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Articolo 21 - Editoriali
Come sganciare il cinema dalle dipendenze della politica? Appuntamento il 6 settembre a Venezia
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di redazione

Riceviamo e di seguito pubblichiamo integralmente il comunicato letto a Venezia durante la conferenza stampa di Francesca Comencini e sottoscritto da registi e autori presenti al festival:

La cultura e l’arte rappresentano i tratti storicamente distintivi dell’Italia nel panorama internazionale, elementi fondanti della sua identità  e insieme risorse decisive di una delle industrie trainanti per la sua economia, come il turismo.
Eppure, mentre gli altri paesi europei investono in media l’1,5 per cento del Prodotto Interno Lordo per la cultura e lo spettacolo, l’Italia ha il record negativo con lo 0,22 per cento.
Una ricerca condotta dell’università di Torino dimostra che ogni euro investito dallo Stato nella cultura ne produce a sua volta cinque e mezzo se l’investimento stesso è accompagnato da una politica di sostegno che lo promuova in modo adeguato.
Eppure il governo del presidente Berlusconi sembra non saperlo e considera anche quel poco che è chiamato a stanziare per il settore come una spesa eccessiva ed inutile, al punto che per il 2009 aveva deciso una riduzione violenta dei finanziamenti pubblici, che si configurava come un pressochè totale annientamento della produzione artistica.  Solo una forte mobilitazione di tutte le forze della cultura ha impedito che questo avvenisse costringendo il Presidente del Consiglio a reintegrare parzialmente i fondi destinati allo spettacolo.
Ma quei 60 milioni di euro reintegrati a fronte degli oltre 200 tagliati, individuati all’ultimo momento tra le pieghe di un fondo presidenziale previsto per le emergenze, sono in fondo emblematici di una idea della cultura propria di chi ci governa. Non una risorsa decisiva per il Paese ma disastro ciclico cui occorre far fronte in qualche modo, non un elemento centrale della nostra identità e della nostra industria ma perdita secca.
Tutto questo non basta, non va bene, non è quello che vogliamo.
Gli artisti e i rappresentanti del mondo dello spettacolo - composto da 250.000 lavoratori in larga parte precari, intermittenti, non tutelati in materia di diritti e garanzie sociali - non chiedono prebende nè privilegi. E non chiedono  di essere “assistiti” dallo Stato, perchè sono i primi a sapere che l’altra faccia dell’assistenzialismo è il clientelismo, che sottende un rapporto di sottile ma tenace dipendenza dell’artista e dell’intellettuale dalla politica. Più in particolare, per quanto riguarda l’audiovisivo, mentre ci sembra giusto pretendere dal governo il reintegro di quanto aveva programmato e l’impegno a continuare a fare la sua parte, vogliamo che a finanziare il cinema sia d’ora in poi, oltre allo Stato, chi utilizza i film in modo massiccio traendone enormi profitti. Per questo chiediamo che sia istituita una “tassa di scopo” sul modello di quella già collaudata in Francia, e che siano regolati in modo più equo i rapporti tra cinema e telvisione.

Quanto è accaduto nella recente vicenda del drastico taglio al Fondo Unico dello Spettacolo ha per un attimo trasformato in realtà un incubo che aleggiava da tempo nell’aria: cioè che un governo o un ministro possa decidere di chiudere dalla mattina alla sera i finanziamenti pubblici e azzerare la possibilità di produzioni autonome e di ricerca.
Questo non deve più accadere. Perciò, essendo stati invitati alla Mostra del Cinema di Venezia per presentare i nostri film, ci sembra giusto, per la nostra parte, facendo seguito alla mobilitazione dei mesi passati, pensare a una forma di intervento che vada oltre il lamento e la semplice protesta, lanciando una sfida politica a questo governo, che da sempre rivendica con orgoglio la propria volontà di sganciare il mondo dell’impresa dai “lacci e lacciuoli” della burocrazia e dal controllo dei partiti.
E siamo proprio noi, troppo spesso accusati ingiustamente di essere succubi di una logica assistenzialista e clientelare, a  chiedere da subito una legge di sistema che sganci il destino del mondo dello spettacolo dalla politica. Siamo noi  a chiedere un Centro Nazionale di Cinematografia, gestito da un Consiglio di amministrazione che non sia diretta e/o indiretta espressione del governo e della politica ma di “eccellenze” culturali e organizzative, rappresentanti di tutte le categorie dello spettacolo e della cultura. Sul come farlo siamo disposti naturalmente al confronto con tutti i partiti e tutte le forze sociali.
E proprio qui a Venezia, nell’ambito della Mostra Internazionale del Cinema, luogo naturale di confronto artistico e culturale, sarà organizzata una prima iniziativa per avanzare delle proposte concrete che vadano in questa direzione.
Il 6 settembre diamo perciò appuntamento a tutti, registi, sceneggiatori, attori, produttori, agenti, critici cinematografici, intellettuali, politici, per avanzare proposte che diano una risposta a questa esigenza ormai improrogabile: come sganciare il mondo del cinema da una sorta di dipendenza dalla politica, come aiutarlo a diventare adulto e più forte, rendendolo autonomo e dunque responsabile dei propri progetti e dei propri sogni, dei propri fallimenti e dei propri successi.

Elisa Amoruso
Mario Canale
Giuseppe Capotondi
Liliana Cavani
Francesca Comencini
Pappi Corsicato
Ivan Cotroneo
Alessandro Fabbri
Marco Filiberti
Luca Guadagnino
Valerio Jalongo
Davide Latieri
Doriana Leondeff
Giulio Manfredonia
Annarosa Morri
Susanna Nicchiarelli
Claudio Noce
Serena Nono
Angelo Pasquini
Michele Placido
Marco Simon Puccioni
Ludovica Rampoldi
Paola Sangiovanni
Stefano Sardo
Marina Spada
Marco Spagnoli
Giuseppe Tornatore
Maurizio Zaccaro

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