di Antonio Turri*
Chi conosce la consistenza e la forza delle mafie che operano nel Lazio,in particolare quelle radicatesi nel sud della Regione,sa che l'attentato al segretario del Partito Democratico di Fondi, Bruno Fiore è solo la prosecuzione di una strategia di penetrazione, radicamento e trasformazione “genetica” dei clan iniziata sin dai primi anni '80.
Non ho alcun dubbio nel sostenere che da Minturno sino alle porte della Capitale i clan della camorra e delle altre mafie, compresa quella autoctona,la più organizzata e pericolosa, dispongano di un consistente numero di "soldati"
pronti ad elevare il livello dello scontro con quanti si oppongono al radicamento delle cosche o mettano in discussione l'operato dei loro referenti politici. Non ho alcuna esitazione nel sostenere che gli episodi di intemperanza e violenza fisica contro i giornalisti della Rai che hanno tentato, nei giorni scorsi, di intervistare gli esponenti della maggioranza politica che governa quella città, sono il sintomo di una sorta di ottenuta extraterritorialità in quel vasto territorio che dal confine con la regione Campania giunge sino alla zona Eur di Roma.
Era del tutto prevedibile che l'incomprensibile decisione del Governo di non sciogliere per mafia il consiglio comunale di Fondi fosse interpretato dall'ala militare delle cosche mafiose locali come il segnale a continuare nell'opera di conquista del territorio, attraverso la violenza e l'assoggettamento di centinaia di migliaia di cittadini. I boss alzano il tiro a mezzo della commissione di attentati incendiari o con l'uso delle armi e dell'esplosivo,controllando il mercato della droga,dell'usura e del racket. Sono stati centinaia gli episodi di intimidazione a imprenditori,politici e cittadini verificatisi in questi ultimi anni in particolare a Formia,Fondi e Terracina.
Era parimenti prevedibile che i signori che controllano il consenso elettorale interpretassero l'assoluzione al loro agire politico come una sorta di lascia passare. Un invito a continuare con arroganza e senso dell'impunità, attuando scontri con le Istituzioni locali:Prefettura,Magistratura e Forze dell'Ordine,mai visti nemmeno in Sicilia o in Calabria o in Campania, il tutto in nome di un fantomatico diritto di difesa contro le sinistre che non solo sono minoranza ma che alcuni accusano di non aver fatto la necessaria opposizione al forte degrado sul fronte della legalità denunciato a suo tempo dal presidente del Tar Franco Bianchi. Il quale, è bene ricordare, fu costretto ad andare via dopo gli scandalosi attacchi personali fatti da rappresentanti delle istituzioni politiche locali.
E' palese per chi opera sul fronte dell'antimafia, sia a livello Istituzionale che nella società civile ,il clima di intimidazione a cui si espone.
A Formia,a Fondi, a Terracina, a Latina, ad Aprilia a Nettuno e a risalire verso Roma la paura si avverte sulla pelle. L'omertà è purtroppo,fatte salve alcune encomiabili eccezioni nel mondo dell'informazione,della politica e dell'associazionismo,obiettivo raggiunto dai boss della quinta mafia e non è più sufficiente l'ottimo lavoro svolto da Prefetti ,magistrati e poliziotti capaci e coraggiosi. Serve la politica quella vera,a destra al centro e a sinistra,quella che si schiera nei fatti contro le mafie,la corruzione e il malaffare, quella che non collude o peggio si rende complice non facendo pulizia al suo interno Serve più coraggio nei cittadini, serve più responsabilità.
Il tempo è scaduto,se si aspetterà ancora il governo del territorio sarà devoluto alle mafie e continueremo a seguire la cronaca nera delle gesta dei mafiosi e dei loro referenti politici ed economici che, sia ben chiaro, sono da ritenersi sempre e comunque i mandanti morali dei crimini contro tutti i cittadini, anche quelli che stanno a guardare.
*Referente Libera del Lazio