Articolo 21 - Editoriali
Avanti un altro: perquisito Marco Filippi per aver scritto la verità
di Gruppo cronisti veneti
Al di là del “Benvenuto nel club dei perquisiti” che molti colleghi gli hanno scritto, Marco Filippi resta con tanta amarezza. Perché nessuno potrà mai accusarlo di aver scritto una notizia falsa. Non ha nemmeno spacciato, non ha corrotto giudici, non ha adescato minorenni. Ha spiegato ai lettori come si stava sviluppando un’indagine.
Risultato: casa ribaltata di prima mattina, facce truci, via vai di forze dell’ordine davanti ai vicini manco fossi un malavitoso, estranei che rispondono al tuo telefono dopo avertelo sequestrato, estranei che ti guardano dentro il computer, analizzano tutti i siti in cui sei stato, tutti i contatti di posta che hai avuto, aprono i tuoi cassetti, frugano tra le tue mutande, osservano, annotano e portano via. Perché hai scritto la verità.
Marco Filippi ha scritto che un’indagine riguarda cinque persone e non quattro, come sosteneva la Procura. Cinque e lui sapeva pure chi. E l’ha scritto.
Attenzione: non ha scritto il falso. Aveva ragione lui. La Procura raccontava una cosa inesatta e lui ha spiegato ai lettori com’erano andate invece le cose.
Vi immaginate una cosa del genere negli Stati Uniti?
Tutti i direttori che si organizzano, tutti i quotidiani che fanno fuoco sul magistrato prepotente che racconta il falso e poi fa il prepotente con i giornalisti, cioè con i lettori.
Qui no: basso profilo, un editoriale quasi di scuse.
Eppure non è la prima volta: Enzo Bordin e Lino Lava avevano scoperto che la Procura di Padova e i carabinieri avevano raccontato bugie durante una conferenza stampa per “coprire” un imprenditore amico implicato in un traffico di droga: perquisiti.
Claudio Ernè aveva scritto del rapimento dell’imam di Milano organiozzato dai servizi americani con la copertura di quelli italiani: perquisito.
Ugo Dinello aveva scritto dei ritardi accumulati dalla Procura nell’esaminare le prove raccolte su Unabomber.
Carlo Mion aveva scoperto un filmato in cui Zornitta nascondeva un paio di forbici durante una perquisizione.
Diego Neri ha scritto che il piano antiterrorismo a Vicenza prevede la difesa di alcuni obiettivi sensibili noti a tutti come la Prefettura e la caserma americana.
Tutti perquisiti. Tutti con un messaggio: “Non si disturba chi comanda”.
Ora: bisognerà trovare il modo di rispondere. L’ultima volta (il caso Mion) siamo andati a incazzarci con il procuratore Fortuna e lui aveva richiamato tutti i procuratori capo del Veneto. Per un po’ si erano calmati. Ora sono tornati con i metodi da polizia segreta. Quindi bisogna tornare a urlare, perché se i giornalisti non si difendono da loro, sanno bene per esperienza che nessuno li difenderà.
Risultato: casa ribaltata di prima mattina, facce truci, via vai di forze dell’ordine davanti ai vicini manco fossi un malavitoso, estranei che rispondono al tuo telefono dopo avertelo sequestrato, estranei che ti guardano dentro il computer, analizzano tutti i siti in cui sei stato, tutti i contatti di posta che hai avuto, aprono i tuoi cassetti, frugano tra le tue mutande, osservano, annotano e portano via. Perché hai scritto la verità.
Marco Filippi ha scritto che un’indagine riguarda cinque persone e non quattro, come sosteneva la Procura. Cinque e lui sapeva pure chi. E l’ha scritto.
Attenzione: non ha scritto il falso. Aveva ragione lui. La Procura raccontava una cosa inesatta e lui ha spiegato ai lettori com’erano andate invece le cose.
Vi immaginate una cosa del genere negli Stati Uniti?
Tutti i direttori che si organizzano, tutti i quotidiani che fanno fuoco sul magistrato prepotente che racconta il falso e poi fa il prepotente con i giornalisti, cioè con i lettori.
Qui no: basso profilo, un editoriale quasi di scuse.
Eppure non è la prima volta: Enzo Bordin e Lino Lava avevano scoperto che la Procura di Padova e i carabinieri avevano raccontato bugie durante una conferenza stampa per “coprire” un imprenditore amico implicato in un traffico di droga: perquisiti.
Claudio Ernè aveva scritto del rapimento dell’imam di Milano organiozzato dai servizi americani con la copertura di quelli italiani: perquisito.
Ugo Dinello aveva scritto dei ritardi accumulati dalla Procura nell’esaminare le prove raccolte su Unabomber.
Carlo Mion aveva scoperto un filmato in cui Zornitta nascondeva un paio di forbici durante una perquisizione.
Diego Neri ha scritto che il piano antiterrorismo a Vicenza prevede la difesa di alcuni obiettivi sensibili noti a tutti come la Prefettura e la caserma americana.
Tutti perquisiti. Tutti con un messaggio: “Non si disturba chi comanda”.
Ora: bisognerà trovare il modo di rispondere. L’ultima volta (il caso Mion) siamo andati a incazzarci con il procuratore Fortuna e lui aveva richiamato tutti i procuratori capo del Veneto. Per un po’ si erano calmati. Ora sono tornati con i metodi da polizia segreta. Quindi bisogna tornare a urlare, perché se i giornalisti non si difendono da loro, sanno bene per esperienza che nessuno li difenderà.
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