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Al Azhar rompe con il Vaticano
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di Alessandro Speciale

Al Azhar rompe con il Vaticano

L’imam dell’università Al Azhar del Cairo, il più grande centro di ricerca religiosa dell’islam sunnita, Ahmed El-Tayeb ha annunciato di voler sospendere ogni dialogo con il Vaticano a causa delle parole di papa Benedetto XVI sulla condizione dei copti in Egitto. La decisione,scrive il sito del quotidiano egiziano Al Ahram, è stata resa nota oggi dopo una riunione di emergenza dei membri del consiglio accademico. La sospensione è a tempo indeterminato.

Si tratta di un colpo non da poco per il Vaticano che in questi anni – dopo il famoso discorso di papa Ratzinger a Ratisbona – ha lavorato intensamente per rafforzare i rapporti con le principali autorità islamiche a livello mondiale. Benedetto XVI ha da poco annunciato, inoltre, che parteciperà in autunno ad una riedizione dell’incontro interreligioso di Assisi del 1986 – malgrado lo scetticismo che aveva sempre dimostrato da cardinale nei confronti di queste iniziative. Ma il crescere delle violenze contro i cristiani da parte di frange fondamentaliste in varie parti del mondo e le difficoltà delle comunità cristiane del Medio Oriente, con la necessità di rispondere con un segno forte a chi sfrutta l’identità religiosa per far salire la tensione, hanno avuto la meglio sulle considerazioni teologiche.

Tuttavia nei giorni scorsi il Pontefice ha rilanciato con forza il tema delle persecuzioni dei cristiani, appellandosi alla comunità internazionale affinché faccia sentire la sua voce e intervenga per fermare le violenze,i n particolare nei Paesi del Medio Oriente.  Affermazioni che sono state valutate come un’ulteriore ingerenza da parte occidentale, negli equilibri e nei problemi interni dei Paesi arabi. Un intervento giudicato fin troppo politico e distante dal ruolo religioso di Benedetto XVI.  Di qui la portata dell’annuncio di oggi: Al Azhar ha con il Vaticano un dialogo teologico costante, con incontri bilaterali ogni due anni. L’imam El-Tayeb è anche spesso ospite degli incontri interreligiosi organizzati dalla Comunità di Sant’Egidio ed è uno dei firmatari della Lettera dei 138 intellettuali islamici che ha messo su un nuovo piano il dialogo interreligioso tra le tre fedi monoteiste.

Ma in Egitto, appunto, non sono andate giù le parole del Papa dello scorso 10 gennaio al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. In quell’occasione, il Vaticano aveva deciso di fare la voce grossa sul tema della libertà religiosa, alla luce soprattutto dell’attacco contro la Chiesa cristiana copta di Alessandria il giorno di Capodanno:

Sì, guardando verso l’Oriente, gli attentati che hanno seminato morte, dolore e smarrimento tra i cristiani dell’Iraq, al punto da spingerli a lasciare la terra dove i loro padri hanno vissuto lungo i secoli, ci hanno profondamente addolorato. Rinnovo alle Autorità di quel Paese e ai capi religiosi musulmani il mio preoccupato appello ad operare affinché i loro concittadini cristiani possano vivere in sicurezza e continuare ad apportare il loro contributo alla società di cui sono membri a pieno titolo. Anche in Egitto, ad Alessandria, il terrorismo ha colpito brutalmente dei fedeli in preghiera in una chiesa. Questa successione di attacchi è un segno ulteriore dell’urgente necessità per i Governi della Regione di adottare, malgrado le difficoltà e le minacce, misure efficaci per la protezione delle minoranze religiose… A tale riguardo, apprezzo l’attenzione per i diritti dei più deboli e la lungimiranza politica di cui hanno dato prova alcuni Paesi d’Europa negli ultimi giorni, domandando una risposta concertata dell’Unione Europea affinché i cristiani siano difesi nel Medio Oriente.

Parole che nel Medio Oriente sono state interpretate come una ingerenza intollerabile. “Non condividiamo l’opinione che i cristiani siano perseguitati nella nostra parte del mondo”,aveva detto senza mezzi termini l’ambasciatore egiziano presso la Santa Sede, Lamia Aly Mekhemar, prima di partire per il Cairo dove era stata richiamata dal proprio governo per consultazioni. “Persecuzione – aveva aggiunto – è una parola grossa, per dimostrare che c’è una persecuzione bisogna stare molto attenti, è un termine legale che non puo’ essere usato a caso”.

Anche la Lega Araba aveva protestato, così come la stessa Al Azhar. Ma in un Egitto messo in fibrillazione dal successo della rivolta di piazza in Tunisia, le proteste non bastavano: serviva il gesto clamoroso. Che però non potrà non provocare a cascata altre reazioni.


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