di Fernando Cancedda
L'occasione per ritornarci è data dalla brutta pagina di “papi Silvio” al compleanno di Noemi Letizia, però è un pezzo che il tema del “pubblico” e del “privato” è oggetto di studio da parte dei sociologi occidentali. Ilvo Diamanti lo ha ripreso su “Repubblica” domenica scorsa, in termini ancora più incisivi che nel passato. “La 'democrazia del pubblico' – ha scritto – si sta traducendo in 'democrazia del privato'. Dove i fatti personali e familiari diventano di pubblico interesse. Non perché sono di interesse pubblico ma perché interessano al pubblico”.
Può sembrare un gioco di parole su considerazioni tutt'altro che inedite. Non lo è. Subito dopo Diamanti cita il parere di alcuni studiosi (Crouch e Mastropaolo) secondo i quali si deve parlare “non più di 'democrazia' ma di 'post-democrazia'. Una democrazia minima. Ridotta al voto. Dove il cittadino esercita il suo potere (?) una volta ogni cinque anni. Per trenta secondi. Poi si siede davanti alla tv. E guarda. Al più risponde a un sondaggio”.
Proviamo dunque a dare un senso a quel punto interrogativo tra parentesi, perché se le cose stanno in quel modo – e il sospetto mi pare più che fondato – su quello dovrebbero riflettere i “democratici”, prima ancora di dividersi sulle leggi elettorali e sulle possibili conseguenze di un referendum. Il 'populismo mediatico' è una perversione di Berlusconi o è piuttosto una malattia degenerativa del sistema politico? E' una provvisoria “anomalia” italiana o una prospettiva che può svuotare di significato l'esercizio del diritto di voto? La legge elettorale è importante, ma solo fin quando il voto, comunque regolato, rimane in grado di dare rappresentanza e tutela ai diritti e ai bisogni dei cittadini.
Se è vero, come scrive Diamanti, che “ la distanza fra cittadino e spettatore si sta assottigliando sempre di più”, possiamo chiederci chi o che cosa difende lo spettatore dalla manipolazione crescente dei media. Se il voto può essere condizionato al punto che le tecniche 'mediatiche' di propaganda, la scelta autoritaria e 'mediatica' delle candidature, la disinformazione programmata della politica e dell'amministrazione pubblica e, last but not least, la diseducazione prodotta dalla 'spazzatura' televisiva, pesano più che la buona politica e la buona amministrazione, ecco che il principio 'una testa,un voto' non può più essere considerato né l'unico né il più decisivo fattore di una reale democrazia.
In Italia, poi. Se chi si trova al potere non sopporta né una vera opposizione parlamentare né i controlli della magistratura né la critica della stampa o la satira politica, allora neppure la Costituzione, neppure il vincolo che ci lega all'Europa sono garanzia sufficiente. Tutto potrebbe essere, prima o poi, con il consenso del cittadino-spettatore, aggiornato alla 'post-democrazia'.
Ma perché è così difficile convincere l'opinione pubblica e la stessa classe dirigente che non abbiamo un pluralismo mediatico e che senza di quello non c'è reale democrazia? Forse perché ci lasciamo fuorviare dal rosario quotidiano degli slogan politici o dal “teatrino” dei salotti televisivi, dove ciascuno recita una parte polemica e quasi mai si apprende qualcosa di nuovo. O perché ancora si tollera (a stento) qualche inchiesta di buon livello, seguita per lo più da chi ha già scelto una posizione politica.
Sbaglia la sinistra ad appagarsi di queste trasmissioni fuori dal coro, decisamente isolate nel panorama mediatico. Il pluralismo delle fonti d'informazione non c'è e, con le prossime nomine in RAI già sostanzialmente decise a palazzo Grazioli, ci sarà sempre meno. Come si spiegherebbe altrimenti che l'informazione radiotelevisiva e la maggior parte dei quotidiani diano così poca importanza alla riproduzione continua del conflitto di interessi del proprietario di Mediaset (per esempio con le imminenti decisioni della RAI sul digitale)?
Fascismo, regime sono parole vecchie, non serve ripeterle. Ma ora pare che anche la parola democrazia stia diventando obsoleta. Possiamo chiamare democrazia un sistema in cui governo, maggioranza parlamentare e media sono - e in assenza di una vera opposizione saranno prevedibilmente sempre di più - riassunti in una sola persona?