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#Occupyscampia, dal tweet all'impegno quotidiano. Si comincia oggi
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di Raffaele Sardo*

#Occupyscampia, dal tweet all'impegno quotidiano. Si comincia oggi

“Guagliu’, per favore, facit’ ‘ampress a bere stò caffè, perché a quest’ora nun’è aria”. Una frase lapidaria e uno sguardo preoccupato rivolto da un avventore a due ragazzi che  poco dopo le nove di sera sorseggiano lentamente un caffè in bar di Scampia, la dice lunga sul clima che si vive nel quartiere. Da quando è tornato “Angioletto”, l’aria è diventata pesante. Anche perché “Angioletto” si fa rispettare a suon di morti. Chi è del posto lo sa. Ma lo sanno anche quelli che non sono di qui, perché i morti ammazzati si cominciano a contare. Sono otto. Angioletto è Arcangelo Abete, già luogotenente del clan di Paolo di Lauro, poi passato alla concorrenza e che ora gioca in proprio, deciso a imporre la sua legge nel quartiere a colpi di arma da fuoco per controllare le piazze dello spaccio di droga.

Quando scende il buio, escono dai loro rifugi le vedette del clan, “il popolo della notte”, per controllare che tutto vada secondo gli ordini impartiti dal capo. Gli altri, quelli che a Scampia ci vivono ogni giorno tra mille difficoltà, e che fanno di tutto per sbarcare il lunario, lo sanno bene che quando la parola passa alle armi, bisogna solo stare attenti a non incrociare il fuoco delle bande locali. Scatta automatico una sorta di coprifuoco. Non c’è alcun bisogno di fare proclami. E’ solo la paura di essere ammazzati che consiglia  di essere più prudenti. Perciò molti chiudono prima le loro attività o evitano di stare nei luoghi che normalmente frequentano. E’ pericoloso.  Ne parla un giornale di questo clima pesante, “Il Mattino” di Napoli. Ne scrive su Twitter la deputata del Pd, Pina Picierno. “La camorra impone il coprifuoco a Scampia. Si comporta come se quel territorio fosse "cosaloro". E noi gli facciamo capire che non è così! occupiamo le strade, stiamo nei negozi, e organizziamo pure una bella festa, alla faccia loro! #Occupyscampia”.

Al suo “cinguettio” rispondono una valanga di persone disposte a condividere la proposta di occupare Scampia per  riappropriarsi degli spazi di libertà. Evidentemente deve aver toccato un nervo sensibile. Freddezza, invece da parte delle associazioni di base che lavorano da anni nelle vele e che smentiscono in tutte le salse quella che definiscono “la bufala mediatica del coprifuoco a Scampia”. Valutano questa attenzione mediatica come una intromissione impropria. La discussione si fa anche serrata sul web, dove vola qualche “vaffa…” e accuse di “sciacallaggio mediatico”. E si va avanti  a ritmi serrati su Twitter, Facebook e blog, ognuno  adducendo le proprie ragioni per sostenere le rispettive posizioni. Ma la rete non la controlli. Si esprime nelle sue varie forme. Coglierne alcuni aspetti essenziali, riuscendo  ad intercettare questa attenzione, questa domanda di partecipazione, di sensibilità civica  urlata spesso da una comoda e calda poltrona di casa, e portarla allo scoperto, trasformandola in indignazione reale, è un tentativo che va fatto.

L’appello di “Occupyscampia” si concretizza, dopo ore di discussione virtuale, con un appuntamento: venerdì 3 febbraio alle ore 17 in piazza Giovanni Paolo II, per occupare una piazza con le tende. Un appuntamento che dovrà passare dal virtuale al reale. E non sembra facile, sia per problemi organizzativi che logistici. Complice anche il freddo di questi giorni, il tentativo di accendere i riflettori su una realtà difficile, potrebbe essere stroncato sul nascere. E, soprattutto, “Occupyscampia” potrebbe non avere futuro se le associazioni locali continueranno a chiudersi a riccio, denunciando “un complotto mediatico” e dandosi altri appuntamenti.  Senza chi lavora quotidianamente a Scampia, non si va da nessuna parte. Questo è un assunto di base che nessuno può ignorare.  Tocca a loro, alle associazioni locali, intercettare  e incanalare tutta l’attenzione sul quartiere per trasformarla in sostegno alla lotta anticamorra.  Ma chi lavora nelle vele, non può limitarsi a lanciare invettive, delegittimando chi vuole contribuire a tenere accesi i riflettori sulla guerra in atto tra bande criminali. C’è una sorta di arroccamento che manda un messaggio sbagliato all’esterno. Se non si conoscesse l’impegno quotidiano di tante persone contro la camorra, verrebbe  da accomunare questi messaggi a quelli che per anni hanno detto “qui la mafia non esiste”.

Nei confronti di “Occupyscampia” si finisce per fare ragionamenti come quelli nei confronti degli immigrati: “Mi fanno sentire straniero a casa mia”. Sono echeggiati spesso a Castel Volturno questi ragionamenti. C’è sempre un diverso, uno straniero da dover fermare alle porte per evitare l’invasione. E’ la “paura dell’Altro”, quando l’Altro non si conosce. Basterebbe fermarsi un attimo e non continuare a scavare solchi profondi per contribuire a creare un fronte comune. Non è poi così difficile. C’è una sensibilità comune su certi temi e, soprattutto, c’è già una base comune di molti dei protagonisti di questa vicenda (forse loro stessi non lo sanno), ed è la vicinanza all’associazione Libera. Si potrebbe partire da qui per compattare il fronte e marciare uniti contro la camorra.

*tratto da www.liberainformazione.org

Segui la diretta su twitter su #occupyscampia

 


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