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Articolo 21 - Editoriali
Se la politica si prende la vita
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di Giuseppe Cantarano

da L'Unità

In «Bíos» di Roberto Esposito il paradosso del potere che si occupa del vivente e favorisce la morte
Nei corsi degli anni Settanta al Collège de France, Michel Foucault andava definendo il concetto di biopolitica. Quella particolare forma del potere che viene esercitata sullâ??uomo concepito come semplice essere vivente, come immediata vita biologica. Si tratta di una novità che emerge a partire dal XVIII secolo. Mentre nella politica classica la vita biologica non era oggetto delle decisioni politiche, nellâ??età moderna chi esercita il potere non può fare a meno di dedicarsi al disciplinamento e al governo della vita umana. Cosicché, il luogo del dominio politico diventerà sempre di più la «nuda vita» degli individui, come diceva Hannah Arendt. Cioè, la vita biologica. Insomma, se nellâ??età classica il sovrano deteneva il potere di vita e di morte degli individui, il potere di far morire o lasciar vivere, a partire dal XVIII secolo il potere politico può invece far vivere e lasciar morire. Questo implica che la politica deve prendersi completamente cura del corpo degli individui. Iniziando a occuparsi, in maniera sistematica, direttamente di natalità, mortalità, profilassi, igiene e malattie epidemiologiche.
A partire da XVIII secolo la vita - meglio, il corpo - diventa pertanto un oggetto di potere. Un tempo esistevano soltanto dei soggetti giuridici, ai quali il sovrano poteva togliere dei beni, magari anche la vita. Con l'età moderna fanno ingresso nella politica corpi e popolazioni. Il potere cessa di essere giuridico. Deve trattare «cose reali - osserva Foucault - come il corpo e la vita. La vita entra nellâ??ambito del potere: è una trasformazione capitale, probabilmente una delle più importanti nella storia delle società umane».
Nel corso della modernità, tuttavia, tra politica e vita si producono spesso dei cortocircuiti che rovesciano la politica della vita nel suo contrario, ovvero, in una politica della morte. Quella politica che intende prendersi cura della vita biologica degli individui, piuttosto che proteggerli, li espone alla morte. Ai paradossali esiti «mortiferi» della biopolitica Roberto Esposito ha dedicato un libro molto bello e interessante (Bìos. Biopolitica e filosofia, Einaudi, pp. 215, euro 18,50 ). Attraverso una analitica ricognizione storica e semantica della categoria, Esposito ricostruisce la genesi moderna della biopolitica. Mettendone in luce le contraddizioni. Ad esempio, quella contraddizione che la biopolitica sperimenta in Afghanistan nel novembre 2001. A due mesi dallâ??attacco terroristico dellâ??11 settembre. Quando nei cieli dellâ??Afghanistan viene inaugurata la «guerra umanitaria». Sullo stesso territorio e nello stesso tempo, scrive Esposito, insieme a bombe ad alto potenziale distruttivo, vengono sganciati anche viveri e medicinali. Con il bombardamento umanitario, cioè, si intende difendere la vita producendo la morte.
Questo cortocircuito «mortifero» della biopolitica, tuttavia, non segna il ritiro della politica di fronte alla nuda forza, precisa Esposito. E non è neanche riducibile allo svelamento della coappartenenza originaria tra politica e male. Questo cortocircuito, scrive Esposito, «è lâ??espressione estrema che la politica può assumere quando si trova ad affrontare senza mediazioni la questione della sopravvivenza di uomini in bilico tra la vita e la morte. Per trattenerli a tutti i costi in vita, può perfino decidere di affrettarne la morte». Si pensi solo al blitz dei gruppi speciali della polizia di Stato nel teatro Dubrovska nellâ??ottobre 2002 in Russia. O allâ??analogo e più recente episodio nella scuola di Beslan. Ma si pensi soprattutto alla svolta totalitaria degli anni Trenta, in particolare al nazismo. Il quale, traducendo la vita immediatamente in politica, conferisce alla politica una connotazione esclusivamente biologica. Cosicché il negativo - lâ??incombenza della morte - non solo verrà reso funzionale alla costituzione dellâ??ordine, «ma verrà prodotto - scrive Esposito - in quantità crescente secondo una dialettica tanatopolitica destinata a condizionare il potenziamento della vita all'effettuazione sempre più allargata della morte».
