di Gaetano Alessi
Erano gli uomini che guardavano passare i treni.
Arrivavano e si fermavano per un po´, giusto il tempo di alimentare l´illusione. Giusto il tempo di rendere più amara la delusione che ne sarebbe seguita nel vedere le carrozze dei convogli ripartire senza di loro. In quei giorni che sembravano infiniti e con il sole a mozzare la visione dell´ultimo sussulto di fumo proveniente dalla locomotiva persa in un orizzonte immaginario.
A furia di guardare convogli allontanarsi si erano arrampicati alla soglia dell´età dove i capelli diventano grigi. Anni passati a vedere amici partire. Sogni appassire. L´ormai sempre più futile speranza di poter restituire una dimensione eroica a quanto avevano percepito nei racconti di chi era venuto prima di loro. Storie d´uomini minuscoli che avevano fatto cose maiuscole. Il loro essere comunisti e socialisti ne faceva parte. L´inseguire il sogno di migliorare la vita altrui sposando ideologie controverse, malviste, sofferte. Quella nostalgia per una politica migliore che alcuni poterono assaporare in quelle sale anguste, soverchiate da un immenso quadro di Guttuso. Dove avevano imparato che il loro comunismo con quello dell´Urss non aveva niente in comune. L`orgoglio di essere "eretici", rivendicando l´originalità del comunismo italiano mai rinnegato.
Ed infine, quando il treno si è portato via anche loro, nella valigia, in qualche angolo in un piccolo foglio, delle macchie d´inchiostro formavano una frase: "Per quanto lontano ti possa portare una strada nessuno ti potrà strappare via la tua libertà".
Quel ritmico frullare di ruote d´acciaio...e quella canzone che sgorga dalle labbra. Una canzone senza parole, in una lingua che elude idiomi e dialetti e si rivolge direttamente all´anima. Gli occhi chiusi ed il cuore, non le mura, a fare da cassa di risonanza. Un sottofondo dolcissimo a ricordarci che siamo un popolo e quelle lacrime che vogliono sgorgare, ma non ce la fanno. Cantano tutti gli attimi passati, narrano una vita degna di essere vissuta nel tentativo di riabbracciare un giorno quell´idea che ha fatto grande un paese piccolo, diviso. Un fiore: la libertà. Che per molti non rappresenta nulla, ma che per loro....per te.. è anelito, è xiatu...è vita.....
Quegli uomini che vedevano passare i treni, incarnazione di due generazioni a cui è stata rubata la speranza, sono lì come tanti rivoli. Continuano a formare una sorgente che scorre sotterranea. Lenta. Ma c´è.
Quegli uomini di treno ne prenderanno uno a breve. Li condurrà a Roma il 3 di Ottobre. A difendere quella libertà di stampa che gente comune, armata solo di coraggio e idee, gli consegnò 64 anni fa. Uno dei ragazzi che "vedeva passare i treni" un giorno scrisse: "Un fiume non può vivere di soli affluenti se non ha più la sorgente. Perché esso è spezzato e destinato ad essiccarsi. Oppure a ingigantire il suo letto solo in caso di forti piogge, portando però troppe volte con sé distruzione. Se non custodisci gli argini, se non lo tieni pulito, se non lo difendi, lo perdi per sempre. Il fiume della memoria funziona nello stesso modo. Finché scorre, la memoria resiste e con lei resiste il futuro".
Il fiume della speranza passa da Roma. Questo treno non deve essere perso.