Articolo 21 - INTERNI
Verso una societa' multiculturale, passando per la religione
di Gian Mario Gillio*
«La religione, spesso, è il riferimento più forte che un uomo e una donna portano
con sé dalla loro terra d’origine. Talvolta l’unico riferimento rimasto. Le comunità
religiose sono i luoghi dove immigrati, talvolta spaesati, ritrovano il clima della
propria terra e il conforto dei valori e della fede». Così il Ministro della
Cooperazione Internazionale e dell’Integrazione, Andrea Riccardi, ha aperto i lavori
della Conferenza permanente, da lui voluta e istituita, su “Religioni, Cultura e
Integrazione” e presentata ai giornalisti presso la Sala Polifunzionale della
presidenza del Consiglio il 17 marzo. Al tavolo dei relatori, coordinata da Marco
Impagliazzo presidente della Comunità di Sant’Egidio, la ministra dell’interno Anna
Maria Cancellieri, il presidente del Censis Giuseppe De Rita e il prefetto Mario
Morcone, Capo di gabinetto. In apertura il Ministro Riccardi e la ministra
Cancellieri hanno voluto dedicare un minuto di raccoglimento all’esecrabile attentato di Tolosa
contro l’asilo ebraico, nel quale hanno perso la vita quattro persone, di cui tre bambine.
La Conferenza permanete dunque non è, come già avvenuto nel passato una Consulta
delle religioni e per le religioni, ha velatamente sotteso Riccardi, ma ha la
pretesa di essere qualcosa di più. «Le comunità religiose e i loro responsabili – ha
proseguito il ministro nel suo intervento – possono essere mediatori per
l’integrazione virtuosa nella società italiana: un’integrazione, che non significhi
azzeramento del proprio patrimonio religioso e culturale, ma che sia apertura alla
lingua, alla cultura e all’identità italiana. Non vogliamo – ha sottolineato – che
gli immigrati si spoglino del loro patrimonio, ma nemmeno che non siano partecipi
della nostra comunità nazionale, che ha una sua identità». All’incontro di
presentazione tanti gli invitati: i rappresentanti religiosi cattolici Giancarlo
Perego direttore della Fondazione Migrantes e Gino Battaglia, direttore dell’Ufficio
nazionale per l’ecumenismo e il dialogo della
Cei e con loro, così si poteva percepire, il mosaico, seppur non completo, di fedi
presenti in Italia: Sikh, induisti, buddisti ed ebrei. Anche il variegato mondo
islamico era ben rappresentato, ricordo appena: Yahya Pallavicini della Comunità
religiosa islamica (Coreis); Abdellah Redouane, segretario generale del Centro
islamico culturale d’Italia; Izzedin Elzir dell’Unione delle comunità islamiche
d’Italia (Ucoii). Tra i partecipanti cristiani protestanti ed evangelici, Massimo
Aquilante, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei)
e Paolo Naso in rappresentanza della Chiesa valdese. Jonathan Boardman
rappresentava la Chiesa anglicana. Tra gli ortodossi padre Symeon del patriarcato
ecumenico di Costantinopoli; Ieromonaco Antoniy Sevryuk del patriarcato di Mosca e
il vescovo Siluan della diocesi ortodossa romena d’Italia.
Un iniziativa istituzionale coraggiosa e importante. Mettere insieme mondi diversi,
e ancora una volta, partendo da ciò che può unire e non dividere come la cultura e
l’integrazione, ma con parresia, franchezza, per arrivare ad un tavolo di lavoro
comune e condiviso tra esponenti di fedi diverse e operatori culturali e
intellettuali, per gettare nuove basi tese a favorire l’integrazione e la convivenza
pacifica nel nostro paese. Nel suo discorso, Riccardi ha riportato alcune cifre
importanti di un’Italia molto cambiata dal fenomeno migratorio dal punto di vista
religioso dove «i musulmani (di diverse appartenenze) sono circa 1.300.000, tra i
quasi 2.900.000 cristiani, gli ortodossi sono più di 1.500.000 (un terzo degli
immigrati), più di 150.000 sono i buddisti, meno di 100.000 gli induisti, 60.000 i
Sikh». Appare chiaro quanto il dialogo con la comunità ortodossa sia importante
oggi. Lo scenario italiano sempre più plurireligioso in seguito
all’immigrazione rende necessario l’incontro tra le fedi attraverso un dialogo non
solo ecumenico ma interreligioso.
