di Paolo De Chiara*
Pubblichiamo di seguito due interventi pubblicati sul blog di Paolo De Chiara. Il primo è dell'assessore regionale alla programmazione il secondo la risposta dello stesso De Chiara.
Per il bene di un Molise offeso
di GIANFRANCO VITAGLIANO* - Lo scritto di oggi di Paolo De Chiara – che leggo sempre con attenzione – ha provocato in me turbamento, interrogativi e, dopo un tranquillo ragionamento, delusione e bisogno di reagire a difesa di questa regione, troppo spesso offesa, interpretata con esasperazione e pessimismo, consegnata all’immaginario dei tanti che non la conoscono, da alcuni che la conoscono appena, per ragioni le più svariate ma che hanno poco a che vedere con la verità e con l’interesse dei molisani.
Intanto credo di poter individuare la causa di un tale agire nel populismo – che tanto bene tratteggia Galli Della Loggia, sul Corriere di oggi, attribuendogli quasi dignità ideologica – che tanti “a sinistra” hanno riscoperto dopo aver perso riferimenti ideali e capacità di proposta, in diretta conseguenza dello smarrimento in quel mare indistinto nel quale naviga, senza rotta, il PD.
Ovviamente è lungi da me ogni ipotesi di sottovalutazione del fenomeno e, soprattutto, degli episodi citati, come paradigma, da De Chiara.
E, perciò, il turbamento iniziale con gli interrogativi.
Ma poi la conoscenza dei luoghi e della gente, le assicurazioni, pubbliche e in privato, di chi porta le maggiori responsabilità in tema di sicurezza e di ordine pubblico nella nostra regione, l’attività nota della magistratura, mi hanno ridato subito certezze, orgoglio, piacere per una “diversità” che è nostra peculiarità, di valore, tra l’altro poco valutata da noi stessi.
Un pò come la salute; quando la si ha non la si sente!
E, allora, è venuta la reazione, con una consapevolezza che quelli che non la pensano come noi, in questa terra, hanno bisogno del nostro aiuto, di una maggiore ricerca di confronto e di dialogo da parte nostra perchè, relegati in angusta minoranza, sono costretti a cercare altre vie, oltre quella democratica per antonomasia, per distinguersi, esistere, per cercare di ribaltare il rapporto.
E metto nell’enclave tutti, Giostra, De Chiara, Di Pietro e quanti, più o meno lontani dal nostro vivere, dicono in giro che “la casa” è sporca e pericolosa, salvo poi dimenticare e decantarne le qualità, una volta chi si riescono ad accomodare.
Che senso ha citare pochi beni confiscati a qualche delinquente non regionale? Ce ne sono a iosa in tutte le regioni.
Quale peso possono avere, per caratterizzare la società locale, alcuni colloqui in carcere tra ospiti di lunga durata, tutti nati e vissuti altrove? In tutte le carceri questo avviene e, con maggiore frequenza, in quelle dove albergano mafiosi e camorristi.
L’affermazione che, poi, in Molise” i carabinieri vengono massacrati, vilipesi e calunniati” la trovo vergognosamente ingiusta per i molisani. E trovo ingenuo ed anche incosciente che possa essere utilizzata per ragioni “politiche”.
Il nostro è un popolo di timorati di Dio, lontano dal disprezzo delle regole e legato agli uomini della sicurezza pubblica da rispetto, affetto e riconoscenza.
Se, ci si riferisce, ad episodi singolari – sui quali la magistratura sta facendo luce nell’ambito dei propri doveri – intanto, si rispetti il lavoro d’indagine, non lo si condizioni e se ne aspettino le conclusioni nel giudizio.
Prima di tutto ciò non si trasformino gli indizi in colpe, non si generalizzi estendendo a tanti quello che potrebbe essere stato comportamento improvvido di alcuni e, soprattutto, non si facciano consapevolmente, alla dignità e alla storia di un popolo, danni ben maggiori rispetto a quelli che deriverebbero dagli ipotizzati comportamenti delittuosi.
Questa terra ha bisogno di certezze, di speranza, di valorizzare vocazioni e peculiarità, di dare spazio ai talenti che ha, non di avvitarsi, vergognandosi, su mali che non ha.
E questo non significa voler negare l’attenzione ai fenomeni, l’esigenza di controllare le deviazioni e di assumere iniziative per una coscienza collettiva vigile.
Così si onora la verità e si fa, ognuno nel ruolo che ha, il proprio dovere civico.
E così voglio interpretare il timore di De Chiara, per quello che ha di costruttivo e di positivo.
Una riflessione, infine.
Ci sono buoni politici, bravi magistrati e ottimi giornalisti.
Poi, come in tutte le famiglie, la vicenda umana, nel suo variare, porta in ogni ambito anche i cattivi.
E quando, tra meno bravi e malevoli interessati, si determinano cortocircuiti è ovvio che vanno in difficoltà la verità, l’oggettività, i rapporti tra le istituzioni, la giustizia.
Qui dissento molto meno da De Chiara!
Guardo a queste condizioni, se dovessero affermarsi, con vera preoccupazione.
Le conseguenze per il nostro Molise sarebbero ben più allarmanti e gravi rispetto alla presenza di pochi beni da confiscare o a qualche colloquio in carcere!
