di Elisabetta Viozzi
Ieri il ministro dell’interno Maroni e quello del welfare Sacconi hanno annunciato il nuovo patto tra immigrati e stato: il permesso di soggiorno a punti. All’immigrato sarà richiesto di dimostrare la propria buona volontà di integrarsi. Del resto, c’è chi fa la raccolta punti al supermercato e chi colleziona tagliandi dal benzinaio. Si sa, agli italiani le riffe piacciono molto e ancor di più i premi. Questa volta in palio, però, non c’è un servizio di piatti, ma la possibilità di vivere regolarmente nel nostro paese. Partecipanti: non le casalinghe annoiate, ma gli immigrati.
Secondo le intenzioni dichiarate dal ministro Maroni, i punti serviranno a garantire l’integrazione. Per accedere al montepremi, cioè il permesso di soggiorno, bisognerà infatti dimostrare la padronanza dell’italiano, la conoscenza della costituzione, la frequenza dei figli nelle scuole, l’iscrizione al servizio sanitario oltre a regolari condizioni abitative,e, tutto ciò, ovviamente, senza commettere reati. All’immigrato modello che sarà riuscito a soddisfare tutte queste condizioni saranno garantiti 30 punti. La raccolta dura due anni. Poi lo stato, in caso manchi qualche requisito, avrà pazienza per altri 12 mesi, dopo i quali l’immigrato sarà considerato perdente: ad attenderlo solo l’espulsione. Tutto ciò non piace per niente all’opposizione, che parla di vere e proprie forche caudine. Jean Leonard Touadì, è piuttosto netto nel suo giudizio: “ancora una volta una legge al servizio della propaganda leghista sulla pelle degli immigrati”, dichiara. Si, perché il permesso di soggiorno non è un semplice pezzo di carta, ma da quel documento discendono diritti e doveri che non possono essere vinti alla lotteria, continua. E sulle condizioni Touadì diventa ironico: non è detto che alcuni leghisti conoscano la lingua italiana tanto da superare l’esame che viene richiesto agli immigrati, né che molti nostri concittadini siano in grado di superare il test costituzionale previsto dal nuovo provvedimento. Le motivazioni di questa scelta poi, secondo lui, sono perfettamente chiare: è evidente il fallimento dell’attuale legge sull’immigrazione, la Bossi-Fini. Si cerca di emendarla con provvedimenti tampone perché non si ha la forza di elaborare una legge organica, che secondo il deputato, spaccherebbe la maggioranza. Allora si procede con questi raid legislativi disorganici che, per Touadì, vanno nella direzione di creare un vero e proprio apartheid legislativo.
Ascolta l'intervista a Jean-Lèonard Touadi
Livia Turco: " Integrazione non vuol dire rispondere a dei quitz" (ascolta l'intervista)