di Elisabetta Reguitti
"La domanda è se un “Giorno della Memoria” serve; se non è un meccanismo di ripetizione, che evoca un evento, ma esenta dal partecipare in prima persona. Basta l’automatismo della data, un minimo di rispettosa citazione per aver compiuto un dovere. Se quel dovere non c’era, più o meno, tutto andava avanti come prima: buoni, cattivi, un’immensa zona grigia. Quel che è stato è stato e ci pensa la storia che, comunque, in momenti diversi viene riscritta. So che la domanda “serve un Giorno della Memoria?” è inutile, perché gettata nel vuoto. Ma ho voluto ripeterla perché sono il proponente e autore di quella legge. E perché la domanda viene proposta davvero. E non solo da persone irritate che hanno voglia di ricordare altre cose. Ma anche — con profonda buona fede — da persone che temono che un’iniziativa, buona quanto si vuole, sia però o sbagliata o inutile."
Così scrive l’onorevole Furio Colombo per il quale il “Giorno della Memoria” ha rappresentato il principale impegno quando era deputato dell’Ulivo nella tredicesima legislatura (maggioranza centrosinistra e governi Prodi, D’Alema e Amato) Camera e Senato hanno votato la prima legge italiana per l’istituzione di un Giorno della Memoria.
Unica legge approvata all’unanimità ha come punto di riferimento la Shoah, insieme al ricordo di tutti coloro che hanno pagato con la vita la loro coraggiosa opposizione politica o la loro presunta diversità.
Che significato doveva avere istituire questa giornata?
Interrompere il cerchio secondo cui la Shoah era parte della guerra e dentro la guerra. Un capitolo della cattiveria dei tedeschi quindi. Dal canto loro film, bibliografia e il lungo silenzio dei supersiti e dei sopravvissuti ci aveva persuaso che si trattasse di un delitto tedesco.
C’era chi diceva che i tedeschi si erano comportati male, per alcuni era stata una grande ingiustizia per altri un orrendo progetto nei confronti degli Ebrei. L’idea insomma era che fosse stato un delitto commesso da altri. Nella mia prima proposta (caduta per il cambio della data) ho subìto un violento fuoco di sbarramento da parte di Forza Italia e da molta An ma anche sussurri e grida di una parte della sinistra che temeva la glorificazione a favore di Israele.
Perché in Italia?
Allora l’obiezione principale alla quale ho dovuto fare fronte era che anche nei gulag sovietici erano stati compiuti delitti così come nelle foibe. Mi suggerivano quindi di promuovere una giornata per ricordare tutte le vittime assieme. A questa corrente di pensiero ho sempre risposto che stavo parlando, piuttosto, di un delitto tutto italiano perché le leggi nei confronti degli Ebrei, nella loro formulazione, sono state persino più gravi di quelle tedesche. Di certo sono state diverse le modalità operative nell’applicarle ma l’ Italia è stata complice dello sterminio perché di fatto si privavano i cittadini ebrei-italiani (in contrasto con lo statuto Albertino allora in vigore) di qualsiasi diritto civile umano e giuridico.
Istituire un “Giorno della Memoria” ha significato illuminare un delitto tutto italiano perpetrato in pieno ventesimo secolo interrompendo la malformazione e l’illusione che si trattasse solo di una immane cattiveria tedesca.
Ha ancora senso celebrare un “Giorno della Memoria”?
Ha certamente senso a giudicare dalla scarsità di informazioni e l’incapacità delle scuole di insegnare ciò che è accaduto. Ha senso anche perché siamo stati testimoni del negazionismo di laici e religiosi impegnati nel tentativo di fingere che tutto quanto non fosse accaduto. Un tentativo sempre in agguato.
Dal suo punto di vista esiste una connessione tra quello che è accaduto con le leggi razziali e ciò che potrebbe accadere nel nostro Paese rispetto ai fatti di razzismo e xenofobia?
Molto prima di ciò che chiamiamo Olocausto Paesi come Francia, Germania e gli stessi Stati Uniti sono stati percorsi da piccoli episodi di antisemitismo che hanno più o meno attraversato tutto il mondo occidentale anche se l’ideologia politica li ha cristallizzati solo in Germania e in Italia. Prima era un brulicare di episodi definiti “non così gravi”. Ma in realtà erano segni premonitori del successivo sterminio; le leggi razziali non avvengono di colpo ma gradualmente e attraverso il peggioramento della condizione dell’ umanità.
Il pericolo è sempre in agguato perché fatti erroneamente considerati sporadici vengono sottoposti ad una politicizzazione che nasconde l’esplosione dell’evento stesso.
Spesso si considera l’Italia un Paese senza Memoria. Che peso ha in questo l’informazione?
Per una volta cambierei il capo di imputazione nel senso che l’informazione per sua natura si nutre di attualità e non di memoria. Ma la vera colpa del sistema dell’informazione è che se avvengono tre gravi fatti razziali è come se fossero isolati. Viene accreditata l’idea che sia solo colpa di balordi e che non sussista alcun legame tra quanto è accaduto. Ogni volta l’informazione è come se ricominciasse da capo. I fatti di Rosarno oggi sembrano ormai lontanissimi e se accadessero situazioni simili potremmo contare, forse, al massimo su di un inciso tipo “come accaduto a Rosarno”.
Ecco quindi personalmente all’ informazione in particolare quella televisiva rimprovero l’assoluta mancanza di sistematicità. La mancanza di memoria invece è una grave colpa della scuola italiana.