di Giorgio Bocca -
da L'Espresso
L'orrore per la ferocia e le stragi si dilegua di fronte al loro fascino perverso. I sostenitori delle guerre, anche i più stolti e corrotti, trovano ascolto
Autostrada Milano Laghi: lo scempio, l'orrore, l'anarchia. E lo si reputa il luogo più ricco, più avanzato del paese. Decine di migliaia di fabbrichette e di villette padronali a schiera lungo un nastro di asfalto recintato da barriere antisuono in materiale di plastica o di vetro, carcerario. Attraverso, dietro le villette a schiera, vedi brani di campagna incoltivata, sterile. Tutta la produzione assiepata lungo l'autostrada è di consumi identici nella loro monotona varietà : migliaia di dentifrici, detergenti, lampadari, televisori, mobili, attrezzi, saponi per barba, sughi, abiti eccetera, eccetera. Uno che vale l'altro e non c'è ragione al mondo perché ce ne siano tanti e che competano dato la modesta qualità .Ognuno dei padroncini ha dovuto costruirsi la sua villetta, tanto che non c'è più uno spazio libero da Arese a Busto Arsizio: una a ridosso dell'altra, a perdita d'occhio. Nei 'secoli bui' ogni borgo aveva il suo disegno urbano, le sue regole, ma ora, nell'era del progresso, siamo al caos dei 'particolari' e dei loro geometri. Ma ve l'immaginate voi se Siena o Firenze o Venezia fossero state abbandonate alle licenze dei privati?
Nell'autostrada il fiume delle automobili è continuo. Se non corri o se non esci ti spazza via. Ma appena esci altre decine di migliaia di auto sono alla posta come dei caimani, piatte, lunghe, di latta ogni piccola via, ogni sentiero ostruiti, uomini e donne che escono o che entrano nelle scatole di latta con pacchi e sudori e voci tonanti. Ecco la cosa orrenda del nuovo mondo, del simil America, cintato, vietato, privato e sommerso dal troppo. � il progresso? Ma no, è la corsa al peggio scambiato per modernità . Fra Milano e i laghi, prendere o lasciare, questo è il modo di vita infernale. Non c'è scelta. Era uno dei luoghi più belli e civili della Italia ricca; è l'inferno dei piccoli borghesi che non lo sanno e se lo disputano.
Guardando l'Italia e altri modelli di sviluppo selvaggi vien da chiedersi: ma perché facciamo regolarmente ciò che non deve essere fatto? Perché, come diceva l'apostolo Paolo, - me lo ricorda il biblista Paolo Ricca- "in me si trova il volere ma non il modo di compiere il bene. Il bene che voglio non lo faccio, ma il male che non voglio quello lo faccio".Le complicità del male, dice Ricca, dilaga a tutti i livelli e nella stragrande maggioranza delle persone. Per fare un solo esempio: chi ha lanciato la bomba assassina su Hiroshima non è quello che l'ha inventata. Il problema è spiegare come mai il male che nessuno vuole viene però praticato su così larga scala, con una catena di complicità , appunto, che finisce per coinvolgere tutti o quasi.
Come mai il male trova tanti alleati a tutti i livelli, dai più elevati ai più infimi? Come mai il male esercita un fascino così irresistibile su ogni uomo o quasi che così facilmente ne diventa complice in mille modi? Perché non c'è o c'è così poco una resistenza al male? Dice bene Paolo Ricca e le guerre contemporanee ne sono la controprova. L'orrore per la ferocia e le stragi si dilegua di fronte al loro fascino perverso. I sostenitori delle guerre, anche i più stolti, anche i più corrotti che patentemente lo fanno per tornaconto, trovano ascolto. Chi sostiene il male sostiene qualcosa che fa parte di noi e di cui siamo correi.
La lotta contro questo congenito piacere per il male è disperante: hai spiegato le cento, le mille volte che la guerra non serve, che la guerra è il male e il realista, il machiavellico di turno sta già ripetendo che questa è la vita, la nostra natura, la realtà .
Forse è l'ora di indire una rivoluzione culturale per la pace possibile, per la pace che faccia giustizia dei luoghi comuni e dei pregiudizi come la si fece della usanza di stringere la mano con la destra per dimostrare che non tenevi un pugnale.