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Articolo 21 - Editoriali
Clima di indignazione nei palazzi d'Oltretevere sotto attacco
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di Pino Finocchiaro *

L'attacco a Dino Boffo, direttore di Avvenire, da parte del Giornale di proprietà della famiglia Berlusconi, impone un silenzio formale nei palazzi d'Oltretevere presi di mira da Vittorio Feltri e dalla sua intelligence di mestatori. Rovistando nei cestini di cancellerie e servizi paralleli tirano fuori una lettera anonima e la spacciano per informativa di polizia. Peccato che non ve ne sia traccia negli atti di un procedimento minore della Procura di Terni.

I giornalisti, togati e no, degli organi di informazione della Cei vorrebbero dire la loro, difendere il collega direttore di Avvenire. Ma l'ordine è tassativo: silenzio.
Silenzio animato dal "disgusto". Pochi giorni prima, il presidente della Conferenza episcopale italialiana, Angelo Bagnasco  chiama a raccolta i giornalisti nella sagrestia del santuario della Madonna della Guardia che dal Monte Figonna guarda la sua Genova. Non sono previste domande ma il cardinale Bagnasco è tassativo, definisce "disgustoso e molto grave" l'attacco contro il direttore del quotidiano dei vescovi italiani.

E' un silenzio che rumoreggia quello dei palazzi d'Oltretevere. Si coglie la sensazione che il premier e pezzi della sua maggioranza non gradiscano le prese di posizione dei vescovi italiani in favore dei migranti. In particolare quell'editoriale di Avvenire che paragona la vicenda dei migranti respinti alla Shoà degli Ebrei. E se qualcuno nutre ancora dubbi sulla posizione dei vescovi italiani, il cardinale Bagnasco dal pulpito rincara: "sicurezza e solidarietà non sono opzioni contrapposte".

In quei palazzi è ormai chiaro che il "confronto" è tra il governo e la Cei. Il Vaticano, attraverso il capo dell'esecutivo della Santa Sede, Tarcisio Bertone, non può fare a meno di esprimere la propria solidarietà e quella del Papa di fronte ad un attacco così virulento. Poi, il pontefice in persona chiama Bagnasco per ribadirgli stima e vicinanza.

"Stiamo vivendo tempi brutti - confida un noto reporter degli organi di informazione della Cei, sotto vincolo di anonimato - se il nostro è un Paese civile e non una repubblica delle Banane come sta dimostrando, l'ordine dei giornalisti dovrebbe disperdere chi agisce così. Ci sono regole da rispettare. Vuoi fare il medico, vuoi fare il giornalista? Ci sono regole che vanno rispettate".

Insomma, pubblicare una lettera anonima è una cosa "inaudita". Dal disgusto si passa al voltastomaco. Tutti possono avere le loro debolezze, commettere i loro errori. Ma anche trovandoti di fronte al più grande criminale di questo mondo, notano i reporter della Cei, esistono delle regole.

Insomma, il premier e le sue propaggini giornalistiche vorrebbero mettere il bavaglio a tutti, con le lusinghe, le intimidazioni o gli "avvertimenti" che il vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero, non esita a definire mafiosi.

Chi non scrive e non parla sotto dettatura viene subito messo all'indice, persino i commissari europei e i loro portavoce.

I reporter della Cei viaggiano molto. Leggono i giornali stranieri. Discutono con i colleghi di altri paesi. La sensazione è che sotto accusa non vi sia più solo il governo o il sistema politico che lo determina ma tutto il settore dei media italiani.

"Non mi piace più il modo in cui si scrive in Italia - confida l'amico reporter - non è giornalismo questo. C'è uno stile. C'è una creanza". Insomma tutti d'accordo sulle dieci domande a Berlusconi. Ma il giornalismo dei picconatori, la demolizione e il massacro della gente ci portano fuori da una tradizione di giornalismo da gentiluomini che Indro Montanelli e Enzo Biagi seppero incarnare senza fare sconti a nessuno.

 Quel savoir-faire, quel modo di fare, quello stile che parte dal presupposto che la "persona" ha una sua dignità. Anche agli occhi della stampa estera si svela un giornalismo scandalistico che non porta da nessuna parte. D'accordo indagare su un personaggio pubblico. Ma esiste il pudore. Certe cose le puoi dire con fermezza ma con modalità che tengano conto della deontologia.

Vibra il silenzio dei vescovi italiani e dei loro cronisti.

Non sono arrabbiati con Berlusconi perché sanno chi è. Il segretario della Cei, Mariano Crociata, non mena certo il can per l'aia quando afferma apertamente che il "pubblico libertinaggio" non è un fatto privato. Piuttosto si aspetterebbero qualcosa di più e di meglio dall'opposizione che non c'è. Come gran parte di noi, d'altra parte.

Non è l'attacco di Feltri a preoccuparli ma il messaggio di solidarietà di Silvio Berlusconi a Dino Boffo, questo sì letto come un autentico messaggio mafioso.
Non si paga a suon di milioni di euro chi organizza l'attacco contro Boffo per poi prenderne le distanze. E' lo stile di un mandante dell'onorata società.

Il confronto va fatto sulle idee. Sulle questioni generali del Paese. Con l'interesse comune. Oltretevere ricordano che la profezia non può prescindere mai dalla sacralità della persona, dalla sua dignità.

E c'è un amarezza. Laddove, in passato, parroci e missionari chiedevano ad Avvenire di pronunciarsi contro la politica postliberista del premier e la scarsa considerazione per gli ultimi, italiani o stranieri, irregolari o clandestini, il giornale dei vescovi aveva spesso difeso le scelte di Berlusconi. Oppure, aveva attaccato la scelta dell'Ulivo di candidare la radicale Emma Bonino in una lista con i cattolici progressisti e/o di sinistra. Ma non una parola aveva detto l'Avvenire per la candidatura del radicale Capezzone in una lista di conservatori e cattolici del Pdl.

Ecco, l'Avvenire paga il cambiamento di rotta. Paga la scelta di farsi voce di chi non ha voce.

Perché la Cei di Bagnasco e Crociata non lascia che siano altri a dettare l'agenda della solidarietà. Parlano con garbo. Puntualizzano con determinazione. Non tacciono di fronte al dolore di chi crede e di chi non sa più a cosa credere.

Un cambio di rotta che molti cronisti d'Oltretevere condividono. Bagnasco ha detto delle cose nei confronti della politica che il suo predecessore, Camillo Ruini, non aveva mai detto. Anche se non hanno ottenuto sulla stampa gli stessi spazi dedicati a Ruini.

Angelo Bagnasco, questo prelato, all'apparenza arcigno, è un uomo molto compreso dei suoi doveri di solidarietà nei confronti degli ultimi e di signorile distacco nei confronti dei potenti. E' un tomista. Dallo studio di San Tommaso d'Aquino comprende in sé che l'umiltà nulla ha a che vedere con la debolezza.

C'è da credere che i guardiani dell'ortodossia berlusconiana non si siano limitati a scartabellare tra le attitudini sessuali vere o presunte del collega Dino Boffo.

Qualcuno avrà atteso lungamente la sera per seguire le tracce di Bagnasco. Perché quando scende la sera e ognuno di noi resta solo con la propria coscienza, Angelo Bagnasco smette la porpora.  Lascia il palazzo vescovile di Genova da un'uscita secondaria. Come un semplice prete, visita i malati incurabili. Li conforta, con la parola di Dio e il tatto dell'Uomo, per la vita che sfugge e il dolore. che resta, immutevole.

* Socio fondatore di Articolo 21

pinofinocchiaro@iol.it

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