di Gianni Vernetti*
Nei 3 giorni trascorsi in Sudan ho avuto l'occasione di incontrare molti esponenti politici sudanesi a Khartoum e di recarmi anche, con il sostegno organizzativo della Farnesina e delle Nazioni Unite, ad El Fasher , la capitale della Regione del Nord Darfur.
Gli incontri di Khartoum sono stati finalizzati alla comprensione della situazione politica locale con particolare riferimento all'attuazione dell'accordo di pace fra Nord e Sud (il cosiddetto CPA- Comprehensive Peace Agreement), del conflitto in Darfur e sulle condizioni di sicurezza in Sud Sudan.
Ad El Fasher la delegazione ha visitato il campo profughi di Zam Zam e il Governo della Regione del Nord Darfur.
Gli interlocutori incontrati sono stati: l’ex Primo Ministro e Presidente dell’Umma Party, Sadig El Mahdi; il Ministro di Sato per gli Affari Esteri, Samani El Wasila; il Responsabile delle Relazioni esterne del Parlamento, Osman Hussein Mudawi; il Presidente del Popular Congress Party, Hassan Al Turabi e, in Darfur, il Governatore del Nord Darfur e gli attuali vertici di UNAMID (la Missione congiunta di Peacekeeping Nazioni Unite/Unione Africana).
Agli incontri, oltre al sottoscritto e all'Ambasciatore d'Italia a Khartoum ha partecipato anche Antonella Napoli, Presidente dell'Associzione "Italians for Darfur
Sintesi degli incontri:
Sadig al Mahdi, ex Primo Ministro e Presidente dell'Umma Party.
L'interlocutore incontrato ha sottolineato il fatto che il recente Accordo di pace presenta tuttavia un punto debole: la non-inclusivita’. Infatti, a suo avviso, esso non attribuisce alcun ruolo ai partiti diversi da quelli firmatati (NCP-partito del regime di Al Bashir ed SPLM-Movimento politico della guerriglia del Sud) e contiene garanzie esclusivamente a favore del Sud Sudan, tralasciando completamente altre aree (Est del Paese e Darfur), parimenti caratterizzate da elementi di forte criticita’. Il CPA si starebbe inoltre arenando a causa della “sfiducia” crescente tra le Parti e della loro incapacita’ di superare le divergenze esistenti (censimento, legge sul referendum, definizione del confine nord-sud, divisione dei proventi petroliferi, legge sulla sicurezza).
L’unica soluzione per rilanciare il processo di attuazione dell’Accordo, secondo l’ex Premier, consisterebbe quindi nel dare vita a un’assise politica nazionale, con la partecipazione di tutte le formazioni politiche, ivi comprese quelle dell’opposizione e che possa contare su un ampio sostegno della Comunita’ Internazionale.
Solo con tali premesse, sostiene Sadig El Mahdi, sara’ possibile rilanciare le riforme in Sudan e continuare la transizione democratica su basi piu’ ampie e condivise, dando vita a un vero decentramento a vantaggio di tutte le aree finora marginalizzate.
Per quanto riguarda la situazione in Darfur, il Presidente dell’Umma Party si e’ detto favorevole all’approccio recentemente proposto dal Panel dell’UA guidato dall’ex Presidente sudafricano, Thabo Mbeki, con la creazione di un “forum nazionale” con la partecipazione di tutte le parti coinvolte nel conflitto, la creazione di “Corti ibride” per perseguire i crimini commessi nella regione conciliando la lotta all’impunita’ con l’esigenza di garantire la stabilita’ politica nonche’ la creazione di una apposita Commissione che esamini le rivendicazioni e le esigenze della popolazione darfuriana provvedendo altresi’ ad eventuali compensazioni.
Samani El Wasila, Ministro di Stato per gli Affari Esteri
Una valutazione piu’ positiva sulle prospettive per l’attuazione del CPA e’ stata espressa dall'esponente del governo sudanese, secondo il quale le numerose questioni in sospeso “potrebbero essere risolte dalle Parti entro la fine dell’anno”. Positivo, in questa prospettiva e’ stato il recente verdetto della Corte Permanente di Arbitrato che ha delimitato i confini dell’area contesa di Abyei e “determinato la posizione dei campi petroliferi” in Sud Kordofan.
Per quando riguarda il Darfur il Ministro di Stato ha auspicato un maggiore sostegno a UNAMID in particolare per quanto riguarda la disponibilita’ di elicotteri.
El Wasila ha poi osservato che la Comunita’ internazionale, assumendo atteggiamenti “punitivi” nei confronti del Sudan quali le sanzioni economiche e la non cancellazione del debito, non favorirebbe ne’ la riconciliazione in Darfur ne’, tanto meno, lo sviluppo di altre aree depresse del Paese, in particolare l’Est Sudan.
