di Stefano Marcelli
Voglio dirlo subito, a scanso di equivoci e per una inveterata abitudine alla franchezza: io tifo per lâ??ingresso della Turchia in Europa. I motivi di questa convinta e faziosa scelta di campo sono vari . Prima di tutto nutro una profonda ammirazione per la storia, la cultura e le radicate e vaste permanenze dellâ??Impero Ottomano nel mondo orientale. Se proprio si vuol parlare di civiltà bisognerebbe scrivere la storia intrecciando scontri e incontri fra la civiltà occidentale e la civiltà ottomana ( lasciando da parte definizioni parziali e fuorvianti come â??civiltà arabaâ? o â?? civiltà musulmanaâ?).
Il secondo motivo è familiare, visto che un ramo della discendenza di mia moglie viene direttamente da Istambul e porta lo stesso nome di uno dei quartieri più antichi del Corno dâ??Oro.
Il terzo è che mi piacerebbe che ogni tanto la Storia facesse un salto in avanti , invece di farci precipitare nella logica delle guerre, delle Crociate e delle improbabili e pericolose rivendicazioni di identità , disegnando nuovi entusiasmanti scenari di integrazione di società e culture diverse.
Possiamo o no cominciare a guardare al futuro in termini positivi e,se si vuole,ottimistici, sognando che gli uomini possano unire punti di vista , lingue e tradizioni diversi per affermare principi comuni fondati sulla libertà dellâ??individuo?
Personalmente,nellâ??ipotesi dellâ??ingresso della Turchia nellâ??Unione Europea, vedo tutto questo.
Certo, la Turchia non ha buona stampa sul fronte dei diritti civili. Ricordiamo che Amnesty International ha lanciato solo pochi anni fa una specifica campagna per la tutela dei diritti umani pena di morte, torture, persecuzione etnica (verso i Curdi,il 20 per cento della popolazione), bavaglio alla stampa.
Bisogna però aggiungere che nel giro degli ultimi due anni, alert e denunce internazionali nei confronti del governo di Ankara sono calate a picco. Nei rapporti 2003-2004 sulla libertà di stampa nel mondo,specificamente, si trovano molte più segnalazioni su Paesi come Croazia,Cipro,Repubblica Ceca,Estonia,Ungheria,Polonia,Slovacchia e Slovenia tutti appena entrati o in lista dâ??attesa per lâ??Unione (CPJ Commitee to Protect Journalists New York, IPI International Press Institute Vienna, IFJ International Federation of Journalists Bruxelles).Gli osservatori sui diritti umani dellâ??Unione Europea riconoscono al governo turco di aver fatto passi da gigante negli ultimi anni.Eliminazione della pena di morte,riduzione della tortura,modifiche di legge a tutela della libertà dâ??espressione sono passi concreti salutati positivamente dalle organizzazioni internazionali. La nascita della prima televisione multilingue che ospita anche trasmissioni in curdo (lingua vietata in Turchia) e la liberazione di Leila Zana e altri tre deputati del Partito Democratico incarcerati dieci anni fa, sono altri passi incoraggianti.
Ma non basta. â??Malgrado le recenti riforme nel campo dei diritti umani il governo turco dovrebbe migliorare le leggi su quattro argomenti chiave: libertà dâ??espressione,torture,libertà di associazione e libertà di movimento interna al Paese â??.( International Federation for Human Rights, Amnesty International,ecc.).
In campo giudiziario (rileva lâ??Osservatorio per i Diritti Umani) la legislazione turca ha elevato le garanzie per i prigionieri garantendo loro una â??protezione legale migliore di quella di molti Paesi membri dellâ??UEâ?, ma â?? nel 2003 sono state 340 le vittime di torture e maltrattamentiâ? e questo dimostra quanto meno che le forze dellâ??ordine non seguono lâ??impegno riformista del Governo e dei magistrati.
Câ??è poi il problema dei circa trecentomila curdi deportati dai propri villaggi nel sud-est del Paese per i quali lâ??UE chiede misure di sostegno e il ritorno a casa.
