di redazione
il Salvagente/20-27 agosto 2009 3 parliamone
Petrolio, il prezzo alle pompe cambia ogni trimestre
Sarà anche un paradosso, ma ho la sensazione che non esista una questione Sky-Rai.Esiste una questione democratica che sembra sfuggire a molti. Quello che sta accadendo in Italia è il tentativo di realizzare un disegno egemonico, di lungo periodo, sul piano mediatico e politico, da parte dell’attuale presidente del Consiglio. La mente va al Piano di rinascita nazionale elaborato da Licio Gelli e dalla Loggia P2. Lì si indicavano tra gli obiettivi la realizzazione di un’agenzia nazionale unica per la comunicazione e il dissolvimento della Rai. Il contesto era una sostanziale riduzione dell’autonomia del Parlamento, dei giudici e dei cronisti. Quanto accade in queste ore è solo la variante moderna di quel disegno. Lo scontro tra Sky e Rai è esploso come conseguenza dello scontro tra Berlusconi e Murdoch, un tempo amici per la pelle e per il portafoglio. Murdoch ha pensato di fare l’imprenditore anche in Italia, senza tenere conto del conflitto d’interessi ed è entrato in rotta di collisione con il presidente del Consiglio. Da qui il comando alla Rai, secco e immediato, di abbandonare la piattaforma satellitare e di partecipare, invece, a una piattaforma con Mediaset e La7. Nulla importa a Berlusconi che questo costi al servizio pubblico, e quindi ai contribuenti, qualcosa come 400 milioni di euro. Quello che interessa è una piattaforma nella quale Mediaset
avrà il dominio tecnologico e la Rai fornirà l’elenco degli abbonati. Il polo unico sarà governato dal personale di fiducia del premier, che ormai ha il controllo strategico non solo di Mediaset ma anche della Rai. Non si tratta, dunque, di una delle tante lottizzazioni viste nel passato, anche con la complicità del centrosinistra, ma di un’operazione per blindare il sistema e mettere sotto controllo l’articolo 21 della Costituzione. Non a caso il presidente Napolitano in modo discreto ma determinato ha richiamato la Rai a una grandissima prudenza quando sono in gioco i valori del pluralismo industriale ed editoriale. Spiace dirlo, ma finora, salvo rare eccezioni, l’appello non sembra essere stato raccolto. Dal momento che le Autorità di controllo e di garanzia delle libertà del mercato sembrano essere già al mare, l’associazione Articolo 21, anche a tutela della libertà dei consumatori, che attraverso l’acquisto dei decoder e l’installazione delle antenne stanno già pagando la nuova tassa sul conflitto di interessi, ha deciso di presentare un esposto alla Corte dei
conti per sapere chi verrà chiamato a rispondere di tutti gli eventuali futuri danni erariali.
• PAOLO LANDI
Segretario generale Adiconsum
Rai contro Sky. Sembra tornato il piano Gelli
Periodicamente si levano le proteste sugli aumenti speculativi dei prezzi dei carburanti.
E la commedia si risolve con i soliti appelli ai petrolieri, ma nulla cambia, perché in questo settore non c’è vera concorrenza. Tutti si adeguano all’operatore prevalente, l’Eni. E i prezzi da una pompa all’altra possono variare soltanto di pochi centesimi. Occorre prendere atto che la speculazione sta nel meccanismo di adeguamento giornaliero dei prezzi alla pompa. In nessun altro settore avviene ciò, neanche in quelli legati alla quotazione di materie prime che variano alla stessa stregua del petrolio. È un meccanismo che permette una diversa velocità di adeguamento: immediata se il prezzo sale, rallentata se scende. E non consente al consumatore di sapere qual è il distributore più
conveniente, impedendogli di fruire delle pur modeste differenze sui prezzi. Ma la speculazione più rilevante è a livello di sistema: gli acquisti di petrolio sui mercati internazionali effettuati dai cinesi,
comportano un rincaro in Borsa che si scarica anche su di noi. Anche se le compagnie italiane hanno acquistato nelle settimane passate, quando il prezzo del petrolio era più basso. Come neutralizzare queste speculazioni? La proposta di Adiconsum è consentire le variazione del prezzo alla pompa ogni 3 mesi. Come avviene per elettricità e gas, anch’essi legati al costo del petrolio. Si aggiunga che Enel, Edison e le altre società del settore elettrico sono private e nonostante questa regola fanno business e non hanno minacciato di uscire dall’Italia, come hanno fatto i petrolieri.
La proposta ai petrolieri è diversa. Mentre sull’energia è l’Authority che stabilisce il prezzo, in questo caso siano le compagnie a stabilirlo. Resta la regola del mercato, con il vincolo che la decisione valga per 3 mesi, dopo le compagnie stabiliranno un nuovo prezzo. Questo meccanismo consente al consumatore di sapere chi pratica il prezzo migliore nei 3 mesi successivi. Inoltre, contiene l’inflazione, perché taglia le punte di aumento che si riversano sui trasporti a ogni rincaro del petrolio. Elimina ogni alibi alla speculazione e incentiva le compagnie a fare acquisti di lungo periodo (che già oggi fanno, di fatto). Purtroppo andare contro i petrolieri non è riuscito al governo di centrosinistra e temo non riuscirà nemmeno a Scajola. Basti pensare, a titolo indicativo, che il ministro Marzano aveva deciso l’obbligo di esporre il prezzo dei carburanti sui totem. I petrolieri hanno ottenuto la revoca di questa norma e la maggioranza dei distributori non lo espone più.
BEPPE GIULIETTI
Portavoce dell’associazione Articolo 21