di Fabio Evangelisti
L’ennesimo ricorso alla fiducia, di cui finora si è abusato 19 volte dall’inizio della legislatura, aggiunge un ulteriore tassello, probabilmente il più grave e significativo, alle aspettative del Presidente del Consiglio con particolare riferimento all’auspicata narcotizzazione dell’informazione, anche attraverso il bavaglio alle intercettazioni e alla libertà di stampa. Sembra quasi che, anche se ampiamente preannunciata, questa fulminea e reiterata fiducia sia servita più a compensare quella che gli italiani, in un sussulto di rinsavimento, appena qualche giorno fa, gli hanno negato. Ma la lezione politica conseguente al risultato elettorale è stata invece negata e rimossa immediatamente. Infatti, alla ripresa dell’attività della Camera, la protervia ha inopinatamente soppiantato la ragionevolezza. Oggi, come parlamentari, dovremmo essere impegnati a risolvere i problemi di un’economia che rotola sempre più in basso, i problemi di uno dei meccanismi giudiziari più lenti e farraginosi, oltre che allo sfascio, a livello mondiale. Ancora una volta ci siamo dovuti occupare di come rendere più agevole la cura degli interessi personali del Premier e il ricorso alla corruzione. Il provvedimento sulle intercettazioni, estremamente importante, riguarda da vicino la vita di tutti i cittadini italiani, la possibilità di garantire nel nostro Paese adeguati livelli di sicurezza e la capacità dello Stato di combattere il crimine anche quello organizzato. Si è voluto,invece, con questo provvedimento blindato, limitare l'uso delle intercettazioni e rendere impossibile o estremamente limitato il ricorso a un fondamentale mezzo di ricerca della prova. In tal modo i reati di corruzione, estorsione, rapina, violenza sessuale, nonché i reati finanziari, fiscali e societari di fatto restano al di fuori di questa disciplina, in contrasto con quanto enunciato dalla maggioranza in campagna elettorale in tema di sicurezza.
Un paese civile riesce a essere tale se tra i suoi cittadini si diffonde la consapevolezza che il reato non resti impunito, che il rispetto della legge sia un riferimento certo per tutti, e che la legge sia effettivamente uguale per tutti e, non come si è fatto con il ‘lodo Alfano’, ricordando il famoso detto che non tutti sono uguali davanti alla legge . Una consapevole cultura garantista poggia sulla certezza della pena mentre, invece, con la sua azione questa maggioranza non solo sta mettendo in discussione questa certezza ma sta anche aggredendo la definizione stessa di reato, sta procedendo su più fronti a una costante depenalizzazione dei comportamenti illegali, sta diffondendo una “de-moralizzazione” del Paese attraverso l’affermazione di una cultura dell’impunità. Ma non basta! In questo provvedimento si trova anche il modo di colpire la stampa e la libera informazione in un Paese come il nostro nel quale a proposito di libera informazione siamo già in una situazione abbastanza critica. Evidentemente, per chi guida questa maggioranza, non è sufficiente controllare i 6 più grandi canali televisivi e la stragrande maggioranza dei giornali; occorreva anche colpire chi è restato fuori controllo, impedendo alla stampa libera di fare informazione.
L’atteggiamento del Gruppo di Italia dei Valori è stato di assoluta contrarietà all'intero provvedimento. Un no fermo e irremovibile. Crediamo sia finalmente giunto il momento che tutte le opposizioni prendano coscienza della gravità della situazione e avviino un processo di costituzione di un'alternativa democratica a questo Governo.