di Reporters sans frontières
Reporters sans frontières è "sconvolta" dalla segretezza che circonda la visita in Italia del presidente turkmeno Gurbanguly Berdymukhamedov. A Roma è arrivato il leader di uno dei paesi più repressivi del mondo, ieri ha incontrato una delegazione di uomini d'affari e oggi incontra il primo ministro italiano Silvio Berlusconi.
Contattato da Reporters sans frontières, la scorsa settimana, il Ministero italiano degli Affari Esteri ha negato ogni visita del presidente turkmeno. Le agenzie di stampa non avevano alcuna informazione. Solo recentemente, gli uffici della Presidenza del Consiglio hanno infine spiegato che Berdymukhamedov arrivava in risposta ad un invito personale di Berlusconi e non per una visita di Stato.
"Tra capi del potere esecutivo non vi è alcun invito privato. Delle due cose l’una: o il regime turkmeno (173° su 175 nella classifica della libertà di stampa 2009 elaborata da RSF) è un tipo di un governo "normale", e allora la visita del suo capo di Stato è un evento pubblico che dovrebbe di norma essere portato all'attenzione dell'opinione pubblica, oppure il regime non è “presentabile” e allora l’opportunità di incontrare il signor Berdymukhamedov dovrebbe essere almeno oggetto di un dibattito serio".
Reporters sans frontières ha aggiunto: "Il primo ministro italiano Berlusconi dovrebbe spiegare pubblicamente il suo comportamento e fornire dettagli sulle discussioni intercorse."
L'Unione europea ha recentemente avviato un riavvicinamento con il Turkmenistan, considerato uno dei principali fornitori potenziali di gas per il suo gasdotto Nabucco. La Russia sta cercando di rinegoziare i termini per l'acquisto degli idrocarburi turkmeni e le prospettive di cooperazione con l'UE sono state confermate dall’International Forum 2009 "Petrolio e gas del Turkmenistan", tenutosi dal 16 al 19 novembre a Ashgabat. Tra le società internazionali in competizione per i contratti di gas, l'italiana ENI è in buona posizione.
Dipendente dalle entrate provenienti dalle esportazioni del suo gas, il Turkmenistan cerca attivamente di diversificare i suoi sbocchi e di migliorare la sua immagine a livello internazionale. Dopo aver cercato di attirare gli investitori costruendo, nello scorso mese di giugno, una sorta di « Las Vegas turkmeno » sul Mar Caspio - un progetto estremamente oneroso -, il governo ha annunciato l'inizio di una « rivoluzione elettronica » che dovrebbe in teoria rendere più efficace il suo operato. Ma questo cambiamento non deve fuorviarci.
“All'inizio del 2009, il siluramento di due importanti esponenti del sistema della censura ufficiale aveva fatto credere in una relativa liberalizzazione del Paese. Ma dietro la facciata, nulla è cambiato e il Turkmenistan resta uno dei Paesi più repressivi del mondo per i giornalisti. L'universo mediatico nazionale non comprende la possibilità di critiche nei confronti del regime. Alcuni cybercaffè sono stati autorizzati, ma l'accesso ai siti dell'opposizione è bloccato, gli scambi di email sono sorvegliati e consultare siti d'informazione alternativi può essere pericoloso. Come prendere sul serio le velleità riformatrici di un regime che esorta i giornalisti locali ad ispirarsi al lavoro dei media stranieri ma che poi non permette a nessun giornalista o studente turkmeno di uscire dal Paese?”, continua RSF.
Lo scorso 20 ottobre, il ricercatore e militante ecologista Andreï Zatoka è stato arrestato con moventi completamente prefabbricati dalle autorità. Nove giorni dopo è stato condannato a cinque anni di carcere. Solo grazie alla sua doppia nazionalità (russo-turkmena) e alle pressioni di Mosca, - per una volta d'accordo con la comunità internazionale – Zatoka è stato liberato ed espulso in Russia.
I collaboratori locali dei media stranieri rischiano continuamente di essere perseguitati dalle autorità. Il sistema di intimidazioni è tale che i giornalisti turkmeni sollecitati dai giornali stranieri rifiutano categoricamente di lavorare per loro. L'esempio di Sapardourdy Khadjiev e di Annakourban Amanklytchev contribuisce a perpetuare la paura. I due giornalisti sono stati condannati a 6 e 7 anni di detenzione nel 2006 per “possesso di munizioni illegali”, dopo aver lavorato per la società audiovisiva francese Galaxie-Presse che preparava un reportage sul Turkmenistan per il canale France 2. Secondo recenti testimonianze, le condizioni di salute dei due giornalisti si sono deteriorate: sono colpiti da svariate infezioni (in particolare allo stomaco, ai reni), e da dolori alle gambe e alle articolazioni. Non possono beneficiare di cure mediche adeguate, e nessuna organizzazione internazionale, neanche il CICR, è autorizzata a fare loro visita. Inoltre, i loro familiari ed amici, esattamente come quelli di Ogoulsapar Mouradova –corrispondente di Radio Free Europe/Radio Liberty morta in carcere sotto i colpi dei suoi carcerieri, non sono autorizzati a lasciare il Paese, sono intercettati, vengono ostacolati nella loro ricerca di un lavoro o nei loro studi
"Deve essere chiaro al governo italiano, come agli altri paesi membri dell'Unione europea, che l’apertura commerciale e diplomatica verso il Turkmenistan non può trascurare la situazione dei diritti umani e della libertà di la stampa," ha concluso la organizzazione.
Per approfondimenti sui rapporti tra Unione europea e Turkmenistan, si faccia riferimento anche al rapporto di Global Witness: "All that Gas? The EU and Turkmenistan":
http://www.globalwitness.org/media_library_detail.php/879/en/all_that_gas_the_eu_and_turkmenistan