Osman Hussein Mudawi (NCP), Responsabile delle Relazioni internazionali del Parlamento
Per quanto riguarda il CPA, ha ricordato che lo svolgimento delle elezioni e del referendum e’ “un obbligo costituzionale” e che malgrado oggettive difficoltà di carattere logistico-operativo (ad esempio la registrazione degli elettori in alcune aree del Darfur) il Governo sudanese fara’ ogni sforzo al fine di garantire un processo elettorale che sia il piu’ possibile inclusivo.
A tale riguardo, egli ha tuttavia espresso alcune perplessita’, peraltro condivise da gran parte degli osservatori internazionali presenti in loco, circa la reale volonta’ dell’SPLM (o per lo meno della sua componente piu’ oltranzista) di sostenere lo svolgimento delle elezioni.
La principale formazione politica del Sud Sudan (a maggioranza cristiana) parrebbe infatti maggiormente interessata al referendum del 2011 che potrebbe determinare la secessione di quella parte del Paese.
Sempre a giudizio del nostro interlocutore, anche se e’ “prematuro” discutere ora l’eventuale assetto post-2011 egli ha osservato che, almeno per quanto riguarda la gestione delle risorse petrolifere, Nord e Sud sono “interdipendenti” e dovranno pertanto necessariamente trovare un accordo.
Sulla situazione in Darfur, Mudawi ha affermato che per risolvere i problemi della regione, soprattutto il banditismo diffuso e i conflitti di carattere inter-etnico tra le tribu’ nomadi e quelle stanziali, la vera soluzione risiederebbe nel favorire lo sviluppo affrancando la popolazione dall’attuale dipendenza dagli aiuti umanitari. Naturalmente, ha chiosato Mudawi, una reale pacificazione di quell’area non puo’ prescindere da un’effettiva partecipazione di tutti i movimenti ribelli al negoziato di pace e dalla normalizzazione dei rapporti con il Ciad, “che questo Governo e’ pronto ad intraprendere”.
Hassan Al Turabi, leader del Popular Congress Party
Turabi non ha risparmiato forti critiche nei confronti del Governo che, a suo giudizio, dopo la firma del CPA “non avrebbe fatto nulla” per preservare l’unita’ del Paese alimentando le tendenze secessioniste dell’SPLM il quale, peraltro, “non sarebbe in grado di governare un eventuale Sud Sudan indipendente”. Le elezioni, ha proseguito Turabi, rappresentano “una grande occasione” per i partiti di opposizione, “sin qui marginalizzati” e per avviare la transizione democratica nel Paese.
Per quanto riguarda il Darfur, egli ha osservato che il Governo non avrebbe sinora mostrato una reale volonta’ di negoziare con i ribelli, il che rischierebbe di innescare anche in Darfur una dinamica secessionista simile a quella in atto nel Sud.
Tale eventualita’, ha proseguito, potrebbe essere ulteriormente incentivata anche dall’estrema difficolta’ di includere quella regione nel processo elettorale, date le attuali difficili condizioni di sicurezza in quell’area. A tale riguardo, egli ha concluso facendo presente che l’efficacia di UNAMID sarebbe al momento “limitata”, soprattutto a causa dell’insufficienza dei mezzi a sua disposizione.
Mohamed Younis, Deputy Acting AU-UN Joint Special Representative (Missione UNAMID)
Ad El Fasher (Nord Darfur) abbiamo i responsabili della Missione di Peacekeeping UNAMID.
Riferendosi alla situazione di sicurezza, egli ha fatto presente che UNAMID avrebbe riscontrato una diminuzione degli scontri tra ribelli ed esercito sudanese e che il fenomeno di instabilita’ piu’ preoccupante sarebbe oggi legato al crescente banditismo e ad eposodi di criminalita’ comune.
Questa valutazione, è parsa a tutta la delegazione un po’ troppo “ottimistica”.
Per quanto riguarda i movimenti ribelli, secondo UNAMID, soltanto l’SLM/Abdel Wahid controllerebbe una, seppur limitata, area territoriale (Jebel Marra), mentre esclusivamente il JEM disporrebbe di capacita’ militari di una certa consistenza.
Sul fronte umanitario, sempre secondo il nostro interlocutore, la fase acuta della crisi sarebbe ormai superata e si assisterebbe piuttosto ad una “stabilizzazione dell’emergenza” nei campi profughi che in molti casi sarebbero ormai divenuti insediamenti stabili piuttosto che rifugi transitori.
