di Claudio Tito
da La Repubblica
ROMA - «Non capisco tutti questi distinguo. Anche Francia e Germania sono schierati sulle mie posizioni per quanto riguarda il trattato di Maastricht». Le parole pronunciate ieri da Pier Ferdinando Casini sono state lette come un altolà sia da Silvio Berlusconi, sia da Forza Italia. Un intervento che in casa forzista è apparso come l´ultimo tentativo di bloccare il taglio delle aliquote Irpef. In effetti Casini ha voluto porre dei paletti "istituzionali" alla proposta berlusconiana. Ma ha anche cercato di ricucire l´asse con Fini offrendo una possibile via d´uscita ad An, messa in un angolo dopo la promozione del vicepremier alla Farnesina.
Chi ieri è riuscito a parlare con il premier, chiuso nel suo buen retiro di Porto Rotondo, lo ha sentito soprattutto infastidito: in questa fase «non abbiamo bisogno di distinguo, ma di determinazione». Del resto, il presidente del consiglio considera ormai incassato il via libera di Alleanza nazionale dopo l´approdo del capo di Via della Scrofa agli Esteri. Il fronte centrista, quindi, a suo giudizio, rimane l´unico da convincere. Entro la prossima settimana, Palazzo Chigi vuole mettere a punto il maxi emendamento che conterrà anche l´intervento sull´Irpef. Un vertice di maggioranza (forse mercoledì) dovrebbe dare il via libera all´operazione. Dopo la scossa data venerdì a Bratislava con la minaccia di elezioni anticipate, il premier vuole utilizzare le maniere forti nei confronti dell´Udc. Se Marco Follini preferisce avere le «mani libere» non accettando l´ingresso nell´esecutivo come vicepresidente del Consiglio, allora il capo del governo sta già facendo sapere che non diventerà ministro nemmeno il compagno di partito Mario Baccini. Ma non solo. I post Dc sono chiamati al congresso tra poco più di due mesi. In quelle assise, il Cavaliere vuole giocare un ruolo e fare aleggiare la sua ombra. Sta sponsorizzando la corrente antagonista, quella capeggiata da Rocco Buttiglione. Una componente "anti-Follini" che punta a raccogliere tutti gli scontenti, a cominciare da una parte del potente partito siciliano. E non è un caso che nei giorni scorsi i maggiorenti dell´ala buttiglioniana si siano incontrati in gran segreto per discutere ancora l´opzione della scissione. Un´ipotesi poco concreta, ma in grado di indebolire la linea dura di Follini.
Forte della sponda garantita dalla Lega («Non si può fare le cicale quando si tratta di soddisfare il proprio elettorato e le formichine virtuose quando è il momento di fate l´interesse di tutti», è il messaggio di Roberto Calderoli ai centristi), Berlusconi punta tutto sulle modifiche interpretative ai parametri europei. Quelli richiamati da Casini. Sicuro della convergenza di Parigi e Berlino, spera di poter incassare il risultato al prossimo consiglio europeo del 16 dicembre. Anzi, nella sua agenda, la Camera, cui tornerà la Finanziaria per l´ultima lettura, potrebbe tatticamente aspettare il disco verde europeo per approvare la riforma fiscale. Lo sfondamento del 3%, infatti, è già messo nel conto di Palazzo Chigi. Ma in questo modo, e se mai il vertice di Bruxelles dovesse accogliere l´istanza italiana, non si tratterebbe più di una violazione del Patto.
Il monito del presidente della Camera, però, è proprio quel tipo di discussione che il Cavaliere pensava di poter archiviare con la minaccia delle elezioni anticipate. «Se si va avanti così - ripete da giorni - perdiamo pure le regionali. Non si può sempre litigare». Ma soprattutto il premier ha voluto recepire gli appelli di Forza Italia. «Ho sempre mediato le proposte altrui - si è lamentato - da oggi in poi poniamo al centro le nostre proposte e semmai facciamo qualche ritocco».