di Federico Orlando*
Cara Europa, grazie a La Stampa, che ha dedicato una pagina al signor Beppino Englaro,padre
della nostra carissima Eluana, ci siamo ricordati che quella solare ragazza di Lecco, ridotta a un intollerabile fantasma dopo 17 anni di tortura inflittale da leggi e fanatismi, finiva i suoi tormenti un anno fa, grazie a giudici coraggiosi e a un presidente della repubblica non fuggiasco. Come ha detto Beppino, quei giudici sono stati gli “unici che hanno voluto ascoltarmi. Avrebbe dovuto pensarci la politica, ma chissà, forse non si sentiva all'altezza”. In ogni caso, anche per noi che viviamo nella vandea italiana di don Abbondio, Eluana è, come ha scritto il padre, “simbolo di una battaglia di civiltà”.
Emma Denzi, Lecco
Cara signora, la storia va avanti grazie ai sacrifici e al martirio di chi si ribella ai totem. Eluana morì il 9 febbraio. Nella notte tra il 2 e il 3 che quel che restava del suo “corpo” fu prelevato dalla clinica, dove per 17 anni era rimasta legata al suo letto di contenzione, assistita dalle suore. Un'assistenza che, se è stata come quella del giovane infermiere verso la paziente (anch'essa vegetale) nel bellissimo film di Almodovar Parla con lei, ha quanto meno evitato che il corpo della ragazza si sfasciasse più rapidamente nella materialità della carne disanimata. Sette volte il padre e la madre di Eluana avevano chiesto per la figlia non una morte comprata ma una morte legale, ma non fu possibile nel sultanato, dove dove tutt'oggi si nega il testamento biologico. Finalmente, tre sentenze della cassazione, della corte d'appello di Milano e ancora della cassazione aprirono la strada al trasferimento della ragazza in una struttura sanitaria che sospendesse l'idratazione e l'alimentazione forzata: i due totem ai quali Eluana è stata sacrificata, come Ifgenia al dio del mare. Ed Eluana morì anche formalmente, nel tardo pomeriggio del 9 febbraio. Ma nei giorni precedenti s'era scatenata l'orda per evitare che la sospensione avvenisse. Berlusconi, per acquisire consensi clericali, diceva che la poveretta aveva i suoi cicli e poteva aver figli, senza che nessuna delle veline che lo circondano gli ricacciasse quelle parole in bocca. Voleva addirittura presentare un decreto legge per annullare la sentenza della cassazione, Napolitano gli spiegò che queste cose forse si fanno ancora nella foresta centroafricana, non in uno stato di diritto. Impavido, il sultano trasforma il decreto in disegno di legge , e al no di Stefania Prestigiacomo in consiglio dei ministri replica che avrebbe accolto le sue dimissioni. Ne manda il testo a Napolitano, che aveva preventivamente (e irritualmente) comunicato le sue perplessità; mentre il socialista di Santa Fede Sacconi spedisce in clinica un colonnello medico dei carabinieri e due anestesisti locali. Intanto Marinella Chirico, collega del Tg Friuli, guarda e descrive lo sfacelo fisico di quella che era stata la bella ridente ragazza delle fotografie. E mentre il senato è riunito per approvare il ddl, arriva la notizia della morte di Eluana. La destra, tra urla isteriche e bava in bocca come quando il sangue di san Gennaro non si squaglia, duce che è stata “assassinata” (da capo dello stato, giudici, genitori, giornalisti, medici). Dall'anatema senatorio ad oggi, Beppino ha dovuto difendersi dall'odio teocratico che avrebbe voluto mettere in galera anche lui, non pago d' averci tenuto la figlia 17 anni. Ho avuto l'onore di incontrare Beppino quando il 23 aprile, coi colleghi giornalisti gli consegnai il riconoscimento “cittadino dell'anno” di Articolo 21; e quando il presidente della repubblica ci invitò al Quirinale alla giornata dell'informazione. Come vede, cara signora, nel suo grande o nel suo piccolo, ciascuno di noi cerca di tenere in piedi lo “Stato di diritto”, contro l'urto di forze arcaiche e di interessi molto concreti. Ci illudiamo che, come nelle civiltà avanzate, anche in Italia i diritti dello legge, delle religioni, delle culture, si concilino dialetticamente nei diritti del cittadino. Eluana è pietra miliare nel camminino dell'Italia verso quella civiltà. Come l'iraniana Neda, 26 anni, fulminata dai fanatici del tiranno. A Teheran la chiamano “angelo della libertà”, mentre i suoi compagni pendono dalle forche di Allah.
* Europa Quotidiano – 3 febbraio 2010