di Giuseppe Giulietti*
Il presidente del consiglio, in versione estiva, ha annunciato che nella sua prossima vita scatenerà una battaglia senza quartiere contro le mafie. Antonio Di Pietro, evidentemente non convinto lo ha accusato di essere un ingrato che sputa nel piatto degli amici, riferendosi con sottile eufemismo alle amicizie pericolose di Silvio Berlusconi e di alcuni fedelissimi, uno dei quali Marcello Dell’Utri è già stato condannato dai medesimi tribunali, peraltro che in altre occasioni sono stati lodati per aver assolto, o magari solo prescritto, i vari Andreotti o lo stesso Berlusconi.
Contro le parole di Di Pietro si è scatenato tutto il servizio d’ordine politico e mediatico del cavaliere di Arcore.
Eppure per demolire Di Pietro sarebbe stato sufficiente chiedere a Berlusconi medesimo di pronunciare parole chiare e definitive sul mafioso Mangano da lui più volte lodato “per non aver parlato”. Si è pentito Berlusconi di quelle parole? Si è reso conto della gravità delle parole di allora? Perché fu costretto a pronunciarle? Da chi?
Se e quando Berlusconi dirà parole chiare su questo tema,se e quando scioglierà il comune di Fondi, se e quando farà ritirare quelle parti della legge bavaglio che ostacolano il libero esercizio del diritto di cronaca e la libera azione degli inquirenti alle mafie e alle camorre, anche e soprattutto in materia di lotta e di contrasto alle mafie e alle camorre, allora e solo allora sarà possibile farsi una bella risata quando Di Pietro o chiunque altro punterà il dito contro Berlusconi su questi temi. Sino ad oggi le risposte non sono mai arrivate, speriamo che il ritardo sia dovuto unicamente ai disservizi del servizio postale…
* da Blitzquotidiano