di Giulia Cusumano
Quattro Giugno, Milano, Palaghiaccio.
Sono le ultime battute di una battaglia elettorale tra
le più turbolente e squallide della storia repubblicana.
Il Presidente del Consiglio gonfia il petto come solo lui sa fare: «Assisterete a un grande cambiamento della geografia politica in Italia. Il governo è al 56 per cento dell’apprezzamento degli italiani. Berlusconi è al 74 per cento. La Lega Nord supera il 10 per cento, il Pdl è tra il 40 e il 45 per cento».
E il divieto di citare i sondaggi? “Me ne frego”, avrebbe detto un uomo del recente passato cui Berlusconi somiglia ogni giorno di più.
Sul futuro ha fatto anche una scommessa con il ministro della Difesa: «Se il Pdl supererà il 41 per cento, Ignazio La Russa si taglierà barba e baffi».
Tre le considerazioni a posteriori.
Primo: quei sondaggi che issavano l'ottimismo del Premier
fino all’incredibile- e mai violata - vetta del 45% esistevano veramente oppure erano una delle innumerevoli balle spaziali?
Secondo: sembra che la politica del "disuniti nella lotta" abbia fatto il suo tempo.
Al centrodestra, la dispersione dei voti (il numero degli elettori che hanno votato senza eleggere nessuno, causa sbarramenti) è stata minima.
A sinistra constatiamo, senza entrare nel merito dei dissensi che hanno prodotto questo risultato, che oltre il 9 % dei voti si è disperso nel vento. Si è persa una grossa occasione, se non di rimonta, di parziale riequilibrio del quadro politico.
Inutile crogiolarsi nel sollievo della lieve frenata di Berlusconi.
Inutile brindare, come oggi fanno in molti, perchè si è sgonfiata la "bolla" di Silvio.
Qui bisogna decidersi a cambiare approccio.
Terzo: La Russa avrà già disdetto l’appuntamento dal barbiere?