di Maurizio Michelini
Complimenti a D'Avanzo, per le "Dodici domande a Berlusconi" e al direttore Ezio Mauro, che ha firmato la "Risposta al premier" sulla Repubblica di ieri. Leggendoli sembrava di essere ritornati ai tempi dell'inpeachment di Nixon e dei coraggiosi giornalisti del Washington Post, oppure della messa in stato di accusa del presidente "picconatore" Cossiga.
Il punto è che in Italia manca una tutela per i cittadini gabbati quando il primo ministro è reticente parlando in pubblico sulla verità dei fatti.
Mi spiego meglio. Nella vicenda di Casoria voluta e reclamizzata dal cavaliere (chi ha chiamato ala festa il settimanale CHI?), la prima ad essere offesa è naturalmente la moglie, la quale ha replicato da par suo avvalendosi della tutela che la legge le consente, il divorzio.
Ma non è tutto qui. Il premier ha usato come scendiletto la trasmissione di Vespa per insultare non solo la moglie, ma anche la platea dei telespettatori che hanno assistito ad un monologo in cui si accennava ai fatti di Casoria tacendo l'essenziale , cioè che il viaggio è stato tutt'altro che casuale , che egli aveva mandato al mattino la polizia e al tramonto la sua scorta personale a verificare la sicurezza del locale della festa della diciottenne Noemi. A parte l'uso improprio della scorta di Stato per i suoi fatti personali, il primo ministro ha mentito davanti ai suoi concittadini tacendo particolari essenziali che lo avrebbero messo in cattiva luce . Bene ha fatto D'Avanzo a ricordarglieli.
La vicenda assomiglia a quella del presidente Clinton. Quando scoppiò lo scandalo Lewinski, egli fu reticente sui particolari erotici, ma non mentì sulla relazione con Monica . In ogni caso fu avviata la procedura di inpeachment e dovette chiedere scusa agli americani perchè fu sentenziato che la stessa persona che si comporta con leggerezza nel privato, non può prendere rilevanti decisioni nell'esercizio delle sue funzioni pubbliche. Dunque Berlusconi deve chiedere scusa in pubblico. Non possiamo essere in eterno lo zimbello d'Europa.
In attesa che la Corte Costituzionale si pronunci sul referendum abrogativo della legge Alfano (che potrebbe essere ripresentata sotto altra forma, come avvenne per il lodo Schifani) segnalo che essa contiene anche una disparità anticostituzionale nel trattamento delle cariche interessate. Mentre il presidente della Repubblica può essere messo in stato di accusa davanti al Parlamento, viceversa il presidente del Consiglio non è tenuto a rispondere in caso di comportamenti disdicevoli e lesivi della dignità delle sue funzioni pubbliche.
La legge Alfano esonera le principali cariche dello Stato dal rispondere dei loro atti penalmente rilevanti davanti alla Magistratura. Una posizione di assoluto privilegio come questa non può sussistere, in caso di comportamenti scorretti, se non si prevede per tutte le cariche che ne godono , una corrispettiva procedura di inpeachment davanti a un'alta corte , come avvenne per l'ex Presidente Cossiga quando si mise a fare il "picconatore". Insomma, non vi possono essere due pesi e due misure.
Vorrei sapere cosa ne pensano insigni costituzionalisti come Stefano Ceccanti, Gustavo Zagrebelski e altri.