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Articolo 21 - Editoriali
Una grande mobilitazione della rete per San Suu Kyi libera
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di Sandra Zampa

Per la seconda volta in pochi giorni e nonostante l’allarme internazionale sul suo stato di salute, la giunta militare al potere in Birmania ha negato l’autorizzazione al medico che chiedeva di poter visitare Aung San Suu Kyi. La leader dell’ opposizione e premio Nobel per la pace soffre di ipotensione e disidratazione. Non mangia ed è molto debole. La preoccupazione per le sue condizioni fisiche cresce di giorno in giorno. E’ quanto riferisce il portavoce della Lega Nazionale per la Democrazia in una intervista alla CNN che ha lanciato l’allarme internazionale sulle condizioni del premio Nobel. Da venerdì scorso nessun medico ha potuto visitare la straordinaria protagonista della battaglia per la democrazia e la libertà in Birmania.  L’ultimo ad avere potuto incontrare Aung San Suu Kyi è stato il dottor Pyone Moe Ei, a seguito dell’arresto del suo medico personale, Tin Myo Win, che ha avuto luogo giovedì scorso senza che siano state rese note le motivazioni.  Tutto ciò che  sappiamo è che l’arresto è avvenuto dopo che un cittadino americano si era introdotto furtivamente nell’abitazione dove la leader della Lega Nazionale per la Democrazia è costretta da 19 anni. L’uomo che ha raggiunto la casa di Suu Kyi a nuoto dal lago vi avrebbe trascorso due giorni prima di essere arrestato mentre ripartiva. "Si liberi Aung San Suu Kyi dagli arresti domiciliari a cui è costretta da troppi anni e le si consenta di essere curata in modo adeguato", ha dichiarato in una nota l'inviato speciale dell'Unione europea per la Birmania/Myanmar, Piero Fassino. "Le notizie di uno stato di salute precario e infermo di Aung San Suu Kyi - ha aggiunto Fassino - non possono che destare preoccupazione e allarme e non può più essere accettata che la leader dell'opposizione politica birmana continui ad essere in una condizione di restrizione che pregiudica anche il suo diritto a curarsi".
In queste ore siamo raggiunti anche da una notizia diffusa dal Ciaopeople Magazine secondo il quale in una classifica dei 10 paesi nemici dei blog (e dei blogger) è in testa proprio la Birmania, seguita da Iran e Siria. Ed è proprio a difesa dei diritti dei blogger che l'associazione americana Committee to Protect Journalists (CPJ) ha dato alla luce la classifica dei 10 Paesi "nemici" dei diari on-line.

Nello stato asiatico le istituzioni sottopongono regolarmente a censura i blog diffusi in rete. Ma il regime birmano, esattamente come tutte le dittature, si accanisce anche contro ogni forma di comunicazione e informazione.  Il regista Maung Thura, detto Zarganas ("Pinzetta"),  l'anno scorso è stato condannato a 59 anni di carcere. La sua colpa è stata quella di mettere in cattiva luce la giunta militare, pubblicando immagini della distruzione causata dal ciclone Nargis.  Nel 2007  l'accesso a internet  è stato bloccato.  "I blogger sono l’avanguardia della rivoluzione dell’informazione. Ma i governi stanno imparando rapidamente come usare la tecnologia contro di loro per censurare, filtrare, limitare l’accesso a internet" sottolineano dal CPJ  "e quando tutto il resto fallisce, le autorità semplicemente incarcerano alcuni blogger per intimidire il resto della comunità on-line e spingerla così al silenzio e all’autocensura".
 
L’informazione e la comunicazione fanno paura ai regimi, ai dittatori e a tutti coloro che non amano la democrazia e la libertà. Aung San Suu Kyi ha bisogno di noi: usiamo internet per rivolgere appelli e mobilitare l’opinione pubblica chiedendo che venga oggi curata e domani, quando gli arresti domiciliari arriveranno a scadenza- il 27 maggio- venga restituita alla libertà. Mobilitiamoci noi tutti per primi per  trascinare la comunità internazionale a un impegno straordinario. Aung San Suu Kyi torni libera.

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