, sono stati scritti molti articoli sulla stampa e sono stati presentati documenti dal CENSIS, da esponenti dell??ISTAT, da Associazioni di consumatori, tutti presenti fra i promotori di questa odierna iniziativa dell??Istituto.
In questo senso desidero ringraziare per la loro partecipazione la Fondazione CENSIS ed il Consiglio nazionale degli Utenti - anche se è intervenuta nei giorni scorsi una ordinanza sospensiva del TAR , che ne limita per il momento le funzioni - e sul piano personale il prof. Giuseppe De Rita ed il prof. Cesare Mirabelli, e con loro gli Amici che si sono adoperati per la preparazione dell??odierno Convegno: Rodolfo De Cristofaro, Giulio Gargia, Roberta Gisotti, Flavio Manieri, Elisa Manna, Michele Sorice, Alberto Zuliani, nonché Maria Romana Allegri, Marta Tersigni, Elena Veronelli , le nostre Cristina Pierluigi e Francesca Cutini e tutti i partecipanti ai nostri lavori.
Un contributo interessante sull??argomento è sicuramente venuto da un Convegno, organizzato nel 2001 da Flavio Manieri proprio a nome delle organizzazioni dei consumatori, durante il quale è stato affrontato il tema dell??Auditel, a proposito del quale si è sostenuto giustamente che ??con tale sistema si identificano controllati e controllori, i destinatari delle tv sono considerati soltanto consumatori, gli utenti costituiscono un ??pubblico medio?, gente sostanzialmente passiva, disponibile, sulla base dell??influenza della televisione commerciale, anche a fuorviare il consenso democratico del Paese?.
Ciascuno di noi è legato alla propria storia personale ed io non ho mai dimenticato - anche se sono passati trent??anni - di aver collaborato nel lontano 1975 alla riforma della RAI, alla legge 103, e di essere stato per dodici anni, come vicepresidente della RAI, uno strenuo difensore del servizio pubblico. Oggi, da cittadino e da utente, non ho cancellato né quella esperienza né le valutazioni di allora, rese anzi più consapevoli dall??attuale evidente crisi del servizio pubblico, a causa di una concorrenza che, contrariamente alle sue leggi, ad opera della televisione commerciale, ha peggiorato di gran lunga il livello dei suoi programmi, svolgendo così un??influenza assai negativa sulla collettività nazionale e sui suoi orientamenti culturali e politici, come si evince anche dal recente libro di Tullio De Mauro su ??La cultura degli italiani?.
Inoltre si è lasciata incontrastata, anche in ordine alle scelte delle produzioni, l??influenza ??imperiale? della pubblicità, a tutto danno della carta stampata, come spesso giustamente rilevato dai dirigenti della FIEG e della Federazione della Stampa. A proposito degli spazi pubblicitari, secondo dati forniti nell??anno 2003, alle 3805 ore trasmesse da Mediaset soltanto 1020 sono state utilizzate nella RAI, che è vero che dispone del canone, ma per quanto riguarda la pubblicità è costretta ad operare con minore flessibilità e con costi maggiori di circa il 15% rispetto a quelli di Mediaset.
Come ha sostenuto sul ??Corriere della Sera? del 3 marzo scorso, Cesare Romiti, ??l??Italia è un caso anomalo?, dove la TV assorbe il 55% della pubblicità ed il 39% resta alla carta stampata (dati del 2003) , mentre nella realtà europea è esattamente il contrario, il 29% alla Tv ed il 55% alla carta stampata. Tutti dati confermati in un recente Convegno, promosso dal Goethe Institut , dal Presidente Montezemolo e da Ezio Mauro, direttore de ??La Repubblica? , giornale che meritoriamente ha spesso affrontato i temi oggi in discussione.
La cultura nei suoi diversi aspetti viene progressivamente espunta dalle trasmissioni televisive e i programmi culturali, per esempio quelli di RAI educational, sono sempre più sospinti verso orari notturni, proprio essi che dovrebbero interessare soprattutto i giovani, ovviamente disponibili all??ascolto in ore più adatte. In effetti, gli orari notturni, al riparo delle valutazioni dell??Auditel, sono gli unici nei quali sono trasmessi programmi importanti ed interessanti , di buon livello.
