di Furio Colombo
Le parole â??terrore e morteâ? non fanno parte degli argomenti di una campagna elettorale o di un confronto politico. Eppure, parlando a coloro che lo seguono e gli credono, ieri il presidente del Consiglio italiano ha detto che se lui perdesse le elezioni il suo avversario, il centrosinistra, seminerebbe in Italia â??terrore e morteâ?.
Impossibile ridurre la dichiarazione a uno dei suoi colpi di teatro o definirla - con quel tanto di sarcasmo che spesso si dedica alle parole sregolate di Berlusconi - una â??folliaâ?. Silvio Berlusconi è il presidente del Consiglio in carica, firma i trattati, le leggi, i decreti, rappresenta il Paese, comanda e controlla lâ??Esecutivo.
Non è realistico immaginare che un uomo caricato di tanta responsabilità , per quanto incline al protagonismo televisivo e teatrale, non dia peso e seguito alle sue stesse parole. Berlusconi, dopo aver annunciato la sua convinzione che una certa parte politica - in caso di vittoria elettorale - porterà nel Paese terrore e morte, dovrà per forza agire - finché è in tempo - per proteggere il Paese. Ma se anche il presidente avesse parlato solo per fare colpo, resta il fatto che al suo ufficio e alle sue parole credono - per dovere e per efficienza - le polizie e i servizi segreti italiani.
La frase infatti non è generica. Evoca, e anzi annuncia, un pericolo serio che richiede a chi di dovere di mobilitarsi per tempo. Non sarebbe ragionevole, in nome della salvezza del Paese, schedare, pedinare, sorvegliare, intercettare chi si appresta a portare in Italia terrore e morte? � possibile, infatti, che quelle parole di denuncia e di allarme da parte di un primo ministro siano interpretate come un segnale per cominciare a occuparsi della materia da parte di chi ha senso del dovere, finché il Paese è al sicuro, nelle mani di Berlusconi.
Le domande sono gravi. Sembra inevitabile che tocchi alle più alte istituzioni del Paese chiedere al presidente del Consiglio di confermare o negare.