*Assessore regionale alla Programmazione
LA MIA RISPOSTA:
PER DIFENDERE IL MOLISE DALLE INFILTRAZIONI MALAVITOSE.
di Paolo De Chiara*
Rispondo con piacere al lungo intervento dell’assessore regionale alla programmazione Gianfranco Vitagliano. Il mio “scritto” (come definito dall’assessore Vitagliano) dal titolo ‘Il “mafiosissimo” Molise’, pubblicato dal settimanale ‘Il Volantino’ è l’ultimo di una lunga serie di articoli sulle infiltrazioni malavitose che da molti anni si stanno registrando nella Regione Molise. Come già risposto a Claudio Pian, ribadisco che l’unico interesse del sottoscritto è quello di fare il cronista. Nei miei articoli sto facendo riferimento alle infiltrazioni malavitose (camorra, ‘ndrangheta e mafia) registrate da commissioni antimafia e denunciate da giornalisti, magistrati e operatori del settore. Ho riportato le vicende di Cantalupo del Sannio e di Venafro. Il mio dovere di giornalista è quello di informare. Non credo sia “populismo” parlare di rapporti (come quello della Confcommercio “Mani del crimine sul Molise” del 2006) dove si legge facilmente: “Il clan casertano dei casalesi esercita una sua influenza nella zona di Venafro in Molise”. Un giornalista ha il dovere di chiedere, di porre interrogativi. Dopo un sequestro fatto a Cantalupo del Sannio (stiamo parlando del boss di Sant’Anastasia) del valore di due milioni di euro, è possibile chiedere cosa sta accadendo? Nella relazione annuale della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, a pagina. 43, si legge: “In Molise risiedono soggetti collegati alla cosca Bellocco di Rosarno”. Si può, senza provocare “turbamenti” e “delusioni”, capire chi sono questi delinquenti che vengono nella nostra amata terra a fare i loro sporchi affari? O dobbiamo ritenerli piccoli episodi e andare avanti facendo finta di nulla? Il dovere di un giornalista è quello di raccontare i fatti. E, da qualche tempo, io ho deciso di raccontare questi fatti. Non si tratta di offendere una Regione, ma di difenderla dalla criminalità organizzata (che è ben impiantata e fa affari). Il concetto è ben diverso da quello che si vorrebbe far passare. Non capisco poi, caro assessore, cosa significa: “quelli che non la pensano come noi, in questa terra, hanno bisogno del nostro aiuto, di una maggiore ricerca di confronto e di dialogo da parte nostra perchè, relegati in angusta minoranza, sono costretti a cercare altre vie, oltre quella democratica per antonomasia, per distinguersi, esistere, per cercare di ribaltare il rapporto”. Angusta minoranza? Cercare altre vie? Oltre quella democratica per anotonomasia? Per distinguersi? Per cercare di ribaltare il rapporto? Sino a quando non si capirà che questa battaglia dovrà essere combattuta per raggiungere un solo obiettivo continueremo a creare contrapposizioni e falsi problemi. Non è questione di destra o di sinistra. Non è soltanto una questione politica. Il problema serio, che esiste, riguarda tutti noi. Riguarda la politica (che su questi temi ha dormito), riguarda le forze dell’Ordine (che fanno quotidianamente il proprio dovere), riguarda tutte le Istituzioni e i cittadini. Senza questa coesione si continuerà a ragionare di mere “ragioni politiche”. Vorrei, poi, sapere chi ha trasformato, come scrive l’attento assessore, gli indizi in colpe e chi ha generalizzato i comportamenti di alcuni? Se si parla di ‘infiltrazioni della criminalità organizzata’ in questa terra significa considerare il Molise una Regione mafiosa? Significa offendere la dignità o la storia di un popolo? Questa terra ha bisogno, come spiega Vitagliano, “di certezze, di speranza, di valorizzare vocazioni e peculiarità, di dare spazio ai talenti che ha, non avvitarsi, vergognandosi, su mali che non ha”. Di questi temi dovrebbe occuparsene la politica regionale. Dovrebbe chiedersi perché tanti giovani molisani preferiscono ‘scappare’ da questa bellissima, ma sfortunata, Regione. Ogni tanto chiedetevi il perché di certe situazioni. A volte, con impegno, si trovano anche delle risposte. Accanto a queste problematiche perché non accendere il campanello d’allarme sulla presenza delle mafie? Sembra una vergogna parlare di certi problemi. Anche il sottoscritto, in un passaggio, “dissente molto meno”da Vitagliano. L’assessore regionale ha ragione quando scrive: “Guardo a queste condizioni, se dovessero affermarsi, con vera preoccupazione. Le conseguenze per il nostro Molise sarebbero ben più allarmanti e gravi rispetto alla presenza di pochi beni da confiscare o a qualche colloquio in carcere”. Ecco lo scopo dei miei “scritti”. Informare i cittadini molisani del pericolo. E invece di perdere tempo in queste inutili polemiche sarebbe opportuno iniziare a parlare, a confrontarsi sulle infiltrazioni mafiose. Credo fortemente, caro assessore, che è anche necessario continuare ad invitare personaggi come Lorenzo Diana (ex componente della commissione antimafia, minacciato di morte dalla camorra), Rosaria Capacchione (giornalista de Il Mattino, minacciata di morte dalla camorra), Raffaele Sardo (autore del libro ‘La Bestia’ con prefazione di Roberto Saviano) e tanti altri. Ma non basta. Prossimamente, altri personaggi antimafia verranno in Molise per portare la loro testimonianza. Io cerco di fare la mia parte. Di capire e di raccontare che l’isola felice non c’è più.
* giornalista (dechiarapaolo@gmail.com)
Il Blog di Paolo De Chiara
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