di redazione*
Un processo, per altro non ancora aperto, a carico degli agenti che hanno assassinato, mentre era detenuto, un blogger dell'opposizione. E' proprio scarna la gerla dei gesti di "buona volontà" da parte del governo e della famiglia reale del Bahrain per illudersi che l'imminente anniversario della "fraterna occupazione" di Manama da parte delle truppe saudite non riaccenda le fiamme mai sopite del conflitto tra la maggioranza della popolazione, di fede sciita, e il governo, espressione della minoranza sunnita.
A guardar bene sembra che questa sia proprio la volontà dei regnanti, legati mani e piedi ai sauditi. Non solo un anno fa hanno autorizzato l'invasione in stile sovietico del loro Paese, e poi hanno represso con ferocia, hanno seguitato a discriminare la maggioranza sciita, ma poi hanno anche mandato a processo tutta il gruppo dirigente dell'opposizione senza operare la minima distinzione tra moderati ed estremisti.
Così dal cuore degli sciiti del Bahrain, dalla loro organizzazione per il rispetto dei diritti umani ( termine che ai sauditi e ai loro amici fa orrore) viene chiaramente un attacco diretto al re (non più al suo eterno primo ministro): "Noi abbiamo un problemi con Lei, Altezza, perché se Lei non è in grado di fare i conti con gli orrori del passato per noi Lei deve andarsene". Parole chiare e pesantissime, anche se non dicono chiaramente che gli sciiti chiedono l'abbandono della forma monarchica.
La repressione nel Bahrain, la sistematica violazione dei diritti umani della popolazione sciita, discriminata in tutti i campi della vita sociale del piccolo regno, non hanno avuto nulla da invidiare a più celebri efferatezze, ma siccome il Bahrain è il "cuore pulsante" del sistema difensivo americano-saudita contro l'Iran i cuori delle diplomazie occidentali non si sono molti scaldati per gli orrori di Manama. Che, purtroppo, stanno per tornare, in un contesto di tensione con l'Iran ancor più bollente rispetto allo scorso anno.