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Articolo 21 - Editoriali
Quale futuro per la tv? Lettera aperta Franco Debenedetti
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di Mario Segni

Caro Franco,
il dibattito tra te e Benessia sul futuro dellâ??informazione televisiva mi spinge a mandarti una lettera aperta. Sul tema abbiamo molte idee comuni  e alcune giuste (e sfortunate) battaglia fatte assieme, soprattutto quella per la privatizzazione della RAI. Ma non è tanto la questione del servizio pubblico che mi interessa. Sul punto, anzi, mi sento più vicino alle cose dette da Benessia, perché pur essendo convinto, come te, che la privatizzazione di uno o due canali RAI avrebbe scongelato il sistema con benefici enormi,   penso che in Italia un servizio pubblico (forse una sola rete) abbia una  funzione essenziale. Perché se sul piano dei massimi sistemi è forse vero che questo è un atteggiamento paternalistico, sul piano  concreto lâ??esigenza di un servizio di cultura e di informazione slegato dallâ??Auditel e dalle spinte  della tv commerciale sarebbe utilissimo.
      Ma questo riguarda il futuro.   Ti voglio parlare invece   del presente. Perché è  drammatico. Tutte quelle situazioni che per anni ci hanno fatto gridare allo scandalo sono immutate. Il controllo politico da parte del Presidente del Consiglio su gran parte dellâ??informazione televisiva, lâ??occupazione dellâ??intero campo della pubblicità  da parte del duopolio RAI - Fininvest, che assieme raggiungono il 97% della pubblicità televisiva con straordinarie possibilità di pressione anche sulla carta stampata, tutto questo è rimasto invariato. Ed è ciò che da tre anni ha portato il Parlamento europeo e il Consiglio dâ??Europa a dichiarare inaccettabile la situazione italiana perché in contrasto con il pluralismo dellâ??informazione sancito dalla Carta dei diritti; ciò che ha portato il Presidente Ciampi a mandare al Parlamento un messaggio per chiedere una legge di sistema sulla tv; ciò che due settimane fa ha costretto il Garante dellâ??Antitrust Tesauro a ricordare che nella pubblicità televisiva non vi è mercato ma un sostanziale monopolio.
      Nulla è cambiato quindi nella sostanza. Direi anzi che è peggiorato. Perché la legge invocata da Ciampi, e cioè la famosa Gasparri, non solo non ha garantito il pluralismo, ma ha aggravato la situazione, elevando i limiti entro cui dovevano tenersi, quanto a fatturato e pubblicità, i due colossi del duopolio televisivo. Ma è peggiorata soprattutto perché si è totalmente spento il dibattito in proposito. Si avverte nellâ??opinione pubblica una sorta di â??mitridatizzazioneâ?, la stanca accettazione di qualcosa che viene  considerato anomalo, ma probabilmente inevitabile, e di cui quindi non vale la pena di occuparsi.   Ma proprio questo mi angoscia. Perché qui non si tratta di congiunture o di piccole questioni di bottega. Qui si tratta dellâ??informazione, del consenso democratico, di qualcosa che attiene ai fondamenti liberali del nostro sistema.
      Io non credo che questa situazione sia destinata a migliorare per lâ??evoluzione tecnologica o per la spinta del mercato. O se questo avverrà, sarà in tempi lunghissimi. Da quanto tempo ci si dice che la tv digitale sta per soppiantare quella classica? Ma intanto lâ??opinione è sempre fatta dai soliti telegiornali e dai soliti personaggi. Eâ?? solo un intervento politico, cioè una legge che regoli il sistema ponendo limiti e garantendo  una molteplicità di soggetti che risolve la cosa. Perciò la domanda che ti pongo  è questa: come si può  riaprire il problema? Come si può ricordare a un popolo distratto che lâ??informazione oggi è drogata, ed è quindi svuotata la vita democratica? Come si può riaprire il caso in Parlamento? Si può far leva sullâ??Europa, già tante volte, nei nostri confronti e di altri, garante di regole democratiche e di civiltà? Si può cominciare ad avvertire lâ??opinione pubblica che fra poco scadono i garanti, e la nuova legge consente al governo, cioè al controllato, di nominare i controllanti; sicché vi è il concreto pericolo che vengano nominati degli yes men?
     Sono domande che pongo a te e a tutti coloro (e non sono molti) che avvertono che qui si gioca molto del nostro futuro democratico. Spero che partano una o più iniziative. Ma mi raccomando, sul presente, non sul futuro. Cordialmente

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