di Fernando Cancedda
Hanno colpito il premier e si moltiplicano gli appelli a far "cessare il clima di violenza che c'è nel paese". Ascoltarli vorrebbe dire sostituire al braccio di ferro tra le istituzioni e allo scontro quotidiano sui media una discussione civile, condotta con gli argomenti della ragione. Lo si dice da anni, ma non si fa. Perché?
Forse perché affidare il confronto agli strumenti della ragione presuppone una certa dose di competenza e di spirito critico. Fare politica giocando sui sentimenti e sulle emozioni non solo è molto più semplice ma, per attrarre consensi, di gran lunga più efficace. D'altra parte, nei sondaggi come nel voto, il peso dei competenti e quello degli ignoranti si equivalgono. Il “marketing politico” è entrato nel vocabolario corrente. Significa che tecniche e contenuti della comunicazione politica, a partire da quella televisiva, hanno preso a imitare la pubblicità commerciale e puntano sempre di più ad ottenere una reazione emotiva. Slogan e spot si rivolgono agli elettori come a tifoserie. Per comunicare c'è "Twitter" (cinguettio,pigolio; fig. ciance,ciarle,chiaccherio).
A costo di ripetermi. Non c'è argomento che valga più del modo in cui viene servito. Una battuta ad effetto “funziona” più che un giudizio motivato, come sa e teorizza chi confeziona i telegiornali, a cominciare dai più diffusi. Su tg1, tg2 e tg5 si forma la scelta politica del 70 per cento degli italiani. Se non contestano l'affermazione di Berlusconi che l'ottanta per cento dei giornalisti è di sinistra, quella è la verità. Minzolini può predicare nei suoi editoriali come Mosè dal Sinai.
Veniamo alla cronaca. E' stato il deplorevole gesto di uno squilibrato a restituire al comizio milanese di Berlusconi, già avviato a deludere l'attesa della folla e dei giornalisti per il "Predellino 2", il suo spessore mediatico. Il fatto è grave, d'accordo. Gravissimo, certo, ma tutt'altro che imprevedibile. Ne aveva parlato lo stesso presidente del consiglio il 9 ottobre scorso in un vertice del Pdl: "I servizi segreti mi hanno detto di stare in guardia, temono che possa essere vittima di qualche squilibrato in cerca di notorietà mondiale. E mi hanno invitato caldamente a non stare troppo in mezzo alla gente, ma come si fa?"
Tra parentesi: un po' meno prevedibile era che il cospicuo accompagnamento di scorta (più di trenta specialisti) non sarebbe riuscito a prevenire il gesto di un folle, ampiamente previsto. Un gesto premeditato, anche, se, come riferisce la stampa, l'aggressore aveva in tasca, oltre ad un crocifisso, altri oggetti contundenti e una bomboletta di spray urticante. Chissà, forse era questo lo strumento scelto per l'atto dimostrativo e, non potendo avvicinarsi troppo, Massimo Tartaglia potrebbe aver lanciato la statuina del duomo in alternativa. Ha già chiesto perdono per il suo atto “vigliacco e inconsulto”. Se, come ha dichiarato La Russa, è stata la scorta a salvarlo dalla folla, che altrimenti "lo avrebbe fatto a pezzettini", bisogna dare atto agli agenti almeno di questo merito. Chiusa parentesi.
Che l'episodio fosse prevedibile o meno, prevedibilissime erano le reazioni. Dunque anche le strumentalizzazioni che indirettamente il volto insanguinato del premier avrebbe provocato. Prevedibile il clamore mediatico. Prevedibile il ricorso obbligato ("senza se e senza ma") alle espressioni di sdegno e di condanna, non conformandosi al quale chiunque poteva essere indicato come istigatore a delinquere (anche la Bindi? Sì, anche la Bindi).
Ho ascoltato su "Rainews 24" la dichiarazione di Antonio di Pietro, di per sé non mi pare che contenesse niente di irragionevole, ma data la circostanza , si può dare per una volta ragione a Enrico Letta: "Il premier è in clinica sotto osservazione, c'è l'emozione per un fatto gravissimo, i giornali di tutto il mondo usciranno con la foto del suo volto insanguinato. Di fronte a questo scenario era meglio se Di Pietro stava zitto".
Concludo con un rapido cenno ai gruppetti di sciagurati che inneggiano all'aggressione su "Facebook": Tartaglia santo-subito ed efferate amenità del genere. Di certo questi estremismi non sono una novità. Nessuno si spaventa finché riguardano zingari, ebrei o immigrati musulmani. Io invece mi preoccupo, soprattutto perché offrono il destro a quanti, da tempo, pensano di introdurre la censura in internet.
Tornando al concetto iniziale, mi sembra più preoccupante il fatto che perfino "Facebook", considerato troppo impegnativo, stia per essere superato e sostituito da "Twitter", nuovissimo social network in cui registrare "pensieri in forma di twit, piccoli messaggi di massimo 140 caratteri". Perché 140 caratteri possono bastare per un saluto, un complimento, uno striscione o per convocare una bella manifestazione come quella del "no Berlusconi day". Non bastano per ragionare su un problema complesso e trovarne la soluzione. Crisi economica, povertà,disoccupazione, precariato, scuola,ricerca, democrazia, globalizzazione, riforme istituzionali, giustizia. No, il pensiero non può volare su Twitter.