di Marco Calamai
Uno show di unità . Così è stata definita dal New York Times la conferenza internazionale di Sharm El Sheikh sul futuro dellâ??Iraq che si è conclusa il 23 novembre. Come dire: niente di realmente nuovo per lâ??Iraq dopo la tragedia di Falluja e le notizie sui morti (più di 50) e i feriti (quasi 900 e non si sa ancora in quali condizioni) americani nella tremenda battaglia che si è da poco conclusa nella Guernica irachena (già : quando sapremo il numero di morti e feriti iracheni?). Niente di sicuro, dice lo stesso giornale, neanche per quanto riguarda le elezioni, anche se formalmente riconfermate per il 30 gennaio 2005. Così come non è stata certo chiarita dal â??dimissionarioâ? Colin Powell la reale volontà americana di uscire dallâ??Iraq quando sarà completato il processo politico (quindi, in teoria, alla fine del 2005) così come scritto nella più volte citata Risoluzione 1546 dellâ??Onu. Lâ??incertezza sul futuro iracheno, dunque, resta intatta. Câ??è un solo dato nuovo, nella dichiarazione finale (punto 4), che vale la pena di citare: â??Questa conferenzaâ?¦ chiede al governo ad interim di riunire al più presto possibile prima delle elezioni tutte le parti politiche irachene e rappresentanti della società civile..â?. Ed ecco la domanda: si terrà e come questa nuova conferenza? Riemerge infatti un punto cruciale della crisi irachena: il rischio che nelle prossime elezioni la minoranza sunnita, che ha sempre comandato in Iraq, decida di boicottare il voto del 30 gennaio. Attenzione: non tanto perché la violenza che dilaga nelle città sunnite rappresenta un ostacolo alla partecipazione elettorale quanto perché le elezioni sono vissute dai sunniti iracheni come lâ??avvio di un processo che favorirà in ogni caso la maggioranza sciita. Il che spiega da un lato le forti perplessità , emerse a Sharm El Sheikh, dei paesi confinanti a maggioranza sunnita (Giordania, Siria, Arabia Saudita) sul voto del 30 gennaio; dallâ??altro la posizione ben diversa dellâ??Iran sciita, nettamente contrario ad uno slittamento delle elezioni. La conferenza di â??riconciliazioneâ?? diventa così un altro momento cruciale nella traumatica transizione politica. Perché se la maggioranza dei gruppi politici e religiosi sunniti non parteciperà alla conferenza o se in ogni caso questa non si chiuderà con una posizione comune, allora la spaccatura tra curdi e sciiti da una parte, sunniti dallâ??altra, potrebbe trascinare il paese verso una più acuta ed estesa ondata di violenza. Che fornirebbe, oltre tutto, nuovo ossigeno ai gruppi terroristici dellâ??estremismo islamico (che sono, si badi bene, di estrazione sunnita). Con il rischio non solo di uno slittamento sine die delle elezioni ma di una vera e propria guerra civile. La quale, a sua volta, â??giustificherebbeâ? la permanenza delle truppe americane. E se fosse proprio questo il disegno dei neocons americani, ora più forti che mai dopo il successo elettorale di Bush?