È sembrato tuttavia un ossimoro quando Riccardi ha affermato: «L’Italia è un paese
laico, consapevole del ruolo delle religioni nella vita sociale. Per questo ha
stabilito un concordato con la chiesa cattolica, la più forte confessione religiosa
del paese e dalla storia molto antica (anche se – ha voluto ricordare il ministro
che – la più antica Comunità italiana è quella ebraica insediata a Roma, prima di
cristo); ha realizzato Intese tra lo Stato e alcune confessioni religiose secondo
l’articolo 8 della Costituzione». Proprio la legge, e lo ha ben ricordato il
ministro, può decretare, sancire e riconoscere tra Stato e comunità di fede i
rapporti istituzionali. Purtroppo tra le fedi invitate all’incontro sia musulmani
che Sikh sono lontani da questo riconoscimento e sono ancora disciplinati grazie
alle leggi del 1929 dei «culti ammessi», con tutte le difficoltà e implicazioni che
ciò comporta, solo due esempi: l’impossibilità
di vedersi riconosciuti in modo paritario alle confessioni dotate di Intese, o al
Concordato, e di poter edificare luoghi di culto riconosciuti, cosa che spesso
suscita e scatena dibattiti politici strumentali.
Induisti e buddisti, vivono invece una loro via crucis e sono in attesa, ormai da
molti anni, di veder riconosciuta l’Intesa con lo Stato italiano.
Dunque tra i temi che speriamo si possano affrontare e portare in discussione nel
Parlamento italiano, potrebbero esserci ad esempio l’attuazione delle Intese, in
attesa e una discussione sulla possibilità di istituire una legge sulla libertà
religiosa che darebbe slancio ad un paritario dialogo interreligioso e culturale.
«Il messaggio da trasmettere agli immigrati – ha ricordato Riccardi – è la
richiesta di rispettare le regole della convivenza civile, ma anche che tutti, nel
nostro Paese, hanno qualificati diritti», il Governo italiano, infatti, ha ridotto
del 2% la tassa sul money transfert, come atto di particolare attenzione agli
immigrati, considerando che le rimesse sono «una sicura forma di cooperazione con i
Paesi in via di sviluppo», ma rimangono aperti ancora molti nodi da districare.
Tra i temi che la Conferenza permanente dovrà necessariamente affrontare, oltre al
ruolo attivo che le comunità di fede hanno come mediatori culturali e di sostegno
attivo per l’accoglienza di immigrati, ricordando il ruolo attivo delle chiese
cattoliche ed evangeliche italiane in questa direzione, ci saranno anche i rapporti
che le istituzioni religiose, carenti, chiedono al Parlamento italiano, per giungere
ad una regolamentazione dei rapporti tra le parti.
Accogliamo con speranza questa iniziativa istituzionale e ci auguriamo che
nell’inseguire i suoi obiettivi, il neonato organo abbia ben presente che la laicità
delle istituzioni dev'essere il punto cardine intorno al quale costruire una società
pluri-confessionale e multiculturale.
*direttore della rivista "Confronti"
con sé dalla loro terra d’origine. Talvolta l’unico riferimento rimasto. Le comunità
religiose sono i luoghi dove immigrati, talvolta spaesati, ritrovano il clima della
propria terra e il conforto dei valori e della fede». Così il Ministro della
Cooperazione Internazionale e dell’Integrazione, Andrea Riccardi, ha aperto i lavori
della Conferenza permanente, da lui voluta e istituita, su “Religioni, Cultura e
Integrazione” e presentata ai giornalisti presso la Sala Polifunzionale della
presidenza del Consiglio il 17 marzo. Al tavolo dei relatori, coordinata da Marco
Impagliazzo presidente della Comunità di Sant’Egidio, la ministra dell’interno Anna
Maria Cancellieri, il presidente del Censis Giuseppe De Rita e il prefetto Mario
Morcone, Capo di gabinetto. In apertura il Ministro Riccardi e la ministra
Cancellieri hanno voluto dedicare un minuto di raccoglimento all’esecrabile attentato di Tolosa
contro l’asilo ebraico, nel quale hanno perso la vita quattro persone, di cui tre bambine.
La Conferenza permanete dunque non è, come già avvenuto nel passato una Consulta
delle religioni e per le religioni, ha velatamente sotteso Riccardi, ma ha la
pretesa di essere qualcosa di più. «Le comunità religiose e i loro responsabili – ha
proseguito il ministro nel suo intervento – possono essere mediatori per
l’integrazione virtuosa nella società italiana: un’integrazione, che non significhi
azzeramento del proprio patrimonio religioso e culturale, ma che sia apertura alla
lingua, alla cultura e all’identità italiana. Non vogliamo – ha sottolineato – che
gli immigrati si spoglino del loro patrimonio, ma nemmeno che non siano partecipi
della nostra comunità nazionale, che ha una sua identità». All’incontro di
presentazione tanti gli invitati: i rappresentanti religiosi cattolici Giancarlo
Perego direttore della Fondazione Migrantes e Gino Battaglia, direttore dell’Ufficio
nazionale per l’ecumenismo e il dialogo della
Cei e con loro, così si poteva percepire, il mosaico, seppur non completo, di fedi
presenti in Italia: Sikh, induisti, buddisti ed ebrei. Anche il variegato mondo
islamico era ben rappresentato, ricordo appena: Yahya Pallavicini della Comunità
religiosa islamica (Coreis); Abdellah Redouane, segretario generale del Centro
islamico culturale d’Italia; Izzedin Elzir dell’Unione delle comunità islamiche
d’Italia (Ucoii). Tra i partecipanti cristiani protestanti ed evangelici, Massimo
Aquilante, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei)
e Paolo Naso in rappresentanza della Chiesa valdese. Jonathan Boardman
rappresentava la Chiesa anglicana. Tra gli ortodossi padre Symeon del patriarcato
ecumenico di Costantinopoli; Ieromonaco Antoniy Sevryuk del patriarcato di Mosca e
il vescovo Siluan della diocesi ortodossa romena d’Italia.
