di Giorgio Santelli
Cari colleghi e amici,
esco tra poco da quest’ufficio per l’ultima volta. Sono scaduto, come le mozzarelle. Si, perché tra noi, lavoratori di questa testata e di questa rete, c’è chi scade. Può essere giornalista, autore, regista, programmista regista, consulente e così via dicendo. Persone che stanno qui per una parte della loro vita professionale, senza garanzie e senza futuro. Ad un certo punto cambia il vento o i momenti, e allora, al di là di capacità professionali io dell’impegno che hai prestato; al di là del lavoro impostato e svolto, scadi. E te ne vai. Prendi le tue cose dal cassetto, raccogli i ricordi mai eccessivamente lunghi, e te ne vai.
Voglio ringraziare tutti i colleghi giornalisti con cui ho collaborato in questi due anni. I montatori con cui ho montato, i colleghi con cui ho diviso la stanza, quelli con cui ho condiviso un panino o qualche pasto alla mensa. Sono stato bene in mezzo a voi. Sono nate alcune amicizie e conoscenze che porterò via con me, insieme a cose che mi avete insegnato.
Porto però via con me anche qualche elemento di tristezza che non posso non condividere con tutti coloro che qui lavorano.
Parlo per lo più ai giornalisti, perché sono uno di voi. Non faccio differenza tra interni e non interni, tra professionisti precari e professionisti con contratti anomali. Ognuno di noi ha un percorso professionale che ci ha portato ad appartenere ad un medesimo albo e tutti noi abbiamo deciso di provare a fare questo lavoro nel migliore dei modi.
Oggi questa professione si divide tra giornalisti “GARANTITI” e giornalisti “NON GARANTITI”. Tra chi lavora con un contratto nazionale di lavoro e chi, pur appartenendo alla stessa categoria, è costretto a volte ad umiliarsi per vedere rinnovato un contratto per qualche mese. Una volta la nostra categoria era solidale. Questa solidarietà oggi non esiste più. Noi siamo quelli che possiamo fare i giornalisti solo quando le acque sono calme. E allora, in quei momenti, i colleghi “GARANTITI” sono pronti a lavorare insieme, come se fossimo davvero donne e uomini simili che fanno lo stesso lavoro. Ed è, a volte, anche comodo per alcuni. Perché c’è chi, pur non interno, ti dà una mano e alla fine riesci ad andare in onda nel migliore dei modi.
Ma quando l’aria cambia, quando si torna a parlare di regole e rigore, intorno ai “NON GARANTITI” cala troppo spesso un silenzio di opportunità. In una situazione di difficoltà evidente per quest’azienda, ognuno difende sé stesso. Non si sentono voci che hanno il coraggio di difendere chi ha fatto e fa al pari di chi è interno. E così tutti quelli come noi, come me e come centinaia e centinaia di giornalisti che in RAI collaborano, tornano ad essere degli invisibili, figli di un dio minore. E così, amici miei, la solidarietà diventa cosa che si è persa e non c’è più.
Sostengo che questo è un errore, che prima o poi rischia di rompere tragicamente l’unità sindacale dei giornalisti, indebolendo ancora di più le posizioni e i diritti di tutti.
Ecco, in bacheca, insieme ad un affettuoso saluto, voglio lasciarvi questo messaggio. Perché quando “voi” giornalisti vi ritrovate a discutere dei “vostri” problemi, abbiate il coraggio di aprire le porte della vostra stanza riunioni per fare entrare anche noi. Insieme si può comunque rischiare di perdere. Ma da soli si perde sempre!
Un saluto
Giorgio Santelli, l’ufficio stampa “scaduto” di Raitalia!!
Roma, palazzina "E" Saxa Rubra, 19 novembre, ore 20,30