di Paolo Pombeni
da Il Messaggero
? UNA situazione sensibilmente migliorata quella che il vertice di maggioranza prospettato per questa settimana si troverà a discutere, soprattutto se la si paragona a quella assai difficile con cui si confrontava prima delle vacanze. A determinare il miglioramento è stato il concorrere di due fattori: da un lato l'abbandono dei toni sopra le righe e degli scontri interni alla maggioranza, dall'altro l'imprevisto indebolimento della leadership di Prodi nell'opposizione e lo spettacolo di litigiosità che essa ha offerto.
Considerando che ormai si va verso l'apertura della prima fase della campagna per le regionali, elezioni che ??pesano? notevolmente nel nostro sistema politico, ci sarebbero le condizioni per tesaurizzare quanto si è realizzato dopo questa estate. Berlusconi ha riguadagnato considerazione nell'opinione pubblica più larga (ovviamente quella che non gli è pregiudizialmente ostile) grazie ad operazioni gestite con misura e senso delle contingenze: non solo la vicenda delle due Simone, ma anche il rapporto con Gheddafi che è una pedina non indifferente nello scacchiere mediterraneo. In politica economica Siniscalco con la sua finanziaria va incontro a critiche, ma è anche più rispettato del predecessore per una linea che non inclina ad interventi ??creativi?. I cosiddetti ??poteri forti? lanciano segnali di dialogo al governo, avendo colto perfettamente che la nuova svolta ??moderata? favorisce la ripresa di tecniche di concertazione fra i ceti dirigenti (qualcuno, più colto della media, ha parlato di un ??termidoro berlusconiano?, alludendo alla svolta che nella Rivoluzione francese spazzò via i furori dei Giacobini avviandola ad una normalizzazione).
Naturalmente non son tutte rose e fiori. Sul terreno politico rimane un enorme macigno ed è la riforma costituzionale. Come si sa su di essa c'è l'autorevole vigilanza di Ciampi che vorrebbe garantire l'unica tecnica ragionevole in questi casi che è una larga concertazione trasversale. Solo che purtroppo non ci sono gli estremi per ottenerla: l'opposizione non vuole dialogare, perché pensa così di delegittimare la maggioranza, la quale a sua volta è vittima del suo passato ??giacobino? (ma sarebbe meglio dire ??avventato?) in materia. La conseguenza è che qui si andrà ad una conclusione poco felice dell'intera faccenda, con gli inevitabili strascichi referendari ed i conseguenti festival dell'estremismo in entrambi i campi.
Poi ci sono naturalmente le divergenze di insediamento fra i partiti della coalizione governativa, ciascuno con le sue ??clientele?, i suoi interessi particolari da difendere. Un fatto naturale fino ad un certo limite, ma esplosivo quando si deve discutere una finanziaria che non ha grandi spazi per ??regali agli elettori?, grandi o piccoli che siano.
Il problema di fondo della maggioranza sarà però quello di trovare una politica e di non limitarsi a sperare nel proprio ??stellone?: perché quelle che oggi appaiono buone prospettive, possono cambiare assai facilmente. Combattere la battaglia delle regionali contando sull'effetto di trascinamento di un certo ??clima? a livello nazionale non è una grande strategia: l'attuale maggioranza ha già perso almeno due tornate amministrative puntando tutto sulla presa del suo leader e sul trascinamento di quanto si poteva fare a livello governativo nazionale.
La prova a cui la maggioranza è attesa dai ceti dirigenti, se non proprio dall'intero sistema paese, è quella di un progetto di governo regionale capace di usare quello strumento come momento dinamico per intervenire in una situazione economica e sociale non proprio brillante. E a questo progetto deve saldarsi una classe dirigente locale all'altezza della sfida. Ora il centro-destra non è splendidamente posizionato su questi terreni, anche se proposte interessanti ed innovative ne esistono: si pensi alla più rilevante, quella del governatore Formigoni in Lombardia, che, sebbene senza clamori, tesse la sua tela con una proposta politica che aveva già anticipato da tempo il ??termidoro? berlusconiano.