Un iniziativa istituzionale coraggiosa e importante. Mettere insieme mondi diversi,
e ancora una volta, partendo da ciò che può unire e non dividere come la cultura e
l’integrazione, ma con parresia, franchezza, per arrivare ad un tavolo di lavoro
comune e condiviso tra esponenti di fedi diverse e operatori culturali e
intellettuali, per gettare nuove basi tese a favorire l’integrazione e la convivenza
pacifica nel nostro paese. Nel suo discorso, Riccardi ha riportato alcune cifre
importanti di un’Italia molto cambiata dal fenomeno migratorio dal punto di vista
religioso dove «i musulmani (di diverse appartenenze) sono circa 1.300.000, tra i
quasi 2.900.000 cristiani, gli ortodossi sono più di 1.500.000 (un terzo degli
immigrati), più di 150.000 sono i buddisti, meno di 100.000 gli induisti, 60.000 i
Sikh». Appare chiaro quanto il dialogo con la comunità ortodossa sia importante
oggi. Lo scenario italiano sempre più plurireligioso in seguito
all’immigrazione rende necessario l’incontro tra le fedi attraverso un dialogo non
solo ecumenico ma interreligioso.
È sembrato tuttavia un ossimoro quando Riccardi ha affermato: «L’Italia è un paese
laico, consapevole del ruolo delle religioni nella vita sociale. Per questo ha
stabilito un concordato con la chiesa cattolica, la più forte confessione religiosa
del paese e dalla storia molto antica (anche se – ha voluto ricordare il ministro
che – la più antica Comunità italiana è quella ebraica insediata a Roma, prima di
cristo); ha realizzato Intese tra lo Stato e alcune confessioni religiose secondo
l’articolo 8 della Costituzione». Proprio la legge, e lo ha ben ricordato il
ministro, può decretare, sancire e riconoscere tra Stato e comunità di fede i
rapporti istituzionali. Purtroppo tra le fedi invitate all’incontro sia musulmani
che Sikh sono lontani da questo riconoscimento e sono ancora disciplinati grazie
alle leggi del 1929 dei «culti ammessi», con tutte le difficoltà e implicazioni che
ciò comporta, solo due esempi: l’impossibilità
di vedersi riconosciuti in modo paritario alle confessioni dotate di Intese, o al
Concordato, e di poter edificare luoghi di culto riconosciuti, cosa che spesso
suscita e scatena dibattiti politici strumentali.
Induisti e buddisti, vivono invece una loro via crucis e sono in attesa, ormai da
molti anni, di veder riconosciuta l’Intesa con lo Stato italiano.
Dunque tra i temi che speriamo si possano affrontare e portare in discussione nel
Parlamento italiano, potrebbero esserci ad esempio l’attuazione delle Intese, in
attesa e una discussione sulla possibilità di istituire una legge sulla libertà
religiosa che darebbe slancio ad un paritario dialogo interreligioso e culturale.
«Il messaggio da trasmettere agli immigrati – ha ricordato Riccardi – è la
richiesta di rispettare le regole della convivenza civile, ma anche che tutti, nel
nostro Paese, hanno qualificati diritti», il Governo italiano, infatti, ha ridotto
del 2% la tassa sul money transfert, come atto di particolare attenzione agli
immigrati, considerando che le rimesse sono «una sicura forma di cooperazione con i
Paesi in via di sviluppo», ma rimangono aperti ancora molti nodi da districare.
Tra i temi che la Conferenza permanente dovrà necessariamente affrontare, oltre al
ruolo attivo che le comunità di fede hanno come mediatori culturali e di sostegno
attivo per l’accoglienza di immigrati, ricordando il ruolo attivo delle chiese
cattoliche ed evangeliche italiane in questa direzione, ci saranno anche i rapporti
che le istituzioni religiose, carenti, chiedono al Parlamento italiano, per giungere
ad una regolamentazione dei rapporti tra le parti.
Accogliamo con speranza questa iniziativa istituzionale e ci auguriamo che
nell’inseguire i suoi obiettivi, il neonato organo abbia ben presente che la laicità
delle istituzioni dev'essere il punto cardine intorno al quale costruire una società
pluri-confessionale e multiculturale.
*direttore della rivista "Confronti"
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