Del resto, in occasione del cinquantenario della TV, il 5 gennaio scorso, Angelo Guglielmi ha dichiarato ?? Non ci può essere cultura in TV se l??unica legge resta l??Auditel? e qualche mese dopo (11 aprile) la ??Stampa? di Torino ha scritto;: ??Guardare dentro l??Auditel è un giochetto perverso. Lo sai che è una macchinetta tarata per certificare quel che serve?!
E con l??avvento del digitale che cosa c??è da aspettarsi?
Ma torniamo alla situazione attuale: come si spiega il grande successo anche finanziario di Mediaset, raggiunto negli ultimi anni, a differenza di quanto accadeva nel passato, se non a causa del ridimensionamento della Rai e dell??incalzante avvento dell??Auditel ?? ??la dittatura dell??Auditel? , come si sostiene sul ??Corriere della Sera? del 23 giugno scorso, con un aumento del tetto pubblicitario dovuto anche a quella che, nonostante la forte opposizione ed i richiami del Presidente della Repubblica, è divenuta ormai legge, grazie al consenso di una maggioranza parlamentare che costituisce il vero sostegno di Mediaset, in quanto consente all??emittenza commerciale un???aggressività maggiore? (Messaggero, 14 settembre), con la conseguenza che, come si è detto, la concorrenza in televisione è il contrario dello stimolo a far meglio.
Negli ultimi anni il livello delle produzioni ed anche la gestione dei palinsesti della Rai sono notevolmente peggiorati, ma anche i programmi positivi, che non mancano, sono costretti a fare i conti con scadenti produzioni della televisione commerciale, che naturalmente trovano il facile consenso dei settori meno avvertiti dell??opinione pubblica, come quegli utenti di film che in anni lontani andavano al cinema per godere dell??avanspettacolo, e si fa presto ad abituarsi al peggio , al ??Grande Fratello? si risponde con ??L??isola dei famosi?.
In una pubblicazione che tende ad essere il più possibile oggettiva sul tema dell??Auditel, Dossier Link, n. 2 del 2003, Luigi Bonfante, editore della Rivista sostiene giustamente che ??il servizio pubblico dovrebbe porsi come alternativa alla tv commerciale sviluppando un rapporto più qualitativo con l??opinione pubblica, mostrando strumenti e idee per rinnovare la produzione di nuovi contenuti. Non ci si dovrebbe, dunque, accontentare a misurare l??audience, ma si dovrebbe cercare di capire meglio come esso si forma?.
E?? sempre vero che le malattie non sono indicate dal termometro sul livello della febbre, ma non vi è dubbio che, pur non volendo discutere l??importanza dei sistemi di rilevazione degli ascolti, meglio se ad opera della mano pubblica piuttosto che di una gestione privatistica, ma l??influenza dell??Auditel ha purtroppo accentuato la rigidità del sistema del duopolio televisivo in Italia, riducendo l??interesse per chi si è affacciato più tardi nel mercato ed ignorando sostanzialmente tutta la produzione delle televisioni locali, peraltro in crescita di livello , come ha scritto recentemente Aldo Grasso nel suo volume ??Il bel Paese della tv?, che non possono essere quindi eliminate come il bambino con l??acqua sporca.
Grande è la responsabilità degli effetti dell??Auditel: in primo luogo perché quello che doveva essere uno mezzo di rilevazione utile soltanto per il mercato degli investimenti pubblicitari, è divenuto uno strumento di valutazione nel merito dei programmi con tutte le conseguenze, sostanzialmente esaltative e censorie, che esso produce. Un autore certamente non ostile all??Auditel, Vittorio Bossi, che in un suo recente scritto ammette l??esistenza di ??critiche documentate e costruttive? nei confronti dell??Auditel, ha giustamente rilevato l??errore che i dati Auditel siano quotidianamente comunicati alla stampa, provocando così quell??effetto di valutazione estremamente negativo sulle produzioni e sui palinsesti, confondendo ascolto e gradimento. A questo riguardo, non si capisce perchè la RAI, che un tempo disponeva di un efficiente ??servizio opinioni? e che attualmente redige un bollettino IQS (Indice di qualità e soddisfazione) sulla validità dei programmi, pubblicato fin dal 1998, non lo diffonda doverosamente e non faccia conoscere, quindi, le valutazioni anche di chi positivamente esercita il controllo sulla loro qualità. Ma vi è di più, e ciò investe direttamente il ruolo dell??Auditel, come è stato denunciato sia negli scritti di molti validi operatori e commentatori sia anche direttamente in alcuni programmi televisivi (basta pensare a Renzo Arbore e Pippo Baudo, a Gianni Morandi e a Chiambretti) ?? alcuni dei quali scomparsi dalla televisione per lasciare il posto soltanto ai fedeli interpreti del ??pensiero unico? - sono state documentate le insufficienze, le incongruenze, le manipolazioni, determinate dal cattivo uso del sistema, con una costanza troppo lunga nel tempo per non destare legittime preoccupazioni sull??oggettività e sull??adeguatezza del servizio. ? vero che i nominativi degli operatori sono coperti dal segreto ?? il che impedisce, peraltro, ogni trasparenza nel sistema - ma v??è da domandarsi se il segreto non dia lungo a qualche interessato ??filtro? che possa incrementare ??gli omaggi a compenso??