La biopolitica - secondo lâ??ipotesi avanzata da Esposito - è pertanto una efficace categoria per descrivere non solo le aporie della politica moderna, ma lo stato attuale delle nostre democrazie globalizzate. Ne sono convinti il filosofo del diritto e della politica Pietro Barcellona e lo storico del pensiero politico contemporaneo Carlo Galli.
La democrazia, secondo il suo concetto, è un sistema di mediazioni - politiche, istituzionali, sociali, economiche - attraverso le quali lo Stato si prende cura della vita e del benessere fisico e psichico di ciascun individuo. Dando ad ogni soggetto il massimo valore e mettendo ogni soggetto nella condizione di esprimere al massimo le proprie energie e possibilità, osserva Galli. Anche la democrazia - puntualizza - «è quindi, come ogni altra forma di politica, governo della vita e sulla vita - biopolitica, coappartenersi di politica e vita -, benché pretenda di distinguere, sulla base del retaggio liberale, fra la politica da una parte e la liberà e lâ??autonomia dei singoli dallâ??altra» Le diverse ondate della modernità - del razionalismo moderno - possono essere descritte attraverso il paradigma immunitario che Esposito magistralmente utilizza, dice Barcellona. Un paradigma con cui egli mostra che «la moderna politica di difesa della vita, facendo ricorso ad una attenta gestione della morte da parte della sovranità - grazie al positivismo - rovescia la propria normatività razionale nellâ??infernale paradosso della tanatocrazia nazista. Che conferisce la morte in difesa della vita». Ma la rovescia anche nelle nostre democrazie globalizzate, in cui il potere e la vita si coappartengono reciprocamente.
Si coappartengono nella forma di una biopolitica negativa che ormai opera senza mediazioni, osservano Barcellona e Galli. In Italia e negli Usa, ad esempio, precisa Galli, vige la biopolitica negativa. Ovvero, «la presa della politica sulla vita in nome di â??valoriâ? cogenti. Si pensi allâ??aborto, alla fecondazione assistita, allâ??omosessualità. Ma si pensi a tutte le situazioni di crisi nel mondo, in cui la politica è determinata dalle condizioni della vita: dallâ??acqua alle sementi». Ma la biopolitica, come suggerisce Esposito nellâ??ultima parte del suo libro, può essere declinata positivamente, sottraendola ai suoi esiti «mortiferi»? Il nesso politica-vita è forse il destino catastrofico del Moderno. Ma questo destino può anche essere pensato in positivo, ritiene in maniera più convinta Galli. Mentre Barcellona nutre qualche perplessità. Come? Attraverso la produzione di norme da parte della vita secondo una libertà attiva. Il cui soggetto, però, non potrà più essere lâ??uomo della tradizione umanistica, ma lâ??uomo contemporaneo. I cui confini dal non umano sono resi sempre più impercettibili dalle biotecnologie.
La scommessa di Esposito - dice Galli - «è che non ogni biotecnologia sia negativa e che vada superato il timore superstizioso e controproducente - presente sia a sinistra che a destra - che venga contaminata la purezza identitaria del soggetto. Altro discorso vale ovviamente per la salute». Ma la politica, una volta risucchiata interamente nella nuda vita biologica, non rischia di diventare superflua, come ci lascia intravedere Esposito? Certo, la politica da sempre è dentro la vita. Oggi però vediamo la catastrofe di unâ??architettura, quella della politica moderna, che ha preteso di governare la vita da una certa distanza (la garanzia delle libertà individuali) e che invece si rivela ormai del tutto inerente la vita. Ma in modi che mortificano forme di vita vecchie e nuove. Pensare e praticare una biopolitica positiva - concludono Barcellona e Galli - non vuol dire fare a meno della politica lasciandola agli automatismi della vita. Vuol dire, invece, non cedere allâ??illusione che si possa allontanare la politica dalla vita. Vuol dire lottare contro la politica della morte e dellâ??oppressione normativa degli esseri viventi. Vuol dire scegliere una politica della vita, che è una politica di liberazione, di ibridazione, di nomadismo, di libertà positiva. No - affermano convinti sia Barcellona che Galli - la politica non diventa superflua. Deve invece trovare forme e parole nuove. E questo libro di Esposito ci aiuta a farlo.


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