di Nicola Tranfaglia
E’ insieme deprimente e osceno dover assistere al discorso che la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato, Renato Schifani, ha pronunciato a Palermo davanti all’albero Falcone eretto di fronte all’abitazione del giudice assassinato.
Schifani, del quale sono note le telefonate intercettate con il boss mafioso Mandalà (ancora per poco, perché a giugno non ci saranno più intercettazioni note, grazie al provvido disegno di legge Alfano in via di approvazione) ha il coraggio di dire ai palermitani e agli italiani che lui, proprio lui, vuol essere il garante della pulizia della politica e della lotta contro le associazioni mafiose. E ha il coraggio di inaugurare il “villaggio della legalità”.
C’è sempre da allarmarsi quando succedono fenomeni di manipolazione come questi. Schifani si accontenti di aver raggiunto lo scranno di presidente del Senato grazie alla docilità, alla sottomissione e alle voglie del presidente del Consiglio Berlusconi, pluripregiudicato.
Non si attenti anche a far prediche o a costituire garanzie che non è in grado di mantenere. Ci vuole un minimo di decenza anche se non si occupano cariche importanti come quelle che lui ricopre.
Sto pensando - scusate se lo faccio - alla manifestazione che faremo a Palermo con Salvatore Borsellino e con tanti altri palermitani onesti per l’anniversario dell’assassinio di Paolo Borsellino e della sua scorta nell’esplosione di via D’Amelio.
Temo che, anche in quell’occasione, molti politici filomafiosi si faranno vivi e cercheranno di apparire come politici puliti e combattenti contro la mafia.
Non so se riusciremo ad apparire calmi e tranquilli come i palermitani stamane di fronte a Schifani e non diremo con la massima chiarezza che è insopportabile una così grande mistificazione. Che non si può mentire in maniera così spudorata ai cittadini esibendo una inesistente verginità di fronte ad assai note collusioni passate con Cosa Nostra.