Infine il capitolo che ci riguarda direttamente, quello della libertà di espressione e di informazione.
Lâ??IFJ e la EFJ (federazione internazionale e federazione europea dei giornalisti) hanno recentemente rivolto un appello al Governo di Ankara perché garantisca ai giornalisti turchi condizioni sociali,giuridiche e di libertà di associazione compatibili con gli standards europei. Che dire del caso di Sabri Ejder Ozic, ex direttore di Radio Dunya, condannato a un anno di reclusione per â??offesa alle istituzioni2 a causa di una trasmissione dove definiva â??illegittimaâ?v la guerra in Iraq?O quello di Hakam Albayrak, condannato a quindici mesi per aver scritto su Milli Gamete un commento giudicato offensivo della memoria di Ataturk e dei militari. O ancora quello dello scrittore Omer Dilsoz (Demir), messo sotto inchiesta per aver recitato una poesia in lingua turca dove si parlava della â??strada del Soleâ?, termine giudicato come un riferimento allâ??ex capo del PKK Ochalan. E ancora si possono citare gli otto giornalisti pestati a sangue dalla polizia in occasione delle proteste di piazza seguite alle elezioni dellâ??aprile scorso. Lâ??emittente di opposizione Ozgur Radio è stata invece chiusa con lâ??accusa di incitare alla violenza, ma organizzazioni umanitarie turche e internazionali sono invece concordi che lâ??unica colpa ravvisabile sono le critiche al governo.
â??La libertà di stampa è indice di democrazia e indipendenza- ha dichiarato il presidente dellâ??EFJ Arne Konig concludendo il documento sulla Turchia -e i diritti sociali e professionali dei giornalisti sono i garanti di questa libertà . Devono quindi essere necessariamente rafforzatiâ? in vista dellâ??ingresso in Europa.
La Turchia è dunque oggi in mezzo a un guado e noi lâ??aspettiamo fiduciosi sullâ??altra sponda che non è banalmente quella dellâ??Occidente, quanto piuttosto di un nuovo punto cardinale che sta allâ??incrocio fra oriente e occidente. Se vogliamo proprio scomodare termini â??epocaliâ?, rivolgiamo lo sguardo sulla latitudine di una Nuova Civiltà del Progresso Umano.
Scriveva a Parigi nel 1786 lâ??ambasciatore francese che doveva giustificare il procedere a rilento delle trattative diplomatiche:â? Qui le cose non sono come in Francia dove il Re è lâ??unico padrone. Qui il Sultano deve consultarsi con gli alti funzionari, con coloro che hanno qualche carica e con coloro che lâ??hanno avuta in precedenzaâ?. Un piccolo esempio di come la storia passata (ma anche quella contemporanea) dovrebbe invitarci a non manifestare troppa supponenza nel confronto con i nostri dirimpettai.
Tifiamo dunque per la Turchia e per il successo di questa scommessa che veda nel terzo millennio la congiunzione fra due civiltà che, marciando parallele, hanno portato avanti lâ??umanità e il progresso. Unendo gli sforzi, forse riusciremo fronteggiare le grandi sfide che si aprono davanti e ci rendono spesso sgomenti, ricorrendo alle armi della cultura, della spiritualità ,dellâ??intrapresa piuttosto di quelle terribili e purtroppo consuete della guerra e dello scontro.
Ci conforta in questo il parere di uno dei maggiori islamisti occidentali, lo storico americano Bernard Lewis: â??La Turchia ha mostrato quanto sia difficile creare una democrazia in un Paese che ha tradizioni antichissime di comando e di obbedienza, e ha mostrato anche che questo è possibileâ?.
Combatteremo a fianco dei colleghi turchi e di quelli polacchi,croati,rumeni,russi e,inglesi,francesi,tedeschi e italiani perché lâ??informazione sia libera e con essa la democrazia sia sana e forte. Crediamo che questi principi siano al fondamento della civiltà europea assieme a quello che impone agli Stati di essere laici e di considerare gli uomini tutti uguali.