di Gaetano Alessi
Tanto tuonò che piovve, e così, dopo tanti lampi a funestare l’orizzonte, la Sicilia si ritrova senza Giunta regionale. Raffaele Lombardo, governatore dell’isola per conto del centro destra, ha azzerato a sorpresa l’esecutivo. Ad un anno della più schiacciante vittoria elettorale di sempre, il centro destra siculo va in frantumi. Si staglia all’orizzonte il secondo scioglimento anticipato del parlamento, dopo quello causato dalle dimissioni di Totò Cuffaro a seguito della sentenza di condanna per appoggio esterno a singoli mafiosi. A dir la verità non era mai nato amore tra il leader del Movimento per l’autonomia ed il resto dei partiti, Pdl e Udc, che appoggiarono candidatura e vittoria dell'esponente politico catenese. Il rapporto, però, si è andato sempre più intorbidendo qualora il nuovo governatore ha cominciato a smantellare, in maniera scientifica, tutti i substrati clientelari fino a quel momento in mano ai potentati di Forza Italia e dell’Udc. Tanto che fu proprio una frase dell’ex governatore Cuffaro “Lombardo non è più amico mio”, dovuta, pare, alla sostituzione del governatore degli uomini di Totò nella Sanità, a scatenare l’inferno all’interno della coalizione. Con continui scontri culminati sui temi della Sanità (appunto), dei Rifiuti e adesso con l’azzeramento della Giunta. L'ultimo siluro era stato lanciato pochi giorni fa dal Presidente dell'Assemblea regionale siciliana, Francesco Cascio che aveva annunciato a gran voce “Quello di Raffaele Lombardo è il peggiore governo degli ultimi quindici anni”. Con immediata risposta del presidente, condita dal commissariamento in gran sordina dello Iacp, retto proprio da un uomo vicino a Cascio. Ma Lombardo tira dritto per la sua strada. Si allea con chiunque gli garantisca la vittoria finale, che sia il Pd (utile quando mancano i voti degli alleati a Sala d’Ercole) che La Destra di Storace se vi è la possibilità di superare il quorum per sbarcare in Europa. Facilitato dalle spaccature interne del partito di Berlusconi che da una parte con il coordinatore regionale Giuseppe Castiglione, uomo di Schifani e Alfano, non vede l’ora di poter regolare vecchi conti in sospeso con Lombardo, e dall’altra l’assessore al bilancio Michele Cimino, uomo di Gianfranco Miccichè, che difende a spada tratta l’operato del Governatore. In mezzo gli uomini dell’Udc che con il segretario regionale Saverio Romano attaccano, ma che non lascerebbero i banchi della maggioranza neanche sotto tortura.
Ma il Governatore ha le idee chiare (almeno Lui) "il nuovo Governo regionale – dice - deve servire il popolo siciliano e riprendere la vertenza dell'autonomia, ormai abbandonata da anni". Serve, in altre parole, un programma "essenziale che va sottoscritto da chi ci sta, qui all'Assemblea regionale siciliana, a Roma e anche a Bruxelles e perfino all'Onu...". Basta, insomma, a chi "fa ostruzionismo, così non si va da nessuna parte". Si da anche i tempi Lombardo: " tra 48 ore conoscerete i nomi della nuova Giunta" annuncia. Anche il Pd è diviso tra chi, a 10 anni di distanza, agognerebbe un altro giro di Governo e chi invece, come il Segretario regionale Genovese ritiene inaffidabile il Leader del Mpa. Due lustri or sono furono proprio Totò Cuffaro e Vincenzo Lo Giudice (15 anni in due di condanne per fatti legati alla mafia) e l’appoggio esterno di Rifondazione comunista, a consentire al diessino Angelo Capodicasa di formare un esecutivo che durò 18 mesi. Ma i Democratici assicurano che quella era un'altra storia. Anche la paventata ipotesti di “Governo istituzionale, con chi ci sta”, lanciata da uomini vicinissimi al Presidente della regione, lascia aperti scenari a 360 gradi.
Tutto è a divenire. Ma con un'unica certezza. Lombardo non ha nessuna intenzione di mollare il timone né di tornare alle urne, sapendo che gli “ammutinati” non avranno il coraggio di mandare a fondo la nave. In fondo la Sicilia non è mai stata terra d’eroi.