di Francesca Romana Elisei
Câ??è censura e censura. Una, più raffinata, che si fonda sulla proliferazione della chiacchiera, sulla banalizzazione del pensiero, sulla ridicolizzazione della critica e unâ??altra che si fonda semplicemente sulla repressione del dissenso e sullâ??obbligo al silenzio. Il sequestro di Indymedia appartiene brutalmente alla seconda categoria.
Ma cosâ??è Indymedia? Una congrega di simpatici quanto innocui smanettoni informatici? Una rete di pericolosi fiancheggiatori del terrorismo? Né lâ??uno né lâ??altro.
Indymedia è il frutto di una battaglia sulla comunicazione che non è più semplicemente una battaglia per unâ??informazione obiettiva e indipendente. La missione degli indymediani è quella di riappropriarsi dei media in quanto mezzi di produzione: produzione di idee, di senso, di bisogni e desideri. La missione, più velleitariamente, è scardinare una delle macchine che alimentano quello che gli attivisti del web definiscono capitale del pensiero unico: i media mainstream. Lâ??abbattimento dei costi dei mezzi di produzione delle immagini, la diffusione delle conoscenze tecnologiche, la libertà di accesso garantita da Internet, hanno contribuito a dilatare il terreno della comunicazione che non è più soltanto cosa dei grandi gruppi, pubblici e privati, ma luogo di incontro e sperimentazione di gruppi di base, artisti, agitatori politici e sociali. Nei forum di Indymedia, nelle mailing list, si incontrano giovani e meno giovani convinti che la tv e i grandi giornali non riescano a raccontare la realtà nelle sue numerose e contraddittorie sfaccettature.
E allora decidono di fare informazione da soli, aggirando la mediazione professionale di giornalisti e redazioni, imbracciando le armi della rivoluzione tecnologica: telecamere, macchine fotografiche, sistemi di montaggio digitalizzati e soprattutto Internet. In sostanza aderendo al progetto Indymedia. Un progetto a maglie larghe che lascia ampi margini di libertà , che si basa sulla molteplicità delle idee e degli apporti creativi, che fonda il suo funzionamento sui principi dellâ??orizzontalità , del libero accesso, della condivisione dei saperi, che bandisce ogni forma di censura. La politica di Indymedia la fanno gli utenti. Sono loro a determinare i contenuti così come dovrebbero essere loro a vedersela con i cretini che in forme più o meno blande inneggiano allâ??uccisione dei soldati italiani a Nassirya. Il vero potenziale eversivo di questo network globale consiste nel proporre nuovi modelli di comunicazione, di organizzazione, di socialità . Che la mannaia della censura tenti (invano) di fermare Indymedia è cosa che fa paura. Ma forse a far paura ancora di più è proprio Indymedia. Perché consente a chiunque di riappropriarsi della parola e di praticare la democrazia non solo come rappresentazione del reale ma anche e soprattutto come sperimentazione del possibile.