di Bruna Iacopino
Il disegno di legge 733, già passato alla Camera, dal 23 giugno approderà nuovamente al Senato per l'approvazione definitiva. Nel frattempo però arriva anche la nuova relazione del CSM, che dopo aver espresso numerose perplessità in merito al decreto legge, varato qualche mese fa, non solo torna a sottolineare alcuni punti, ma ne evidenzia altri, di non poca problematicità.
Sotteso a tutto, il richio concreto di una vera e propria paralisi giudiziaria a causa della carenza di organico, della lentezza della macchina della giustizia e del sovraffollamento nelle carceri.
Ad, oggi, si legge nella relazione, la popolazione carceraria ha superato le 62.000 presenze giornaliere, a fronte di una capienza regolamentare di 43.201 posti.
Tuttavia, il dato che va fatto emergere è che già ad oggi il 37% della popolazione carceraria è costituita da stranieri: secondo un rapporto ISMU di qualche anno fa, quasi il 10% di loro si trovava in carcere per violazione della legge Bossi- Fini, un'altra buona parte perchè non avendo residenza, non poteva usufruire degli arresti domiciliari.
Dato che preoccupa non poco palazzo dei Marescialli, sia in rapporto al nuovo reato di immigrazione clandestina che in merito alla reintroduzione del reato di oltraggio a pubblico ufficiale... “in ordine al quale- si legge nella relazione- deve evidenziarsi l'ovvio incremento di attività giudiziaria che discenderà da una fattispecie di frequente realizzazione.”
Dunque un aggravio di lavoro per dei tribunali già sommersi da migliaia di pratiche, e dove in media un processo dura 1.210 giorni, contro i 394, della Germania, facendo scivolare il nostro paese agli ultimi posti della classifica mondiale.
Paura dell'ulteriore ingolfamento di una macchina già lenta, dunque, ma non solo... a trapelare è anche qualche dubbio in merito alla liceità della norma, su cui già in precedenza c'era stato un alt da parte dello stesso CSM, perchè la detenzione amministrativa, contrariamente alle direttive europee, può essere applicata non solo in caso di resistenza a pubblico ufficiale e diniego di identificazione, ma anche qualora i tempi legati al rimpatrio dell'iiregolare subiscano dei semplici “ritardi di carattere burocratico”.
Per non parlare, infine, della scarsa o nulla utilità di una simile disposizione, già la normativa vigente ( sottolinea il rapporto) prevedeva l'espulsione per l'immigrato irregolare; se questo non avviene ( ulteriore precisazione) è “non già per carenze normative ma per difficoltà di carattere amministrativo e organizzativo.”
Altro punto controverso è l'attribuzione dei casi di reato di “immigrazione clandestina” interamente ai giudici di pace, procedura definita “anomala” in quanto al giudice di pace non spettano pronunciamenti inerenti la “privazione della libertà personale”.
Il rilievo principale è sicuramente legato alla sfera dei diritti: il diritto alla salute e il diritto dell'infanzia.
Come già fatto emergere da voci diferenti il reato di “clandestinità” implica l'obbligatorietà della denuncia da parte di un pubblico ufficiale, quindi anche personale medico sanitario, con un grave rischio non solo per l'inalienabile diritto alla vita da parte del migrante, ma anche in prospettiva della creazione di “ ...circuiti illegali alternativi che offrano prestazioni non più ottenibili dalle strutture pubbliche.”
Per quanto concerne invece l'obbligatorietà dell'esibizione del permesso di soggiorno anche per il riconoscimento di un figlio, il CSM tira in ballo l'art. 7 della Convenzione sui diritti del fanciullo approvata a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia con legge del 27 maggio 1991 n. 176 che sancisce “... il diritto della persona minore di età alla propria identità personale e alla cittadinanza da riconoscersi immediatamente al momento della sua nascita.”
Oltre all'immigrazione il rapporto affronta altri punti, fra cui la sezione inerente il 41 bis: fortemente criticata l'ipotesi di concentrare tutti i provvedimenti al solo Tribunale di sorveglianza di Roma, provvedimento che, oltre a comportare una mole di lavoro insostenibile per il Tribunale romano, creerebbe “ una particolare esposizione personale dei magistrati ad esso addetti...”
Un accenno infine alle “ronde”, per le quali si rinvia ad un precedente pronunciamento, quello che qveva causato una vera e propria spaccatura all'interno dello stesso organo... da una parte i laici del Pdl che avevano espresso voto contrario, dall'altra Mancino e alcuni esponenti di Magistratura indipendente che avevano preferito astenersi, ritenendo il pronunciamento come “ingerenza in materia politica”.