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Articolo 21 - Editoriali
Così sta sprofondando “mamma Rai”
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di Stefano Mencherini*

Una volta era “Mamma Rai”. Da tempo pare diventata matrigna arcigna e obesa. Con 11 mila dipendenti  demotivati e stanchi la Rai è sempre più il tappeto verde dove  la politica dei palazzi  gioca nuovi spazi di potere: le cariche direttive si moltiplicano come cavallette; i programmi vengono appaltati all’esterno (persino quelli girati  dentro uno studio) come se la Rai non avesse professionisti e spazi adatti a produrli anche con costi decisamente inferiori. Di fatto il buco del prossimo bilancio sara’ di circa 50 milioni di euro (di 200 quello a seguire e via a salire fino al possibile fallimento). Contraddizioni inquietanti.  E surreali. Mentre i dipendenti  battagliano proprio in questi giorni per avere un aumento tra i 55 (proposta Rai) e gli 80 euro lordi (richiesta Cgil) sul rinnovo del contratto di lavoro bloccato da quasi due anni,  Bruno Vespa si cruccia perché il suo, da un milione e 600 mila euro, probabilmente ritoccato “per colpa della crisi”, gli sembra equo.  Ma di “strategie aziendali” si occupano i grandi manager a capo dell’azienda o, al massimo, qualche rara voce fuori dal coro  come quella di Loris Mazzetti su un quotidiano di qualche giorno fa. A noi, lavoratori della macchina, si permetta almeno una critica sui contenuti. Fuori dall’autocensura straripante che svuota di realta’ i palinsesti e solo per una breve, amaramente sarcastica riflessione sulle scelte rispetto al nuovo che avanza (televisivamente parlando s’intende). Ecco due succose novita’. La prima ci dice che il discendente di un re che in questo Paese ha promulgato le leggi razziali e ha dato la stura a tante altre nefandezze, avra’ la conduzione di un programma tutto suo. La seconda annuncia che forse l’ex ergastolano Mesina, graziato nel 2004 dal presidente Ciampi e dal ministro Castelli, sara’ uno dei concorrenti all’ ”Isola dei famosi” (ma se non lui, sicuramente qualcuno alla sua altezza). Un input ai creativi di turno: dare una finestra quotidiana a Gheddafi, anche questa pagata con denaro pubblico e magari all’interno del TgUno,  per aggiornarci  sui respingimenti dei migranti. Poi fare un programmino stile “Mattino 5” sui calzini dei dissidenti ai programmi, anche televisivi, del governo Berlusconi. Giusto per ristabilire un po’ di equilibrio tra fiction e realta’. Senno’ rischiamo di dover dar ragione al premier che si augura (e predice) in tempi brevi il dimezzamento di chi paga ancora il canone del “servizio pubblico”. Che illusi: avevamo proposto qualche tempo fa, con un’ autorevole raccolta di firme e un ampio dibattito anche su questo giornale,  la creazione di un laboratorio-scuola Rai per la produzione di documentari e inchieste sociali. Gente fuori dal tempo. Fuori dal telescherno.

* giornalista indipendente e regista Rai (l’Unità 30 ottobre 2009)

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