Secondo l??insegnamento di Popper ??le regole devono essere inderogabili?, e lo statuto dell??Auditel stabilisce che ??le rilevazioni devono essere oggettive ed imparziali? e che il ruolo del panelista deve essere quello ??di un individuo impegnato nell??ascolto e quindi non soltanto presente nella stanza, ma effettivamente dinanzi al televisore?. Ora molti esempi, portati in diverse sedi, hanno documentato il contrario e il giudizio non cambia anche se il sistema di rilevamento è stato modificato a partire dal primo agosto scorso, con sei classi di riferimento invece di quattro.
Siamo fermamente convinti dell??importanza, direi della necessità, del servizio pubblico radiotelevisivo, privilegiato anche dall??Unione europea, che pure si regge sulle regole del mercato e sul principio della concorrenza; riteniamo profondamente errata e pericolosa la tesi di una privatizzazione anche parziale della RAI come indicato nella legge attualmente vigente. La privatizzazione della Rai, oltre alla riduzione del servizio pubblico ad un ruolo sempre più misero, e quindi necessariamente noioso, per finire poi come sostanzialmente superfluo, contraddice lo stesso sistema misto, basato sulla coabitazione del pubblico e del privato, giacchè, accanto al privato che esiste, deve esservi il pubblico, e non un altro privato, con l??evidente rischio di far finire la Rai, anche organicamente, nella mani dei ??soliti noti?.
Non spetta a me entrare troppo nel merito dei problemi, in ordine ai quali molti illustri e competenti amici e colleghi svolgeranno le loro relazioni ed i loro interventi, ma prima di concludere, desidero rapidamente accennare al ruolo dell??Autorità garante delle comunicazioni, di cui è primo responsabile un eminente giurista ed un caro amico, troppo spesso oggetto di critiche non sempre sufficientemente documentate: ritengo che l??Autorità, dopo molte interviste e numerosi sondaggi, abbia ormai tutti gli elementi per poter intervenire sull??argomento, in accordo con l??ISTAT, e tenuto conto che ha i poteri per farlo sulla base della legge 249 del 1997, art. 1, comma 6, lettera b) , numero 11. Partendo da queste premesse, riteniamo di essere finalmente alla vigilia di un intervento dell??Autorità, che eserciti coerentemente tali poteri, e ci auguriamo che il nuovo dirigente del dipartimento di vigilanza e controllo, auspicabilmente non troppo legato all??esperienza svolta in precedenza al Ministero delle comunicazioni, possa offrire la propria valida competenza ed un??utile collaborazione ai Consiglieri dell??Autorità incaricati di risolvere il problema.
Di tutti questi problemi continueremo ad occuparci nel futuro, auspicando che l??intervento dell??Autorità sia importante e risolutivo, come sarà evidenziato alla conclusione dei nostri lavori: per parte nostra, e soprattutto da parte degli addetti ai lavori - resi più edotti e più forti dagli interventi che seguiranno - si dovrà continuare a vigilare, ad approfondire, a verificare, giacchè siamo consapevoli che ?? anche se talvolta destano in qualcuno interessate preoccupazioni ed errate reazioni che si aggiungono a qualche spiacevole assenza - i Convegni passano, ma i problemi restano, almeno fino quando non vengano risolti. Il che è sicuramente nei nostri voti.