di Gabriella Gersi
Egregio direttore Minzolini,
lei ieri sera ha spiegato ai telespettatori la linea editoriale del suo giornale. “Accade che semplici ipotesi investigative e chiacchericci si trasformino in notizie da prima pagina nella realtà virtuale dei media o per strumentalizzazioni politiche o per interessi economici” e poi ha detto che “queste strumentalizzazioni, questi processi mediatici, non hanno nulla a che vedere con l'informazione del servizio pubblico”.
Di diversa natura ci sembrano le sue dichiarazioni rilasciate al quotidiano La Repubblica nel 1994 quando lei disse, a proposito di tangentopoli, “oggi penso che se noi avessimo raccontato di più la vita privata dei leader politici forse non saremmo arrivati a tangentopoli, forse li avremmo costretti a cambiare oppure ad andarsene. Non è stato un buon servizio per il paese il nostro fair play: abbiamo semplicemente peccato di ipocrisia” (da Repubblica, 20 ottobre 1994).
Ci dica direttore, a quale peccato oggi invece farebbe ricorso per giustificare l’assenza della cronaca politica dai servizi del telegiornale da lei diretto? Ci spieghi cosa le ha fatto cambiare idea tanto da portarla a dirigere un giornale che omette le notizie di cronaca politica come, invece, doverosamente, dovrebbe fare un giornale del servizio pubblico pagato con i soldi dei contribuenti? Ci dica, qual è la sua idea di servizio pubblico?
La sua dichiarazione proseguiva con l’affermazione che“La distinzione fra pubblico e privato è manichea: ripeto, un politico deve sapere che ogni aspetto della sua vita è pubblico. Se non accetta questa regola rinunci a fare il politico". La nostra sensazione è quella che oggi, con un quadro politico cambiato rispetto al ’94, l’informazione abbia rinunciato al suo principio, quello della obiettività. Perché?