Governatore del Nord Darfur, insieme ai Ministri del Governo locale
Il governatore ha illustrato i progressi compiuti dall’inizio dell’anno, in particolare la fornitura di servizi di base alla popolazione e la riapertura delle vie di comunicazione terrestri. Ha quindi colto l’occasione per evidenziare la necessita’ di poter usufrire da parte dei donatori di maggiore assistenza nel settore idrico. Egli ha espresso particolare apprezzamento per l’attivita’ delle ONG italiane nella regione, in particolare COOPI, attiva nel settore agricolo e nella fornitura di acqua, auspicando una presenza italiana ancora maggiore.
Visita al campo profughi di Zam Zam
In conclusione della missione, la delegazione ha potuto visitare il campo profughi di ZamZam
La visita al campo ha consentito un incontro con i capi tribali e con alcuni rappresentanti della societa’ civile che hanno presentato una serie di richieste di assistenza (in particolare nei settori educativo, medico e della formazione professionale).
Tutti gli intervento hanno manifestato grande preoccupazione per le conseguenze negative provocate dalla nota espulsione di 13 ONG internazionali avvenuta a marzo, subito dopo la richiesta di arresto di El Bashir da parte della Corte Penale Internazionale.
Gli interventuti hanno smentito quanto sostenuto dagli esponenti governativi incontrati, in merito ai rientri dei profughi nei propri villaggi.
I rientri non sono ancora iniziati non essendoci ancora le minime condizioni di sicurezza che potrebbero renderli possibili.
ONG italiane, Nunzio Apostolico e religiosi italiani.
A Khartoum abbiamo poi incontrato le diverse ONG che operano nel paese, il Nunzio apostolico e diversi religiosi.
Con loro abbiamo discusso in particolare dei problemi di sicurezza nel paese, della persecuzione delle comunità cristiane nel Sud del paese, della situazione i Darfur, ottenendo utili informazioni e consigli.
A margine della missione e’ stata infine anche effettuata una visita all’Ospedale cardio-chirurgico di “Emergency” che opera nella periferia della capitale.
Conclusioni
La missione è stata estremamente utile per avere informazioni aggiornate sulla realtà del Darfur e del Sudan nel suo insieme.
In merito alla situazione del Darfur la mia valutazione è che la situazione è oggettivamente migliorata rispetto agli anni passati sia dal punto di vista della sicurezza che dell'emergenza umanitaria, anche se i nodi politici di fondo rimangono tutti aperti.
La cacciata delle 13 ONG internazionali ha prodotto una drastica riduzione delle attività di assistenza umanitaria ne campi profughi e i regime di El Bashir non è stato in grado in questi mesi di avviare un serio dialogo con le parti coinvolte nel conflitto.
Diversi gruppi della guerriglia hanno ancora una buona capacità operativa in Darfur e più che un conflitto "concluso" come tende a considerare il Governo Sudanese, mi pare soprattutto un conflitto soltanto "congelato" e in grado di riesplodere in qualunque momento.
La situazione della sicurezza, per quanto non si assista più ad una dilagare della violenza come negli scorsi anni, è ancora tale da non permettere un vero rientro della popolazione darfuriana nei propri villaggi.
Anche se con minore intensità, proseguono purtroppo gli episodi di violenza, gli stupri, e la cacciata dai propri villaggi di molti abitanti del Darfur.
Lo stesso campo di Zam Zam, da noi visitati è quasi raddoppiato di dimensioni nell'ultimo anno con l'arrivo di oltre 40.000 nuovi profughi.
I circa 2 milioni di profughi rischiano quindi di cronicizzare la propria condizione.
Il Darfur rischia poi di essere sostanzialmente escluso dal processo elettorale, frutto degli accordi con i gruppi politici del Sud Sudan. (Elezioni ad Aprile del 2010 e Referendum sulla possibile secessione del Sud nel gennaio 2011).
La Missione UNAMID, necessita ancora di un invio di ulteriori contingenti di peacekeepers per raggiungere il 100% degli effettivi e soprattutto necessita ancora di una dotazione tecnica (elicotteri per il trasporto truppe e per la prevenzione) in grado di renderla veramente efficace.
Dilagano invece i conflitti armati nel Sud Sudan e nell'ultimo trimestre sono state di più le vittime nelle aree di confine fra e Nord e Sud Sudan che in Darfur.
Da qui alle elezioni del 2010 ed al referendum del 2011 tutti gli osservatori prevedono un'aumento delle violenze e dell'intensità del conflitto in quest'area del paese.
Tutti gli interlocutori ritengono praticamente inevitabile la vittoria del Si al referendum sull'indipendenza del Sud Sudan, con la nascita conseguente di uno stato indipendente nel gennaio 2011.
Ritengo che andrà tenuta anche sotto osservazione la possibile persecuzione delle comunità cristiane del Sud, anche alla luce dei recenti episodi di violenza.
* Presidente dell'intergruppo parlamentare Italia-Darfur